Quelle vaghe dolcezze, che Amor pose

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Lorenzo de' Medici

XV secolo Indice:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu Letteratura Canzone VI. Canzona fatta per Lauretta, donna di P. F. Intestazione 4 ottobre 2023 100% Da definire

Da mille parti mi saetta Amore Ch'è quel ch'io veggo dentro agli occhi belli
Questo testo fa parte della raccolta Opere (Lorenzo de' Medici)/III. Rime


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canzone vi

Canzona fatta per Lauretta, donna di P. F.


     Quelle vaghe dolcezze, che Amor pose
ne’ duo begli occhi dove ancor lui siede,
lasciando, per venirvi, il terzo cielo;
i gigli, le viole e fresche rose,
l’onesto e bel sembiante che merzede5
ascosa tien sotto il leggiadro velo,
quando costumi e pelo
dovria mutar, or ritornar mi fanno
in que’ lacci amorosi, ove giá m’ebbe
Amor, fin che l’increbbe10
di me, misero lasso, e forse or vuole
ristorar quell’affanno,
sí come a veritier signor conviensi;
e però il chiaro Sole
offerse al cor, né vuol che ad altri pensi.15
     Quanta beltá giamai fu in donna bella
posto ha in costei, ed in me quanto amore
portar si puote a sí leggiadra cosa.
Né fiamma arse giamai, sí come quella
ch’arde e consuma il fortunato core,20
qual lieto al foco si quieta e posa.
Quella vita amorosa,
la qual mi fece un tempo odiar me stesso,
ritornar sento, ma cangiato ha sorte;
ché piú felice morte25
sí dolce mi parria, che vita, allora
che stando al mio ben presso
né pene sento, né dolore alcuno.
Sol mi dolgo quell’ora
che l’occhio è del suo ben privo e digiuno.30

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     Quanto appaga il mio cor quella valletta
ove o per maraviglia spesso viene
il sole a starsi, o come Amor lo tira!
Quanto contenta l’alma mia un’auretta,
la qual empie il mio cor d’accesa spene35
sí dolcemente, e sí suave spira,
che la tempesta e l’ira
del mare acqueteria, qualor piú freme!
L’onda, piú chiara che cristallo od ambra
della felice Zambra,40
col dolce mormorio talor m’allieta,
e talor dolce geme,
e piange e ride, e come il mio cor face.
L’ire e li sdegni acqueta
per questo Amor, ond’io ho tanta pace.45
     E ben credo sare’, come giá fue,
verso il mio cor, e la sua crudeltate
dimosterrebbe per antica usanza;
se non che lei con le parole sue
lo muove aver di me maggior pietate,50
la cui bellezza le sue forze avanza;
e giá tanta possanza
Amor gli ha dato, che non sol me sforza,
ma lui di tanta maraviglia ha cinto,
che al fin se stesso ha vinto.55
Veggo or per pruova che ogni gran potenza
è sotto maggior forza:
ella me vinse e lei vittrice Amore;
né poi fe’ resistenza
Amore alla sua forza e al suo valore.60
     Come in su be’ crin d’òr verde ghirlanda
fa l’òr parer piú chiaro e piú lucente,
e l’auree chiome il verde assai piú snello,
cosí quella pietá che al cor li manda
Amor, fa sua beltá piú eccellente65
e piú grata pietá l’aspetto bello;

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ché l’un per l’altro è quello
che fa ciascun per sé piú caro e degno:
perché val poco alfin quella pietate
dove non è beltate;70
beltá senza pietate è viva morte,
e passa ogni altro sdegno
quel ben ch’altri disia, se n’è disiunto.
Pietá, beltá consorte
Amor ha in lei e la Natura aggiunto.75
     Questa congiunzione una armonia
sí dolce fa, ch’ogni altro dolce passa:
né il dolor sol, ma il cor metto in oblio.
Queste eccellenzie della donna mia
fan lieta l’alma allor quand’è piú lassa,80
ché gran contento segue il gran disio.
Amor, poi che sí pio
sei verso me, per qual cagion avvenga,
di sí felice sorte io ti ringrazio:
temo sol che lo spazio85
del viver sia, piú ch’io non vorrei, brieve,
e ’l troppo dolce spenga
per morte in me del mio ben la radice;
ma non mi parrá grieve
il fin però, morendo sí felice.90
     Canzona, in quella valle
andrai, dov’è il mio cor, ch’è sempre aprica,
sopra il fresco ruscello:
lí ti dimorerai lieta e soletta;
fa’ parola non dica:95
statti ove spira una gentil auretta.