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zola |
L’altro sorrise, e cercò di prenderle una mano ch’ella tirò indietro.
— E di che mai avete paura?
Ma già Dionisia rialzava la testa e lo guardava in viso con i suoi belli occhi limpidi, sorridendo con la sua aria dolce e coraggiosa. Rispose:
— Non ho paura di nulla; ma ognuno fa soltanto ciò che vuol fare, non è vero? e io non voglio!
Uno scricchiolio in quel momento le fece volgere la testa; l’uscio si chiudeva. Il Jouve aveva per ufficio anche di badare che le porte non restassero aperte; compieva dunque il suo dovere.
Infatti si rimise a fare gravemente la sentinella; e nessuno parve s’accorgesse di quell’uscio chiuso con tanta naturalezza. Soltanto Clara mormorò in un orecchio della Fontenailles una parola frizzante; ma costei non si scosse nemmeno, livida, smorta.
Dionisia intanto s’era alzata. E il Mouret, con voce bassa e tremante, le sussurrava:
— Sentite, io vi voglio bene... Lo sapete da un pezzo; perché vi divertite crudelmente a fingere con me, di non esservene accorta? E non abbiate paura... Venti volte m’è saltato in testa di farvi venire nel mio studio: si sarebbe stati soli soli, e bastava ch’io mettessi all’uscio il segreto: ma non ho voluto; e vedete che vi discorro ora qui, dove possono entrare tutti... Vi amo, Dionisia...
Ella, diritta, pallidissima, lo ascoltava guardandolo sempre in viso.
— Perché dite di no?... Non siete ricca. I vostri fratelli son a carico vostro, un bel carico!
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