Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/266

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La domane era il 12 dicembre. Dal 12, ore sette del mattino, al 21, ore otto e quarantacinque minuti della sera, rimanevano nove giorni, tredici ore e 45 minuti. Se dunque Phileas Fogg fosse partito il dì prima col China, uno dei migliori camminatori della linea Cunard, sarebbe giunto a Liverpool, indi a Londra, nei termini voluti!

Il signor Fogg lasciò l’albergo, solo, dopo aver raccomandato al suo servo di aspettarlo e di avvertire mistress Auda di tenersi pronta a qualunque momento.

Il signor Fogg si recò in riva all’Hudson, e tra le navi ormeggiate al molo od ancorate nel fiume, egli cercò con cura quelle che erano in partenza. Diversi battelli avevano la loro fiamma di partenza e si apparecchiavano a pigliar il mare con la marea del mattino, poichè in quell’immenso ed ammirabile porto di Nuova York, non c’è giorno in cui cento navi non facciano via per tutt’i punti del mondo; ma per la maggior parte erano navigli a vela, e non potevano convenire a Phileas Fogg.

Il nostro gentleman pareva dover fallir nel suo ultimo tentativo, quando scorse, ancorato dinanzi la Batteria, ad una gomena al più, una nave di commercio ad elice, di forme smilze, il cui camino, cacciando grossi fiocchi di fumo, indicava che si preparava a prendere il largo.

Phileas Fogg chiamò una lancia, s’imbarcò, e con poche remate egli si trovava alla scaletta dell’Henrietta, steamer a scafo di ferro, di cui tutte le sommità erano in legno.

Il capitano dell’Henrietta era a bordo. Phileas Fogg salì sul ponte e fe’ chiedere del capitano. Questi si presentò s