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colo era un secolo di foga operosa e di progresso. E canzonava i disperati, gli annoiati, i pessimisti, sciupati dalla scienza ancor balbettante, i quali prendono o l’aria piagnucolosa dei poeti o l’acre sorriso degli scettici, mentre intorno ferve l’immenso opificio. Bella parte starsene li sbadigliare innanzi all’operosità sapiente e feconda degli altri!

— Eppure il mio divertimento è proprio cotesto! — disse il Vallagnosc col suo freddo sorriso.

Il fuoco di Mouret si spense di botto. Ritornò affettuoso.

— Sempre lo stesso il mio Paolo! sempre con i suoi paradossi!... Ma già noi non ci siamo mica ritrovati qui per questionare. Ciascuno ha le sue idee, ed è bene che sia cosí. Poi ti farò vedere la mia macchina in moto e t’accorgerai che non è una cosa tanto stupida... Via, dammi un po’ qualche notizia. Tua madre sta bene? Le sorelle? Non ti dovevi ammogliare, sei mesi fa, a Plassans?

Un moto brusco del Vallagnosc lo interruppe; e vedendo che quegli aveva gittata nella sala una occhiata inquieta, si volse anche lui e si accorse che la signorina De Boves non levava loro gli occhi di dosso. Bianca, alta e forte, somigliava alla mamma, ma già diveniva troppo grassa, di un grasso bolso. Paolo rispose che non c’era nulla di fissato, ancora, e forse non n’avrebbero mai fatto nulla. Aveva conosciuta la signorina dalla Desforges, dove l’inverno passato era capitato spesso, ma ora ci veniva di rado, ed ecco perché non ce lo aveva trovato mai. Anche i De Boves lo ricevevano; e a lui piaceva sopra tutti il padre: uomo amabilissimo, bontempone, conten-


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