Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/288

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274 il sogno.


     Dille: nel cielo è questo nodo ordito;
Fortunata Neera, un Dio t’avverte,
120Se in traccia non andrai d’altro marito.»

     Disse. Veloce dalla salma inerte
Il sonno dileguossi. Ah, ch’io non miri
123Tante e sì gravi mie sventure aperte!

     Ch’io non sappia giammai che i tuoi desiri
A’ miei sono contrari; che mentita
126La pietà, che fur falsi i tuoi sospiri.

     Già tu non sei da’ tempestosi uscita
Gorghi del mare, nè le divampanti
129Fauci della chimera a te dier vita;

     Nè te Cerbero cinto di fischianti
Colubri la tergemina sua testa;
132E non Scilla, terror de’ naviganti;

     Nè nudriro in inospite foresta
Le fulve leonesse, in suol romano
135Te nata di gentil progenie onesta.

     E tal t’è madre, di cui cerchi invano
Altra più mite; e tal t’è genitore,
138Se altri visse giammai, dolce ed umano.