Pieni l'animo (Siena 1906)

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Papa Pio X

1906 Indice:Pieni l'animo (Siena 1906).djvu Encicliche Cristianesimo Lettera enciclica del santissimo signor nostro Pio per divina provvidenza papa X ai venerabili fratelli arcivescovi e vescovi d'Italia Intestazione 14 giugno 2023 100% Da definire


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LETTERA ENCICLICA

DEL SANTISSIMO SIGNOR NOSTRO

PIO

PER DIVINA PROVVIDENZA

PAPA X

AI VENERABILI FRATELLI

ARCIVESCOVI E VESCOVI D’ITALIA




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AI VENERABILI FRATELLI

ARCIVESCOVI E VESCOVI D’ITALIA

PIO PP. X

VENERABILI FRATELLI

SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE


PP
ieni l’animo di salutare timore per la ragione severissima, che dovremo rendere un giorno al Principe dei pastori Gesù Cristo a riguardo del gregge da lui affidatoci, passiamo i dì Nostri in una continua sollecitudine, a preservare, quanto è possibile, i fedeli dai mali perniciosissimi, onde è afflitta di presente l’umana società. Teniamo perciò come detta a Noi la parola del Profeta: Clama, ne cesses, quasi tuba exalta vocem tuam1; e non manchiamo, ora di viva voce ed ora per lettere, di avvertire, di pregare, di riprendere, eccitando soprattutto lo zelo dei Nostri Fratelli nell’episcopato, onde spieghi ciascuno la più sollecita vigilanza sulla porzione dell’ovile, a cui lo Spirito Santo lo ebbe preposto.

Il motivo, che Ci spinge a levare di nuovo la voce, è del più grave momento. Trattasi di richiamare tutta [p. 2 modifica] l’attenzione del vostro spirito e tutta l’energia del vostro pastoral ministero contro un disordine, di cui già si provano i funesti effetti: e, se con mano forte non si svella dalle più ime radici, conseguenze ancor più fatali si proveranno coll’andare degli anni. — Abbiamo infatti sott’occhi le lettere di non pochi fra voi, o Venerabili Fratelli; lettere piene di tristezza e di lagrime, le quali deplorano lo spirito d’insubordinazione e d’indipendenza, che si manifesta qua e là in mezzo al clero. — Purtroppo un’atmosfera di veleno corrompe largamente gli animi ai nostri giorni; e gli effetti mortiferi sono quelli che già descrisse l’apostolo S. Giuda: Hi carnem quidem maculant, dominationem autem spernunt, maiestatem autem blasphemant2; oltre cioè alla più degradante corruzione dei costumi, il disprezzo aperto di ogni autorità e di coloro che la esercitano. Ma che tale spirito penetri comecchessia fino nel santuario ed infetti coloro, ai quali più propriamente convenir dovrebbe la parola dell’Ecclesiastico: Natio illorum, obedientia et dilectio3; è cosa questa che Ci ricolma l’animo d’immenso dolore. — Ed è soprattutto fra i giovani sacerdoti che sì funesto spirito va menando guasto, spargendosi in mezzo ad essi nuove e riprovevoli teorie intorno alla natura stessa dell’obbedienza. E, ciò ch’è più grave, quasi ad acquistar per tempo nuove reclute al nascente stuolo dei ribelli, di tali massime si va facendo propaganda più o meno occulta fra i giovani, che nei recinti dei Seminari si preparano al Sacerdozio.

Pertanto, o Venerabili Fratelli, sentiamo il dovere di fare appello alla vostra coscienza, perchè, deposta [p. 3 modifica] ogni esitazione, con animo vigoroso e con pari costanza diate opera a distruggere questo mal seme, fecondo di esizialissime conseguenze. Rammentate ognora che lo Spirito Santo vi ha posti a reggere. Rammentate il precetto di S. Paolo a Tito: Argue cum omni imperio. Nemo te contemnat4. Esigete severamente dai sacerdoti e dai chierici quella obbedienza, che, se per tutti i fedeli è assolutamente obbligatoria, pei sacerdoti costituisce parte precipua del loro sacro dovere.

