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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/77

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il paradiso delle signore

ve non le sembrava possibile raccapezzare la strada.

Non aveva ancora osato d’arrischiarsi in mezzo alla sala delle sete, che con l’alta volta a cristalli, i banchi di lusso, l’aspetto di chiesa, le incuteva paura. Quando v’era finalmente entrata per sfuggire alle risate dei commessi della biancheria, si era imbattuta di primo acchito nella mostra del Mouret; e per quanto fosse sbalordita, l’istinto femminile s’era risvegliato in lei:

con le gote rosse, stava lí a guardare il fiammeggiar delle sete.

— To’! — disse crudamente l’Hutin all’orecchio del Favier — la ragazzuccia di Piazza Gaillon.

Il Mouret, mentre fingeva di dar retta al Bourdoncle e a Robineau, in fondo se la godeva di quella meraviglia d’una ragazza povera, nel modo stesso che una marchesa prova brutal desiderio per un barrocciaio che passa. Ma Dionisia aveva alzato gli occhi, e si turbò anche piú, riconoscendo il signore ch’ella aveva preso per uno dei capi commessi. Le parve, anzi, che le desse un’occhiataccia. Allora, come fare ad andarsene? Perse addirittura la testa, e si rivolse di nuovo al primo commesso che le capitò, al Favier, che le era vicino.

— Scusi, per andare dalla signora Aurelia?

Ma il Favier, sgarbato, si contentò di rispondere seccamente:

— Al mezzanino.

E Dionisia, smaniosa di sottrarsi agli sguardi di tutti quegli uomini, ringraziò e volgeva anche questa volta le spalle alla scala, quando il bell’Hutin cedé naturalmente al suo istinto di


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