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zola

lata subito afferrando la mano della cugina che fece sedere sulla sponda del letto. — Vi ho voluta vedere per questo; voi sola mi potete dire... Non è vero, stanno insieme?

Dionisia, sorpresa da quelle domande, cominciò a balbettare qualcosa e dové finire col riferire le chiacchiere che correvano pel magazzino. Clara, stufa di quel giovinotto che le stava sempre accanto, s’era bell’e guastata con lui; e il Colomban, disperato, le teneva dietro dappertutto, cercando d’ottenere da lei qualche appuntamento, ogni tanto. Dicevano che sarebbe entrato al Louvre.

— Se gli volete bene cosí, chi sa che non torni a voi! — continuò Dionisia per dare alla morente quell’ultima speranza. — Fate presto a guarire, e lui vi chiederà perdono e vi sposerà.

Genoveffa l’interruppe. Era stata a sentire con tutta l’anima sua, piena di una muta passione che parve renderle le forze. Ma ricadde subito.

— No, no! so che ormai è finita... Non dico nulla perché sento il babbo che piange, e non voglio che la mamma stia peggio. Ma me ne vado, lo capisco: e se stanotte vi chiamavo, era per paura di morire prima che facesse giorno... Dio mio! quando penso che non è felice neppur lui!

E perché Dionisia la voleva persuadere che non era poi ridotta al punto ch’ella diceva, la interruppe daccapo, buttando giú a un tratto le coperte col gesto pudico d’una vergine che sta per morire e non ha piú nulla da nascondere. Scopertasi fino al ventre, mormorò:

— Guardatemi, guardatemi!... Chi mai lo crederebbe!...

Dionisia si alzò tremando dalla sponda del


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