Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/267

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ubito.

Era un uomo di cinquant’anni, una specie di lupo di mare, un brontolone che non doveva esser molto comodo. Grossi occhi, carnagione di rame ossidato, capelli rossi, forte corporatura, — nulla nell’aspetto dell’uomo di buona società.

«Il capitano? chiese il signor Fogg.

— Son io.

— Io sono Phileas Fogg di Londra.

— Ed io Andrew Speedy di Cardiffe.

— State per partire?...

— Fra un’ora.

— Siete carico per...?

— Bordò.

— E il vostro carico?

— Ciottoli nella pancia. Punto nolo. Parto sopra zavorra.

— Avete passaggieri?

— Nessun passaggiero. Mai passaggieri. Mercanzia ingombrante e ragionante.

— La vostra nave cammina bene?

— Tra undici e dodici nodi. L’Henrietta, conosciuta da tutti.

— Volete trasportarmi a Liverpool, me e tre persone?

— A Liverpool? Perchè non in Cina?

— Io dico Liverpool.

— No!

— No?

— No. Sono in partenza per Bordò e vado a Bordò.

— Senza badare al prezzo?

— Senza badare al prezzo.»

Il capitano aveva parlato con un tono che non ammetteva replica.