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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/184

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Ma restò assorto nei suoi pensieri, studiando bugie per ci sera...

Le cinque carrozze correvano in piano, sopra una strada diritta, interminabile, fiancheggiata da begli alberi. L’aria, d’un grigio argenteo, diffondevasi nella campagna. Le signore continuavano a gridare, a parlarsi da una carrozza all’altra, dietro le spalle dei cocchieri che ridevano di quella strana razza di gente; di quando in quando, l’una o l’altra di loro si rizzava in piedi per veder meglio e s’ostinava a star lì poggiata alla spalla d’un vicino, finchè una scossa la tornava a buttar sul sedile. Carolina Héquet, frattanto era in animato colloquio con Labordette.

Opinavano tutti e due che Nana venderebbe la sua campagna prima di tre mesi, e Carolina incaricava Labordette di ricomperargliela di sottomano, per pochi quattrini. Davanti di loro, La Faloise, intenerito, non potendo arrivare fino alla nuca spoplettica di Gaga, le baciava un cantuccio di schiena, sul suo vestito di cui la stoffa, troppo tesa, scoppiava; mentre Amelia, stecchita sul suo sedile, gli diceva di finirla, seccata d’esser lì, a braccia penzoloni, veder baciare sua madre.

Nell’altra carrozza Mignon, per far stupire Lucia, faceva declamar ai figli, una favola di La Fontaine; Enrico era un prodigio; vi diceva sa tutto d’un fiato la tiritera, senza mai sbagliare. Intanto Maria Blond, nella prima carrozza, finiva coll’annoiarsi, stanca di burlar quell’oca di Tatan Nènè, a cui raccontava che le lattaie di Parigi fabbricavano delle uova con la colla e lo zafferano.

Perdinci era ben lontana quell’abbadia!

O quando si arriverebbe? E la domanda, trasmessa da car rozza a carrozza, giunse fino a Nàna, la quale, interrogato che ebbe il cocchiere, si alzò per gridare:

— Ancora un quarticino d’ora.... Vedete laggiù quella chiesa.. dietro gli alberi....

Poi riprese:

— Sapete? si dice che la proprietaria del castello di Char«mont è una famosa del tempo di Napoleone... Oh! una buontempona coi fiocchi, mi ha detto Giuseppe che l’ha saputo dai servitori dell’arcivescovado. Una di quelle buontempone di cui s8’è perduto lo stampo. Ora è tutta cosa dei preti.