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il paradiso delle signore

rato dalle donne e che non può essere tradito. Quando il Bourdoncle si fece lecito di esporre i propri timori per la troppa importanza data a certe sezioni che fruttavano poco, egli, con un bel sorriso pieno di fiducia, esclamò:

— State zitto! Il magazzino è troppo piccolo, invece; sia detto per regola vostra!

L’altro sembrò restasse intontito, preso da una paura che non cercava nemmeno piú di dissimulare. Il magazzino troppo piccolo? Troppo piccolo un magazzino dove c’erano diciannove sezioni e che non aveva meno di quattrocento impiegati?

— Già, già, — ripigliò il Mouret — troppo piccolo!... Non passerà un anno e mezzo e saremo costretti a ingrandirlo dell’altro... Io ci penso di già, e sul serio. Stanotte la signora Desforges m’ha promesso di farmi discorrere domani con una certa persona... ma se ne riparlerà quando l’idea sarà matura.

E, finito di firmar le cambiali, si alzò e andò a battere amichevolmente la mano su la spalla del socio, che non si rimetteva cosí alla lesta.

Questi timori della gente che aveva intorno lo divertivano. In uno degli sfoghi di rude schiettezza che rovesciava a volte sopra gl’intimi, dichiarò che in fondo in fondo egli era piú ebreo di tutti gli ebrei del mondo: tirava dal padre cui somigliava nel corpo e nell’anima, un volpone che sapeva quanto costa il denaro; e se dalla madre aveva ereditato quel po’ di fantasia nervosa, forse era questa la ragione piú vera della sua fortuna, perché egli sentiva che poteva osar tutto impunemente.

— Voi sapete che vi terremo dietro sino in fondo! — dové dire alla fine il Bourdoncle.


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