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il paradiso delle signore

Bisogna vederla l’esposizione... Il vostro genero non vi ha dato un appuntamento là dentro?

La De Boves non rispose, tutta assorta nella fila dei legni, che ad uno ad uno si aprivano, uscendone sempre nuovi avventori.

— Sí, — rispose Bianca. — Paolo ci deve venire a pigliare verso le quattro nella sala di lettura, quando esce dal ministero.

Erano maritati da un mese, e il Vallagnosc, dopo un congedo di tre settimane passate nel Mezzogiorno della Francia, era tornato al suo ufficio: Bianca era già grossa e grassa come la mamma, o poco meno.

— Guarda la Desforges laggiú! — disse la contessa, osservando una carrozza che si fermava.

— Davvero? — domandò la Guibal. — Dopo tutte queste storie... Deve piangere ancora l’incendio delle Quattro Stagioni.

Era proprio Enrichetta. Le vide e si fece innanzi con aria spigliata, nascondendo la sua disfatta sotto la disinvoltura mondana.

— Dio mio, sí! Ho voluto veder da me, con i miei occhi: è meglio, non è vero?... Oh! col signor Mouret siamo sempre buoni amici, per quanto dicano ch’è furibondo perché ho preso interesse al magazzino rivale... Io gli perdono tutto, fuor che una cosa: d’aver fatto quel matrimonio (ve ne rammentate?) tra quel tal Giuseppe e la mia protetta, la signorina de Fontenailles...

— Come! si son bell’e sposati? — interruppe la De Boves. — Che orrore!

— Sí, e soltanto per offender noi. Lo conosco io; ha voluto dire che le nostre signorine non son buone che per i suoi garzoni.


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