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telli. Per l’apertura dell’ultima esposizione delle «novità» d’estate aveva sparsi duecentomila cataloghi, cinquantamila dei quali all’estero, tradotti in tutte le lingue. Li faceva ora illustrare con figure, ci metteva su perfino dei campioni, ingommati sulle pagine. Vetrine, stampe, affissi, il Paradiso dava per forza negli occhi a tutti, invadeva muri, giornali, perfino i sipari dei teatri. Sapeva bene il Mouret che la donna è sempre vinta dalla pubblicità, e fatalmente accorre al rumore. Del resto le tendeva i tranelli piú abili, studiandola da sottil moralista. Aveva cosí scoperto che non sa resistere ai prezzi bassi, e, quando crede che l’affare sia buono, compra anche senza bisogno: su questa osservazione fondava il sistema di scemare a poco a poco i prezzi della roba non venduta, preferendo di venderla a scapito, tanto per rinnovare, come voleval sempre, le merci.

Poi, penetrando piú a fondo nel cuore delle donne, aveva pensato la resa, un capolavoro di seduzione gesuitica. «Pigli, pigli, signora! se non le piace piú, lo riporterà.» E la donna che resisteva, trovava un’ultima scusa nel potere pentirsi d’una sciocchezza fatta; comprava, e la coscienza le stava zitta. La resa e i prezzi bassi erano ormai la regola classica del nuovo commercio.

Ma il Mouret si rivelava maestro senza rivali nell’ordinamento interno dei magazzini. Secondo lui, nemmeno un cantuccio del Paradiso doveva restare deserto; voleva dappertutto frastuono, gente, vita; perché la vita, diceva, chiama la vita e in un attimo si propaga: e traeva dalla sentenza ogni specie d’applicazione. Fin dalla porta la gente bisognava che s’affollasse in modo


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