Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/85

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imparava a volteggiare come un clown sul trampolino. Ma egli scherzava, rideva in mezzo a’ suoi salti da carpione, e di quando in quando estraeva dal suo sacco un pezzo di zucchero, che l’intelligente Kiunì afferrava coll’estremità della proboscide, senza interrompere un solo istante il suo trotto regolare.

Dopo due ore di cammino, la guida arrestò l’elefante e gli diede un’ora di riposo. L’animale divorò un mucchio di ramoscelli e di arbusti e si dissetò ad una pozza vicina. Sir Francis Cromarty non si lamentò di quella sosta. Egli era affranto. Il signor Fogg pareva pieno di vigoria, come se uscisse allora allora dal letto.

«Ma è dunque di ferro costui! disse il brigadiere guardandolo con ammirazione.

— Di ferro fuso,» rispose Gambalesta, che si diè ad allestire un po’ di colazione.

A mezzodì, la guida diede il segnale della partenza. Il paese prese ben tosto un aspetto molto selvaggio. Alle grandi foreste succedettero boschi cedui di tamarindi e di palmizii nani, poscia vaste pianure aride, irte di magri arbusti e cosparse di grossi massi di sienite. Tutta quella parte dell’alto Bundelkund, poco frequentata dai viaggiatori, è abitata da una popolazione fanatica, indurita nelle pratiche più terribili della religione indù. Il dominio degl’Inglesi non potè stabilirsi regolarmente sopra un territorio soggetto all’influenza dei rajà, cui è difficile raggiungere negli inaccessibili covi dei Vindhias.

Parecchie volte, i nostri viaggiatori scorsero qualche banda di Indiani feroci, che faceva un gesto d’ira vedendo passare il rapido quadrupede. Peraltro il Parsì li evitava quant’era possibile, riputa