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Prallière si diportò come un malcreato verso madama Maloir, che egli non servì una sola volta. Era occupato unicamente di Nana, stizzito di vederla con Fontan.

D’altronde, le tortorelle finivano coll’essere noiose, tanto s’abbracciavano. Contro tutte le regole, avevano voluto porsi l’una vicino all’altro.

— Che diamine! mangiate, avete bene il tempo! ripeteva Bosc a bocca piena. Aspettate che noi ce ne siam andati.

Ma Nana non sapeva ritenersi. Ella era in un’estasi d’amore, tutta rosea come una vergine, con dei sorrisi e degli sguardi, pieni di tenerezza. Gli occhi fissi in Fontan, l’oppri meva di effettuosi appellativi: lupicino, cagnolino, miccino mio! e quando egli le porgeva dell’acqua o del sale, essa chinavasi, baciandolo a casaccio dove le labbra 3’ imbattevano, sugli occhi, sul naso, su d’un orecchio; poi, se la si sgridava gli era con una tattica sapiente, con delle sommissioni e delle flessibilità da gattina percossa, che artrendevasi, prendendogli fartivamente la mano per tenersela fra le sue e baciarsela ancora. Bisognava che la toccasse qualcosa di lui.

Fontan si compiaceva, e si lasciava adorare, pieno di condiscendenza. Il suo gran naso fremeva d’una gioia tutta sensuale. Il suo muso da caprone, la sua bruttezza da satiro grottesco spianavasi alla adorazione devota di quella stupenda creatura, così bianca e così grassa. Tratto tratto, Ie rendeva un bacio, da uomo che ha per sè tutto il piacere, ma che vuol mostrarsi gentile.

— Oh, infine, voi siete irritanti! gridò Prullière. Vattene di là, te!

E, rimosso Fontan, cambiò posata per mettersi in sua vece accanto a Nana. Vi furono esclamazioni, applausi, e motti mordaci. Fontan simulava la disperazione, con le arie buffe di Vulcano che rimpiange Venere. Di subito, Prullière si mostrò galante; ma Nana, di cui- tentava il piede sotto la tavola, gli allungò una pedata, per farlo star quieto. No, di certo, non si darebbe mai a lui. Il mese prima, dessa aveva avuto un principio di riscaldo per lui, in causa del suo bell’aspetto. Ora, lo detestava. Se la pizzicasse ancora, fingendo di raccattare il tovagliolo, gli getterebbe in viso il bicchiere.

ZOLA. — Nana. 15