A prevenire però di lunga mano il moltiplicarsi di questi atti riottosi, gioverà assaissimo, Venerabili Fratelli, l’alto ammonimento dell’Apostolo a Timoteo: Manus cito nemini imposueris5. È la facilità infatti nell’ammettere alle sacre ordinazioni quella, che apre naturalmente la via ad un moltiplicarsi di gente nel santuario, che poi non accresce letizia. — Sappiamo esservi città e diocesi, ove, lungi dal potersi lamentare scarsità nel clero, il numero dei sacerdoti è di gran lunga superiore alla necessità dei fedeli, Deh! qual motivo, o Venerabili Fratelli, di rendere così frequente la imposizione delle mani? Se la scarsità del clero non può essere ragione bastevole a precipitare in negozio di tanta gravità; là dove il clero sovrabbonda al bisogno, nulla è che scusi dalle più sottili cautele e da somma severità nella scelta di coloro, che debbano assumersi all’onore sacerdotale. Nè l’insistenza degli aspiranti può menomare la colpa di siffatta facilità! Il sacerdozio, istituito da Gesù Cristo per la salvezza eterna delle anime, non è per fermo un mestiere od un ufficio umano qualsiasi, al quale ognun che il voglia e per qualunque ragione abbia diritto di liberamente dedicarsi. [p. 4 modifica] Promuovano adunque i Vescovi, non secondo le brame o le pretese di chi aspira, ma, come prescrive il Tridentino, secondo la necessità delle diocesi; e nel promuovere di tal guisa, potranno scegliere solamente coloro che sono veramente idonei, rimandando quelli che mostrassero inclinazioni contrarie alla vocazione sacerdotale, precipua fra esse la indisciplinatezza e ciò che la genera, l’orgoglio della mente.

Perchè poi non manchino i giovani che porgano in sè attitudine per essere assunti al sacro ministero, torniamo, Venerabili Fratelli, ad insistere con più premura su ciò che già più volte raccomandammo; sull’obbligo cioè che vi corre, gravissimo dinanzi a Dio, di vigilare e promuovere con ogni sollecitudine il retto andamento dei vostri Seminari. Tali avrete i sacerdoti, quali voi li avrete educati. — Gravissima è su ciò la lettera che vi diresse, in data 8 dicembre 1902, il Nostro sapientissimo Predecessore, quasi testamento del suo diuturno pontificato. Nulla Noi vogliamo aggiungervi di nuovo: richiamiamo solo alla vostra memoria le prescrizioni in essa contenute; e raccomandiamo vivamente, che al più presto sieno messi in esecuzione i Nostri ordini, emanati per organo della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, sulla concentrazione dei Seminari, specialmente per gli studi della Filosofia e della Teologia, a fine di ottenere così il grande vantaggio derivante dalla separazione dei Seminari piccoli dai Seminari maggiori, e l’altro non meno rilevante della necessaria istruzione del clero.

I Seminari siano gelosamente mantenuti nello spirito proprio, e rimangano esclusivamente destinati a preparare i giovani, non a civili carriere, ma all’alta missione dei ministri di Cristo. — Gli studi di Filosofia, [p. 5 modifica] di Teologia e delle scienze affini, specialmente della Sacra Scrittura, si compiano, tenendosi alle pontificie prescrizioni, e allo studio di S. Tommaso, tante volte raccomandato dal venerato Nostro Predecessore e da Noi nelle Lettere Apostoliche del 23 Gennaio 1904. I Vescovi poi esercitino la più scrupolosa vigilanza sui maestri e sulle loro dottrine, richiamando al dovere coloro, che corressero dietro a certe novità pericolose, ed allontanando senza riguardo dall’insegnamento quanti non approfittassero delle ricevute ammonizioni. — Il frequentare le pubbliche Università non sia permesso ai giovani chierici se non per molto gravi ragioni e con le maggiori cautele per parte dei Vescovi. — Sia onninamente impedito che dagli alunni dei Seminari si prenda parte comecchessia ad agitazioni esterne; e perciò interdiciamo loro la lettura di giornali e di periodici, salvo per questi ultimi, e per eccezione qualcuno di sodi principî, stimato dal Vescovo opportuno allo studio degli alunni. — Si mantenga con sempre maggior vigore e vigilanza l’ordinamento disciplinare. — Non manchi da ultimo in verun Seminario il direttore di spirito, uomo di prudenza non ordinaria ed esperto nelle vie della perfezione cristiana, il quale, con cure indefesse, coltivi i giovani in quella soda pietà, ch’è il primo fondamento della vita sacerdotale. — Queste norme, o Venerabili Fratelli, ove sieno da voi coscienziosamente e constantemente seguite, vi porgono sicuro affidamento di vedervi crescere intorno un clero, il quale sia vostro gaudio e corona vostra.

Se non che il disordine d’insubordinazione e d’indipendenza, finora da Noi lamentato, in taluni del giovane clero va assai più oltre, con danni di gran lunga maggiori. Imperocchè non mancano di coloro, i quali [p. 6 modifica] sono talmente invasi da sì reprobo spirito, che, abusando del sacro ministero della predicazione, se ne fanno apertamente, con rovina e scandalo dei fedeli, propugnatori ed apostoli.

