Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/416

Da Wikisource.

zola


Dionisia non ebbe la forza di ritirarle a sé, gli occhi le si velavano, tutta la sua forza se n’andava: il caldo che si trasfondeva in lei dalle mani tiepide di quell’uomo la faceva quasi svenire in una debolezza piena di voluttà. Dio mio, che bene gli voleva, e come le sarebbe stato dolce stringerglisi al collo e abbandonarglisi sul petto!

— Ed io voglio! io voglio! — ripeteva lui fuor di sé. — Vi aspetto stasera; se no...

La bramosia lo fece villano. Ella diede un grido leggiero; il dolore che sentiva al polso le rese il coraggio; con una scossa si liberò. Poi, dritta, fatta piú grande dalla sua stessa debolezza:

— No; lasciatemi andare... Io non son mica Clara che si piglia oggi e si lascia domani. E poi, voi amate un’altra; sí, quella signora che viene qui... Restate con lei. Io non faccio a mezzo con nessuna!

La meraviglia che il Mouret provò di quelle parole parve l’inchiodasse sull’impiantito. Che diceva ella mai, che mai voleva? Nessuna delle ragazze raccattate per le sezioni s’era data pensiero d’essere amata! Avrebbe dovuto mettersi a ridere, ma quella forte commozione lo scombussolava invece sempre piú.

— Via! — disse lei — riaprite l’uscio. Non sta bene che stiamo cosí chiusi insieme.

Obbedí, e, con le tempie che gli battevano, non sapendo come nascondere l’angoscia, richia mò la signora Aurelia e cominciò a montare sulle furie per via dei mantelli invenduti; bisognava darli via tutti, a qualsiasi prezzo. Era la regola del magazzino; d’anno in anno, anche col sessanta per cento, doveva esser venduto tutto,


414