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rito fuggiva, ritornava al di fuoti, si rimetteva in cammino lungo le vie, senza riposo, come sotto la sferza di un’implacabile necessità.

E ripeteva: «O mio Dio, venite in mio soccorso! O mio Dio, non abbondonate la vostra creatura che si rimette alla vostra giustizia! O mio Dio, io vi adoro, mi lascierete voi perire sotto i colpi dei vostri nemici?»

Nulla gli rispondeva, l’ombra ed il freddo gli cadevano sulle spalle, il rumore delle ciabatte, da lontano, continuava e gl’impediva di pregare.

Non sentiva più che quel rumore irritante, nella chiesa deserta, ove il colpo di scopa mattutino non era nemmeno stato dato, prima ancora del mattutino riscaldo delle prime messe.

Allora, aiutandosi coll’appoggio d’una sedia, si rialzò con uno scricchiolìo delle ginocchia. Dio non vi era ancora.

Perchè avrebb’egli pianto nelle braccia del signor Venot?

Quell’uomo non poteva nulla.

E, macchinalmente, ritornò da Nana.

Al di fuori, avendo sdrucciolato, sentì le lagrime venirgli

agli occhi, senza collera contro la sorte, semplicemente debole e malato. Alla fine, era troppo stanco, aveva preso su troppa pioggia, soffriva troppo pel freddo.

L’idea di rientrare nel suo tetro palazzo di via Miromesnil lo agghiacciava..

Da Nana, la porta era chiusa, dovette aspettare che comparisse il portinaio ad aprire. Salendo le scale, sorrideva, già penetrato dal calore molle di quella nicchia, dove stava per poter stendersi e dormire.

Allorché Zoè gli aperse, fe’ un atto di stupore e d’inquietudine. La signora, colta da un’atroce emicrania, non aveva chiuso occhio. Basta, poteva sempre vedere se la signora fosse ancor desta, E scivolò nella camera, mentr’egli cadeva su di un seggiolone nel salotto. Ma, quasi immediatamente, Nana comparve. Era balzata di letto, aveva appena avuto il tempo d’infilare una gonnella, a piedi nudi, i capelli sparsi, la ca micia sgualcita e lacera nel disordine di una notte d’amore.

— Come? sei ancor te? gridò lei tutta rossa.

Ell’accorreva, sotto la sferza della collera, per scacciarlo di