Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/256

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242 le nozze di tetide e peleo.


     O come ascesa sul veloce abete
Di Dia sen gisse allo spumante lito?
O gli occhi avvinta di fatal quïete
164L’abbandonasse il perfido marito?
Antichissima fama ancor ripete,
Come furente pel deserto sito
Ella il cercasse; e di voci alte e tronche
168Facesse risonar l’erme spelonche.

     Certa omai de’ suoi danni, in sulla vetta
Or salia d’una rupe e protendea
Lo sguardo sull’azzurra onda soggetta
172Che immensa all’orizzonte si perdea;
Or calava ne’ flutti, e semplicetta
Il lembo della veste sospendea;
Stanca ristava e singhiozzando a’ venti
176Affidava i novissimi lamenti:

     «Così, poi che m’hai tolta al patrio regno
Soletta m’abbandoni in mezzo a’ mari,
Empio? Nè temi degli Dei lo sdegno?
180Nè sai quante sciagure a’ tuoi prepari?
Dunque ritrarti dal crudel disegno
Nulla ha potuto? Nè ’l membrar de’ cari
Primi giorni vissuti in tanta spene
184T’ha commosso a pietà delle mie pene?