Fin dal 31 luglio 1894 il Nostro Antecessore, per mezzo della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, richiamò l’attenzione degli Ordinari su questa grave materia. Le disposizioni e le norme date in quel pontificio documento Noi le manteniamo e rinnoviamo, onerando su di esse la coscienza dei Vescovi, perchè non abbiano ad avverarsi mai in veruno di loro le parole di Nahum profeta: Dormitaverunt pastores tui6. — Nessuno può avere facoltà di predicare, nisi prius de vita et scientia et moribus probatus fuerit7. I sacerdoti di altre diocesi non debbono ammettersi a predicare senza le lettere testimoniali del proprio Vescovo. — La materia della predicazione sia quella indicata dal divin Redentore, là dove disse: Praedicate evangelium8 .... Docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis9. Ossia, come commenta il Concilio di Trento: Annunciantes eis vitia, quae eos declinare, et virtutes quae sectari oportet, ut poenam aeternam evadere et caelestem gloriam consequi valeant10. — Quindi si bandiscano del tutto dal pulpito gli argomenti più acconci alla palestra giornalistica ed alle aule accademiche che al luogo santo; si antepongano le prediche morali a conferenze, il men che possa dirsi, infruttifere; si parli non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in [p. 7 modifica] ostensione spiritus et virtutis11. Perciò la fonte precipua della predicazione devono essere le Sacre Scritture, intese, non già secondo i privati giudizi di menti il più delle volte offuscate dalle passioni, ma secondo la tradizione della Chiesa, le interpretazioni dei Santi Padri e dei Concilî.

Conformemente a queste norme, Venerabili Fratelli, egli è duopo che voi giudichiate di coloro, ai quali vien da voi commesso il ministero della divina parola. E qualora troviate che talun di essi, più cupido degli interessi proprii che di quelli di Gesù Cristo, più sollecito di plauso mondano che del bene delle anime, se ne allontani; e voi ammonitelo, correggetelo; e se ciò non basti, rimovetelo inesorabilmente da un ufficio, di cui si manifesta affatto indegno. — La quale vigilanza e severità tanto più dovete voi adoperare, perchè il ministero della predicazione è tutto proprio di voi ed è parte precipua dell’ufficio episcopale; e chiunque oltre di voi lo esercita, lo esercita in nome vostro ed in vostro luogo; ond’è che resta sempre a voi il rispondere innanzi a Dio del modo col quale viene dispensato ai fedeli il pane della parola divina. — Noi, per declinare da parte Nostra ogni responsabilità, intimiamo ed ingiungiamo a tutti gli Ordinarii di rifiutare o di sospendere, dopo le caritatevoli ammonizioni, anche durante la predicazione qualsivoglia predicatore, sia del clero secolare sia del regolare, il quale non ottemperi pienamente alle ingiunzioni della precitata Istruzione emanata dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari. Meglio è che i fedeli si contentino della semplice omelia e della spiegazione del Catechismo fatta [p. 8 modifica] dai loro parroci, anzichè dover assistere a predicazioni che producono più male che bene.

Un altro campo, dove tra il giovane clero si va trovando purtroppo ansa ed eccitamento a professare e propugnare la esenzione da ogni giogo di legittima autorità, è quello della così detta azione popolare cristiana. Non già, o Venerabili Fratelli, perchè questa azione sia in sè riprovevole o porti di sua natura al disprezzo dell’autorità, ma perchè non pochi, fraintendendone la natura, si sono volontariamente allontanati dalle norme che a rettamente promuoverla furono prescritte dal Predecessore Nostro d’immortale memoria.

Parliamo, ben intendete, della Istruzione, che circa l’azione popolare cristiana emanò per ordine di Leone XIII la Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, il 27 gennaio 1902 e che fu trasmessa a ciascun di voi, perchè nelle rispettive diocesi ne curaste l’esecuzione. — Questa Istruzione altresì Noi manteniamo, e colla pienezza di Nostra potestà ne rinnoviamo tutte e singole le prescrizioni; come pure confermiamo e rinnoviamo tutte le altre da Noi stessi all’uopo emanate nel Motuproprio del 18 dicembre 1903 De populari actione christiana moderanda, e nella Lettera circolare del diletto figlio Nostro Cardinale Segretario di Stato, in data 28 luglio 1904.

