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zola

Tuileries, finché non si chiudessero i cancelli stani, ebbe un tuffo al sangue: a pochi passi di Una sera, mentre cercava l’ombra degl’ippocadistanza le era sembrato di vedere l’Hutin che le veniva diritto incontro. Poi il cuore le prese a battere forte forte. Era il Mouret, che aveva desinato di là della Senna, e s’affrettava ad andar a piedi dalla Desforges. Al moto improvviso della ragazza per sfuggirgli, la guardò e, per quanto fosse già buio, la riconobbe:

— Siete voi, signorina?

Ella, stupefatta e commossa che si fosse degnato di fermarsi, non rispose: lui nascondeva, sorridendo, il suo turbamento sotto un’aria d’amabile protezione.

— Siete sempre a Parigi?

— Sí, signore, — disse Dionisia alla fine.

Adagio adagio, si scansava e cercava di salutare e andarsene. Ma il Mouret tornò egli indietro, e venne con lei sotto le ombre nere dei grandi ippocastani. Nel fresco della sera si sentivano i gridi di bambini che più in là scorrazzavano coi cerchi.

— E questo è il vostro fratellino, eh? — chiese lui di nuovo, guardando Beppino; che, impaurito dall’insolita presenza d’un signore, camminava serio accanto alla sorella e le stringeva forte la mano.

— Sí, signore, — ripeté ella arrossendo al pensiero delle infami calunnie di Margherita e di Clara.

Il Mouret capí certamente il perché di quel rossore, e si affrettò ad aggiungere calorosamente:

— Sentite, signorina; io mi devo scusare con voi... sí, avrei voluto potervelo dir prima, quan-


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