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il paradiso delle signore

suo vivo desiderio di conoscere il barone Hartmann, subito che aveva saputo l’impegno preso dal Credito Fondiario con un contratto di tagliare e costruire Via Dieci Dicembre, a patto che gli fosse ceduta la proprietà dei terreni fabbricabili.

— Davvero? — ripeteva il Mouret cercando di darsi un’aria da ingenuo. -La strada la consegneranno bell’e finita, con le fogne, i marciapiedi, e i lampioni? E i terreni da fabbricare basteranno a compensarli? È una pensata curiosa, proprio curiosa!

Finalmente arrivò al punto delicato. Aveva saputo che il Credito Fondiario faceva di nascosto comprare le case dell’isolato dov’era il Paradiso delle signore, non soltanto quelle che era necessario demolire ma anche le altre che sarebbero rimaste. E subodorava in ciò il disegno di qualche futuro stabilimento, e gli dava noia il pensiero di potere un giorno, con i suoi ingrandimenti, dar di cozzo in una potente società, che non avrebbe certamente vendute le proprie case. Questa paura l’aveva fatto risolvere a cercare un vincolo che lo stringesse al barone, quel vincolo femminile che dura cosí saldo tra uomini per loro natura galanti. Avrebbe certamente potuto parlare col barone nello studio di lui, e discorrere con pace del grosso affare che aveva in animo di proporgli: ma si sentiva piú forte in casa d’Enrichetta, perché sapeva quanto il possesso comune di una donna ravvicini e addolcisca. In casa di lei, avvolti nel suo profumo, con lei pronta a convincerli con un sorriso solo, il buon successo gli sembrava sicuro.

— L’avete comprato il palazzo Duvillard,


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