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il paradiso delle signore

da far credere a qualcosa di grosso: e il Mouret metteva proprio all’entrata tutti gli scarti dati via per nulla, sicché la gentucola si accalcava e asserragliava la soglia facendo credere che le sezioni rigurgitassero di gente quando, spesso, ce n’era pochissima. Nelle gallerie, poi, aveva l’arte di nascondere le sezioni che lavoravano poco; per esempio d’estate gli scialli, e d’inverno le indiane: le circondava di sezioni viventi, le affogava quasi in mezzo al tumulto. Era stato il primo a porre nel secondo piano i tappeti e i mobili, perché ci andava poca gente, e nel piano terreno avrebbero prodotto come dei vuoti. Se avesse potuto, avrebbe fatto che la strada passasse a traverso il suo magazzino.

Proprio allora il Mouret si sentiva pieno di buone ispirazioni. Il sabato sera, nel dare un’ultima occhiata ai preparativi per la gran vendita del lunedí, dopo averci lavorato da un mese, capí a un tratto che l’ordine delle sezioni quale egli lo aveva disposto era una sciocchezza. Eppure andava a rigor di logica: i tessuti da una parte, la roba bell’e fatta dall’altra, con un ordine intelligente che doveva dar modo agli avventori di raccapezzarcisi con facilità. Ci aveva pensato fin da quando stava nella botteguccia della Hédouin: ora, subito dopo averlo messo in opera, lo doveva buttare all’aria. Cosí infatti gridò improvvisamente: in quarantott’ore bisognava sgomberare mezzo magazzino. Gli impiegati sbalorditi, affaccendati, doverono passare due notti in piedi, e tutta la domenica, tra una confusione spaventevole: perfino il lunedí mattina, un’ora prima dell’apertura, molta roba era tuttavia fuor di posto. Il padrone doveva es-


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