In ordine alla fondazione e direzione di fogli e periodici, il clero deve fedelmente osservare quanto è prescritto nell’art. 42 della Costituzione Apostolica «Officiorum»12: Viri e clero.... prohibentur quominus; absque praevia Ordinariorum venia, diaria vel folia periodica moderanda suscipiant. — Parimente, senza il [p. 9 modifica] previo assenso dell’Ordinario, niuno del clero può pubblicare scritto di sorta, sia di argomento religioso o morale, sia di carattere meramente tecnico. Nelle fondazioni di circoli e società, gli statuti e regolamenti debbono previamente esaminarsi ed approvarsi dall’Ordinario. — Le conferenze sull’azione popolare cristiana o intorno a qualunque altro argomento, da nessun sacerdote o chierico potranno essere tenute senza il permesso dell’Ordinario del luogo. — Ogni linguaggio, che possa ispirare nel popolo avversione alle classi superiori, è e deve ritenersi affatto contrario al vero spirito di carità cristiana.

È similmente da riprovare nelle pubblicazioni cattoliche ogni parlare, che, ispirandosi a novità malsana, derida la pietà dei fedeli ed accenni a nuovi orientamenti della vita cristiana, nuove direzioni della Chiesa, nuove aspirazioni dell’anima moderna, nuova vocazione sociale del clero, nuova civiltà cristiana, e simili. — I sacerdoti, specialmente i giovani, benchè sia lodevole che vadano al popolo, debbono nondimeno procedere in ciò col dovuto ossequio all’autorità e ai comandi dei Superiori ecclesiastici. E pure occupandosi, con la detta subordinazione, dell’azione popolare cristiana, deve essere loro nobile còmpito «di togliere i figli del popolo alla ignoranza delle cose spirituali ed eterne, e con industriosa amorevolezza avviarli ad un vivere onesto e virtuoso; riaffermare gli adulti nella fede dissipandone i contrari pregiudizi, e confortarli alla pratica della vita cristiana; promuovere tra il laicato cattolico quelle istituzioni, che si riconoscano veramente efficaci al miglioramento morale e materiale delle moltitudini; propugnar sopra tutto i principï di giustizia e carità evangelica, ne’ quali trovano equo [p. 10 modifica] temperamento tutti i diritti e i doveri della civil convivenza.... Ma abbiano sempre presente, che anche in mezzo al popolo il sacerdote deve serbare integro il suo augusto carattere di ministro di Dio, essendo egli posto a capo dei fratelli animarum causa13; qualsivoglia maniera di occuparsi del popolo, a scapito della dignità sacerdotale, con danno dei doveri e della disciplina ecclesiastica, non potrebbe essere che altamente riprovata»14.

Del resto, Venerabili Fratelli, a porre un argine efficace a questo fuorviare d’idee e a questo dilatarsi di spirito d’indipendenza, colla Nostra autorità proibiamo d’oggi innanzi assolutamente a tutti i chierici e sacerdoti di dare il nome a qualsiasi società che non dipenda dai Vescovi. In modo poi più speciale, e nominatamente, proibiamo ai medesimi, sotto pena pei chierici d’inabilità agli Ordini sacri e pei sacerdoti di sospensione ipso facto a divinis, di ascriversi alla Lega democratica nazionale; il cui Programma fu dato da Roma-Torrette li 20 ottobre 1905, e lo Statuto, pur senza nome dell’autore, fu nell’anno stesso stampato a Bologna presso la Commissione provvisoria.

Sono queste le prescrizioni, che, avuto riguardo alle condizioni presenti del Clero d’Italia, ed in materia di tanta importanza, esigeva da Noi la sollecitudine dell’Apostolico ufficio. — Ora altro non Ci resta, che aggiungere nuovi stimoli al vostro zelo, Venerabili Fratelli, affinchè tali disposizioni e prescrizioni Nostre abbiano pronta e piena esecuzione nelle vostre diocesi. Prevenite il male dove fortunatamente ancor non si mostra; [p. 11 modifica] estinguetelo con prontezza dov’è sul nascere; e dove per isventura sia già adulto, estirpatelo con mano energica e risoluta. Di ciò gravando la vostra coscienza, vi imploriamo da Dio lo spirito di prudenza e fortezza necessaria. Ed a tal fine vi impartiamo dall’intimo del cuore l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma presso S. Pietro, il 28 luglio 1906, anno terzo del Nostro Pontificato.

PIVS PP. X


Note

  1. Is. LVIII, 1.
  2. Iud. 8.
  3. III, 1.
  4. II, 15.
  5. I, Timoth. v, 22.
  6. III, 18.
  7. Conc. Trid., Sess. v. cap. 2, De Reform.
  8. Marc. XVI, 15.
  9. Matth. XXVIII, 20.
  10. Loc. cit.
  11. I Cor. II, 4.
  12. 25 Gennaio 1897.
  13. S. Greg. M. Regul. Past. Pars. II, c. VII.
  14. Ep. Encycl., 8 Dec. 1902.