Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/391

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(278-279-280) pensieri 363

intensità ec. della vita esterna che si desidera. E mancando questa, quanto maggiore è la vita interna, tanto maggiore è il senso di (279) morte, di nullità, di noia ch’egli prova: insomma tanto meno egli vive in tali circostanze, quanto la sua vita interiore è piú energica. 3°, Il giovane non ha provato né veduto. Non può esser sazio. I suoi desiderii e passioni sono piú ardenti e bisognosi, come ho detto, non solo assolutamente per l’età, ma anche materialmente, per non avere avuto ancora di che cibarsi e riempiersi. Non può esser disingannato nell’intimo fondo e nella natura, quando anche lo sia in tutta l’estensione della sua ragione. 4°, Il suo futuro è materialmente lunghissimo e l’immensità dello spazio vuoto che resta a percorrere fa orrore, massime paragonandolo con quel poco che ha avuto tanta pena a passare. Il giovane a questa considerazione si spaventa e dispera eccessivamente, sembrandogli quel futuro piú lungo e terribile di un’eternità. Di piú tutta la sua vita consiste nel futuro. L’età passata non è stata altro che un’introduzione alla vita. Dunque egli è nato senza dover vivere. Il giovane prova disperazioni mortali, considerando che una sola volta deve passare per questo mondo e che questa volta non godrà della vita, non vivrà, avrà perduto e gli sarà inutile la sua unica esistenza: ogn’istante che passa della sua gioventú in questa guisa gli sembra (280) una perdita irreparabile fatta sopra un’età che per lui non può piú tornare (16 ottobre 1820).


*   Il suo divertimento era di passeggiare contando le stelle (e simili) (16 ottobre 1820).


*   Anche la mancanza sola del presente è piú dolorosa al giovine che a qualunque altro. Le illusioni in lui sono piú vive e perciò le speranze piú capaci di pascerlo. Ma l’ardor giovanile non sopporta la mancanza intera di una vita presente, non è soddisfatto