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— Dite su, gridò Nana a Lucia che si sporgeva dalla carrozza vicina, avete veduto Fauchery, mia cara? Che muso da sfrontato. Me la pagherà... E Paolo, un ragazzo pel quale sono stata così buona? Nemmeno un cenno.... Affè, hanno molta creanza da

E fece una scenata a Steiner, il quale trovava il contegno di quei signori perfettamente conveniente e corretto. Dunque, lei e le amiche non erano nemmeno degne d’una levata di cappello? Dunque, il primo gaglioffo che passava, poteva insultarle? Grazie tante, era cortese lui pure, l’amico! non ci mancava più altro! Si deve sempre salutare una donna.

— E quella alta, chi è? chiese alla sua volta Lucia, con voce vibrante, in mezzo al rumore delle ruote.

— La è la contessa Muffat, rispose Steiner.

— Tè! lo immaginavo, disse Nana. Ebbene, caro mio, l’ha un bel essere contessa, non vale gran che... Già, già, non val proprio gran che... Ci vedo chiaro io, sapete! La conosco

ora come se l’avessi fatta io, la vostra contessa. Volete scom mettere che si è data a quella vipera di Fauchery? Vi dico che è roba sua! Son cose che fra noi altre donne si capiscono subito.

Steiner fece spalluccie; dal di innanzi il suo malumore andava crescendo; aveva ricevuto lettere che lo obbligavano a partir l indomani mattina; poi, non era affatto divertente venir in campagna per dormire sul canapè d’un salotto.

— E questo povero Bebè? riprese Nana, intenerita d’un tratto, scorgendo il pallore di Giorgio, che era rimasto immobile senza fiato.

— Credete che la mamma mi abbia riconosciuto? balbettò lui finalmente.

— Oh! per questo, senz’altro. Ha dato un grido... Ed è colpa mia, povero ragazzo! Lui non voleva venire. Son io che l’ho costretto... Da retta, Zizi, vuoi che scriva alla tua mamma? Essa ha l’aria molto rispettabile. Le dirò che non ti avevo mai veduto, che sei stato "condotto oggi, per la prima volta, Aa Steiner.

— No, no, non scrivere, disse Giorgio inquietissimo, Acco moderò io stesso la faccenda... Eppoi, se mi seccano, non torno più a casa.