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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/252

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zola

modo, sorellina mia; te lo prometto. Via, via! addio: me ne vo.

Un rumore di passi in fondo all’andito li turbò. Lei lo prese e lo tirò con forza verso il cancellino, in un cantuccio d’ombra. Per qualche secondo non sentirono che il cigolio d’un becco di gas accanto a loro; poi, i passi si fecero piú vicini, e Dionisia, allungando la testa, riconobbe il Jouve, ch’era entrato, col suo portamento rigido, nell’andito.

Passava per caso, o qualche altro sorvegliante, fermo alla porta, l’aveva avvertito? Fu presa da un tale spavento, che, non sapendo piú che fare, cacciò Gianni fuor delle tenebre dov’erano nascosti, e se lo spinse innanzi, sussurrandogli:

— Va’ via! va’ via!

Tutt’e due correvano a piú non posso, e si sentivano alle spalle il fiato grosso del Jouve, che correva anche lui. Ritraversarono l’ufficio delle spedizioni, e giunsero in fondo alla scala, che dava in Via della Michodière.

— Va’ via! va’ via! — ripeteva Dionisia. — Se posso, ti manderò i quindici franchi a ogni modo.

Gianni, sbalordito, scappò. L’ispettore, scalmanato, non vide, arrivando, che il camiciotto bianco e i riccioli biondi mossi dal vento della strada. Riprese fiato per recuperare la sua gravità; aveva una cravatta bianca nuova nuova, presa alla sezione della biancheria, con un fiocco larghissimo che splendeva come neve.

— Brava, brava davvero! — disse poi con le labbra che gli tremavano. — Brava, proprio brava! se sperate che io tolleri nel sotterraneo queste sudicerie, oh sbagliate, ve lo dico io!....


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