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i divoratori 87


Ma Nino non sorrise.

— Sedici anni! — mormorò.

E perchè i suoi occhi erano avvezzi alle tristi linee di un volto appassito, alla tragica amarezza di una bocca stanca, il suo cuore cadde vinto e conquiso ai piedi della dolce e calma giovinezza di Nancy. Era inevitabile.

— Sedici anni! — ripetè, guardandola con grande meraviglia. — Ma chi più al mondo ha sedici anni? — E la sua anima si prosternò, non davanti all’ispirata autrice dei poemi che tutt’Italia adorava, ma davanti alla bambina di cui gli occhi erano così limpidi sotto al volo tranquillo delle sopracciglia.

E fu la fredda manina della vergine, non il polso del poeta, che liberò il suo cuore dalla stretta di quelle altre mani di donna — oh, le bianche e ben ricordate mani! — dove le vene azzurre e un po’ turgide segnavano il corso più lento del sangue: quelle tristi vene azzurre che suscitavano la sua pietà, e strangolavano il suo desiderio.

— Posso chiamarti col tuo vero nome? — domandò.

Nancy rise.

— Chiamami come vuoi.

— «Desiderata!», — diss’egli lentamente, e il colore abbandonò il suo viso mentre profferiva quel nome.

Quella sera Nancy scrisse sulla seconda pagina del suo diario una data e un nome. Poi li cancellò. E la Regina rimase sola nel librino celeste e oro.


Dalla visita al Quirinale in poi, ogni mattina alle otto, il cioccolatte e le lettere di Nancy le venivano portate da Adele stessa, che considerava un ufficio d’onore il poter servire la piccola Saffo d’Italia.

Entrava piano, in pantofole e vestaglia, colla lunga treccia nera pendente, e poneva il vassoio accanto al letto di Nancy; poi apriva le imposte e veniva a sedere presso