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Poesie (Parini)/IV. Le odi/X. La recita dei versi

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X. La recita dei versi

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X

LA RECITA DEI VERSI

(Sopra l’uso di recitare i versi alle mense ed avanti
persone incapaci di gustarli)

[1783-84]

     Qual fra le mense loco
versi otterranno, che da nobil vena
scendano; e all’acre foco
dell’arte imponga la sottil Camena,
5meditante lavoro
che sia di nostra etá pregio e decoro?
     Non odi alto di voci
i convitati sollevar tumulto
che i centauri feroci
10fa rammentar, quando con empio insulto
all’ospite di liti
sparsero e guerra i nuziali riti?
     V’ha chi al negato Scaldi
con gli abeti di Cesare veleggia;
15e, la vast’onda e i saldi
muri sprezzati, giá nel cor saccheggia
de’ batavi mercanti
le molto di tesoro arche pesanti.
     A Giove altri Tarmata
25destra di fulmin spoglia; ed altri a volo
sopra l’aria domata
osa portar novelle genti al polo.
Tal sedendo confida
ciascuno; e sua ragion fa de le grida.

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     25Vincere il suon discorde
speri colui che di clamor le folli
mènadi, allor che, lorde
di mosto il viso, balzan per li colli,
vince; e, con alta fronte,
30gonfia d’audace verso inezie conte.
     O gran silenzio intorno
a sé vanti compor fauno procace,
se del pudore a scorno
annunzia carme onde a i profani piace;
35da la cui lubric’arte
saggia matrona vergognando parte.
     Orecchio ama placato
la Musa, e niente arguta, e cor gentile.
Ed io, se a me ha dato
40ordir mai su la cetra opra non vile,
non toccherò giá corda
ove la turba di sue ciance assorda.
     Ben de’ numeri miei
giudice chiedo il buon cantor, che destro
45volse a pungere i rei
di Tullio i casi; ed or, novo maestro,
a far migliori i tempi,
gii scherzi usa del Frigio e i propri esempi;
     o te, Paola, che il retto
50e il bello atta a sentir forináro i numi;
te che il piacer concetto
mostri, dolce intendendo i duo bei lumi,
onde spira calore
soavemente periglioso al core.