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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/60

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zola

vano senza mai riposo nel sotterraneo le sete di Lione, le lane inglesi, le tele fiamminghe, i cotoni d’Alsazia, le indiane di Rouen; e qualche vol ta i carri dovevano mettersi in fila e aspettare.

Quando avevan libera la via, i pacchi arrivando in fondo facevano il rumore sordo d’un sasso lanciato in un’acqua profonda.

Nel passare, il Mouret si fermò un istante dinanzi a quell’apparecchio. File intere di casse scivolavano da sole senza che si vedessero in alto le mani degli uomini che le avevan lasciate andare; pareva che precipitassero da sé, calassero come un ruscello da una sorgente piú alta.

Poi apparvero delle piccole balle, che s’aggiravano come sassi rotolati. Il Mouret guardava senza fiatare. Ma gli occhi chiari intanto lampeggiavano a veder quello scroscio di mercanzie che pioveva nel suo magazzino, quella fiumana che ad ogni minuto versava migliaia di lire. Non mai prima d’allora aveva avuta cosí intera la coscienza della battaglia in cui s’era impegnato.

Quel monte di mercanzie bisognava spanderlo ora ai quattro angoli di Parigi. Non aprí bocca, e continuò l’ispezione.

Nella mezza luce che veniva dai larghi spiragli, una mano d’uomini riceveva la roba, mentre altri schiodavano le casse e aprivano le balle dinanzi ai capi delle sezioni. In quel fondo di cantina c’era quasi movimento come in un cantiere; quel sotterraneo, di cui colonne di ghisa sorreggevan le volte, e che nelle nude muraglie non aveva segno d’umidità, brulicava e ferveva.

— Manca nulla, Bouthemont? — domandò il Mouret, avvicinandosi a un giovinotto dalle forti spalle, che stava verificando il contenuto d’una cassa.


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