Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/86

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ndoli gente di cattivo incontro. Si videro pochi animali durante quella giornata; appena poche scimmie, che fuggivano con mille contorcimenti e smorfie che divertivano molto Gambalesta.

Un pensiero in mezzo a tanti altri conturbava il nostro giovinotto. Che ne farebbe il signor Phileas Fogg di cotesto elefante, giunto che fosse alla stazione di Allahabad? Lo condurrebbe con sè? Impossibile! Il prezzo di trasporto aggiunto al prezzo di acquisto ne farebbe un animale rovinoso. Lo si venderebbe, lo si riporrebbe in libertà? Una sì stimabile bestia meritava pure dei riguardi. Se, per caso, il signor Fogg gliene facesse regalo, a lui Gambalesta, e’ ne sarebbe imbarazzatissimo. La cosa lo preoccupava molto.

Alle otto di sera, la principale catena dei Vindhias era stata valicata, ed i viaggiatori fecero sosta a’ piedi del versante settentrionale, in un bungalow in rovina.

La distanza percorsa in quella giornata era di circa venticinque miglia: ne rimanevano altrettante per giungere alla stazione di Allahabad.

La notte era fredda. All’interno del bungalow, il Parsì accese un fuoco di rami secchi, il cui calore fu assai gradito. La cena si compose delle provvigioni comperate a Kholby. I viaggiatori mangiarono da gente stracca e pesta. La conversazione, che incominciò a frasi spezzate, terminò in breve con un russare sonoro. La guida vegliò presso Kiunì, che si addormentò in piedi, appoggiato al tronco di un grosso albero.

Nessun incidente segnalò quella notte. Qualche ruggito di ghepardi e di pantere turbò a volte il silenzio, misto a ghigni acuti di scimmie. Ma i carnivori si contentarono di gridare e non fecero alcuna di