Per rinnovare Amor l'antiche piaghe

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Lorenzo de' Medici

XV secolo Indice:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu Letteratura Canzone VIII. Canzona fatta trovandomi un dí dove erono certe donne, non senza mio pericolo. Intestazione 11 ottobre 2023 100% Da definire

Quando raggio di sole Parton leggieri e pronti
Questo testo fa parte della raccolta Opere (Lorenzo de' Medici)/III. Rime


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canzone viii

Canzona fatta trovandomi un dí dove erono certe donne, non senza mio pericolo.


     Per rinnovare Amor l’antiche piaghe,
che avea nel cor rinchiuse
o fredda voglia o suo poco valore,
l’obietto antico e quelle luci vaghe
di pietá circonfuse5
offerse agli occhi e per lor mezzo al core.
Sembrava il pio sembiante che dolore
non tanto avessi di mia dura sorte,
ma con umili e accorte
voci parea del mal chieder merzede,10
come conviensi a tanta ingiusta offesa;
persuadendo al cor che troppo pesa
negar perdono chi umilmente il chiede.
Questo dicea, tacendo, il bel sembiante:
nol potea altri udire che un amante.15

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     Io, come quel che non avea ben salde
l’antiche cicatrice,
di tal súbita forza, incauto, oppresso,
non ben pensando ancor quanto è gran lalde
svegliere alle radice20
quel ch’è difficil poi tagliare appresso,
non pote’ far che a sí suave messo
non inclinassi l’uno e l’altro orecchio;
ché ’l rio costume vecchio
tôr non mi può dal core in tempo brieve.25
E, benché avessi ancor quasi presenti
l’ira, gli sdegni e i tristi pentimenti,
fu piú il disio su tal bilancia grieve:
né altro fe’ che far soglia colui
che ha i primi moti in potestá d’altrui.30
     Ma poi (com’uomo usato aver vittoria
d’imprese assai dubbiose,
sa qual sia del vittor la condizione),
parte per racquistar la persa gloria,
parte per non far cose35
che ad altri dien di me giuridizione,
ripensando alla prima inclinazione,
vergogna ebbe di sé l’animo degno;
onde scudo di sdegno
oppose al colpo súbito e mortale.40
Cosí feci a tal forza resistenza:
e fu tanto maggior la mia potenza,
che invan fe’ la percossa dello strale;
né però sí mi copersi e difesi,
che ancor di tal difesa non mi pesi.45
     Perché restò dentro al mio petto sculto,
come in cera sigillo,
quel benigno sembiante umile e pio.
E fu tanto veemente il primo insulto,
che poi punto tranquillo50
per tal pensier non ho avuto il cor mio,

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anzi sempre lo truovo ove son io.
Veggo quegli occhi di pietate adorni:
e par spesso mi torni
innanzi quel che disiai giá tanto.55
Queste parole suonon nella mente:
— Offerto t’ha il tuo ben, anzi è presente,
che tu cercasti giá con grieve pianto. —
Onde un pensier dentro dal cor si serra,
che, s’è presente, assente mi fa guerra.60
     Questo pensiero e il riguardare indrieto
qual sia suta mia vita,
mentre inimico fui a mia salute,
mi fêr veder che ’l dolce sguardo lieto,
e ’l simulato aita65
era alfin per lungar mia servitute.
E, perché poco val quella virtute
che ’l mal vede venir, se non soccorre,
pensai quel nodo sciôrre,
che all’alma avea il suo bel viver tolto,70
e renderli l’antica libertate:
e piú forza ebbe in me la mia pietate,
che quella che mostrava il vago volto.
Cosí mi tolsi dall’error commesso,
e libero rendei me a me stesso.75
     Priega, canzon, il bel figlio di Venere,
che omai l’ardente face
per me rimetta e lo stral fiammeggiante:
spento è il suo foco, e, se ancor caldo è il cenere,
non prolunghi la pace80
per questo che fatto è il core adamante:
né inquieti omai la mente errante
con sue speranze, o pensi piú condurne
per vision notturne
al primo impio disio ove giá m’ebbe:85
poiché, quando era avermi in sua possanza,
non vòlse, di me perda ogni speranza,

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or che non può, quando forse vorrebbe.
Di’ che non facci indarno omai piú pruove,
ma serbi l’arco e le saette altrove.90