Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/484

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zola

finiva nella vergognosa violenza d’una scenata di gelosia:

— I vostri amanti, sí!... Me l’avevan detto, e io ero stato tanto stupido da dubitarne... Non c’ero che io! non c’ero che io a dubitarne!

Dionisia, soffocata, stordita, ascoltava gl’infami rimproveri, senza che da principio riuscisse a capire. Mio Dio! la credeva dunque una poco di buono? Ma, a una parola piú dura, si diresse silenziosamente verso l’uscio. E a un gesto che egli fece per trattenerla:

— Lasciatemi, signore, me ne vado... Se voi mi credete quello che dite, non voglio restare nel magazzino neppure un minuto di piú.

Egli corse davanti l’uscio:

— Ma difendetevi almeno!... Dite qualcosa!

Lei restava dritta, in un silenzio gelido. Il Mouret per un pezzo la tempestò di domande con ansietà sempre crescente; e la muta dignità di quella vergine pareva anche quella volta il calcolo sapiente d’una donna, maestra nella tattica della passione. Non avrebbe potuto trovar di meglio perché il Mouret le cascasse ai piedi, piú straziato dal dubbio, piú desideroso d’esser convinto!

— Guardiamo, voi dite ch’è uno del vostro paese... Vi potete essere incontrati là... Giuratemi che tra voi e lui non c’è stato niente.

Allora, siccome lei s’intestava nel silenzio, e voleva sempre aprir l’uscio e andarsene, finí di perder la testa, ed ebbe una esplosione suprema di dolore:

— Mio Dio! io vi amo... Perché ci pigliate gusto a straziarmi cosí? Non lo vedete che per me non c’è piú nulla, se non voi? che della gente di cui vi parlo non me n’importa che per


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