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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/347

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il paradiso delle signore

mante, vecchi lasciati lí come si lascia un mantello alla porta, per riprenderlo a festa finita. E tutti, comodamente a sedere, gettavano, per le finestre aperte, delle occhiate nella profondità delle gallerie e delle sale, di cui la voce lontana moriva nello scricchiolio delle penne e nel fruscio dei giornali.

— Ma come! ci siete anche voi? — disse la Bourdelais. Non vi riconoscevo nemmeno.

Accanto ai bambini una signora nascondeva il viso tra le pagine d’una rivista. Era la Guibal, che non poté trattenere un moto di dispetto; ma si rimise subito, e raccontò ch’era salita per riposarsi un poco dagli spintoni. E avendole l’altra domandato se fosse venuta a comprare qualche cosa, rispose con la sua aria languida, nascondendo dietro le palpebre l’aspro egoismo dei suoi sguardi:

— Oh, no!... Anzi son venuta per rendere! Già, voglio rendere una sottana e delle portiere che non mi vanno piú. Ma c’è tanta gente, che aspetto di potermi avvicinare alle sezioni.

E seguitò a dire che quella resa era un gran comodo; prima non comprava mai nulla, ora qualche volta si lasciava tentare. Il vero era che, siccome rendeva quattro oggetti su cinque, cominciava ad essere conosciuta da tutti, e tutti odoravano già il cattivo affare in quell’eterna scontentezza che le faceva riportare gli oggetti, uno a uno, dopo esserseli tenuti per qualche giorno. Ma, pur chiacchierando, non levava gli occhi dalla porta della sala; e parve tutta contenta, quando la Bourdelais si voltò verso i bambini per spiegar loro le fotografie. Quasi in quel momento entrarono il De Boves e Paolo di Vallagnosc. Il conte, che fingeva di far vedere al


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