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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/108

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zola

quella baracca che mi sta a ridosso? — chiese alla fine bruscamente.

e poi Il barone Hartmann esitò un istante, negò: ma guardandolo in faccia, il Mouret si mise a ridere: e da quel momento fece la parte d’un buon giovinotto che tratta gli affari, alla lesta, col cuore in mano.

— Guardi, signor barone! dacché ho avuto l’onore insperato di conoscerla, bisogna che mi confessi... Oh! non le domando i suoi segreti; voglio soltanto dirle i miei, persuaso di non poterli porre in mani piú esperte... E poi ho bisogno dei suoi consigli; da molto tempo volevo venire a trovare Lei, e non osavo.

Si confessò davvero; raccontò il principio della sua fortuna; non nascose nemmeno il pericolo che gli sovrastava ora in mezzo al trionfo. Disse tutto; gl’ingrandimenti, fatti l’un dopo l’altro, i guadagni sempre rinvestiti in quell’impresa, le somme dategli dagl’impiegati, il magazzino che rischiava di fallire ad ogni nuova apertura della vendita, perché tutto il capitale era ogni volta giocato sopra una carta sola. Eppure non chiedeva danaro; lui nella sua clientela si fidava da fanatico. Aveva un’ambizione piú alta; proponeva al barone una società: il Credito Fondiario mettesse da parte sua il palazzo sterminato ch’egli sognava, egli ci avrebbe messo il suo ingegno e il commercio già avviato. Poi si sarebbe computato ciò che ciascuna parte ci avesse messo: a lui pareva la cosa piú facile del mondo.

— Che ne vogliono fare dei loro terreni e dei loro immobili? — domandava con insistenza. — Una idea devono averla, qui non c’è dubbio. Ma io sono sicuro, sicurissimo che la mia è la migliore... Ci pensi un po’. Edifichiamo sui ter-


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