Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/101

Da Wikisource.

il paradiso delle signore

rato, e dell’amicizia dei poeti non gli era rimasto in mente che una disperazione universale. Finiva sempre col concludere che ogni sforzo è inutile, che tutte le ore sono egualmente vuote e noiose, che il mondo va innanzi stupidamente senza uno scopo. I piaceri facevano cilecca! nemmeno a far del male c’era piú gusto.

— Ma tu, sii sincero, ti diverti, tu? — domandò alla fine.

Il Mouret era un po’ alla volta giunto a uno stupore sdegnato, e:

— Se mi diverto? — proruppe. — Ah! vuoi saper questo! povero figliuolo! Ma sicuro che mi diverto io; e mi diverto perfino quando le cose van male, perché allora m’arrabbio di vederle andar male. Io la vita non la piglio a quattro quattrini la calata, io ci prendo parte sempre e con passione! e per questo, forse, mi diverto.

Diè un’occhiata verso la sala, e aggiunse a bassa voce:

— Oh! delle donne che m’han dato noia, e di molto, ce ne sono, lo confesso. Ma quando n’ho presa una, ti giuro che non la lascio andare! E poi le donne contano sino a un certo punto: alla fin fine io me ne rido, delle donne. Quel che conta, vedi, è il volere e il fare; è il creare insomma... Tu hai un’idea; combatti per quella, la ficchi a furia di martellate nel capo alla gente, e la vedi sempre piú spandersi e trionfare. Ma sicuro, caro mio, che mi diverto!

Nelle sue parole vibrava tutta la gioia del lavoro, tutta l’allegria dell’esistenza. Ripeteva che era e si sentiva dei tempi suoi, e che bisognava essere davvero fatto male o avere il cervello e le membra malate per non lavorare quando il se99


99