Ricostruire l'Italia con architettura futurista Sant'Elia/Settima sintesi
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Settima sintesi
LA CITTA’ TRAPASSATA
Ora verde-scura che sa di pomeriggio piovoso e di crepuscolo in un cimitero di città terremotata.
Nel fondo, al centro, la facciata di un vecchio palazzo cadente con un grande orologio rosa (3 metri di diametro) che cammina in senso inverso. Sotto l’orologio il portone chiuso ostruito da pietrame. A due metri a destra del portone una piccola porta chiusa con grande maniglia di ottone brillante, visibilissima.
Dall’altra parte del portone è sospesa la solita cassetta per imbucare le lettere.
A destra dello spettatore la Basilica in parte rovinata, in parte minata da lunghi crepacci. A sinistra dello spettatore Vasto, Alata e Furr incatenate statue vive sui loro tre pezzi di muro. Vasto ha il torso nudo. Alata è inguainata da un mantello nero da cui emerge il viso bianco. Furr, che occupa il primo piano vicino alla ribalta, sembra il più vivo dei tre nell’atto di fare sforzi dolorosi per rompere le induritissime catene vegetali che trattengono la sua mano destra. La sua mano sinistra stringe un proiettore spento. Tra la statua viva di Vasto e il palazzo si sprofonda una strada crepuscolare.Furr
Guardando quell’orologio e passando dalle 12 alle 11, alle 10, alle 9 ho indubbiamente fatto un certo cammino nel passato. Sono giunto alla distruzione della bella città Sant’Elia. Fu sei anni fa, o tre anni fa? Per quanto tempo ancora rimarremmo qui incatenati? Vi sono però degli avvertimenti misteriosi nell’aria.
Alata
in sogno:
Slancio! Altaluce! Dove siete? Ho sognato il dolce peso dei vostri teneri corpi nel mio ventre... Tu, caro Slancio, coll’impeto selvaggio delle tue gambine mi stracciavi i fianchi! Tu, Altaluce, salivi, salivi, stringendomi il cuore come un’enorme calda lagrima! Vi benedico, vi benedico. Vi sento belli, tanto belli nel mio cuore, ma così lontani... Perché non venite a vedermi? Parlami tu, Slancio, dell’ultima vostra ora eroica. So quello che avete fatto per salvare i piani della città Sant’Elia. Tu, cara, bella Altaluce, hai tenuto stretto sul cuore il piano d’oro e lo hai difeso coi morsi! Alla ribollente e torbida folla dei Mollenti che offrivan la vita, tu urlasti: «Non li avrete! Debbo portarli a Dio. Non sono fatti per voi i piani della città.» Brava, Altaluce! Ma vieni, figlia mia. Ecco, sento il tuo fiato nel vento; è la tua gota sinistra che sfiora la mia? Sono i tuoi capelli? Dimmi, dimmi! Ma dove siete? Quale Dio vi ha raccolti? Forse il bianco Nazzareno? Vedete la sua seducente figura che viaggia nei cielo colle naviganti, azzurre colline di Galilea, molli delle lagrime di Maddalena? E il tramonto insanguinato del Golgota, e le nuvole curve come madri attente, tutte ferite di rosso? Avete bevuto la povera acqua del Giordano, lacerata e preziosa tra i sassi? Siete invece nel seno del Dio astratto, assoluto, Spiegazione totale, Dissetante eterno, Ardore continuo, Generosità inesauribile? O forse correte sulle immense pianure d’acciaio nelle piatte mani aperte del Dio di Furr, il Dio della Velocità?
Furr
Un anno fa i gabbiani venivano a divertirmi beccando i miei pensieri sulla mia fronte. Ora sono morti dopoché Mollazzon mi ha fatto spalmare la testa di un veleno per gli uccelli. I Mollenti odiano gli uccelli e le loro ali. Il mare è fuggito lontano e nel porto insabbiato sono morte anche le navi. Da che il sole maledetto dai Mollenti incominciò a evitare questa città, sparì anche la luna che essi tanto amavano, cosicché Mollazzon pensò di regalarmi questo proiettore con cui devo fingere gli effetti lunari. Hanno avuto bisogno della forza elettrica dei miei nervi per nutrire di lunghi raggi lunari le loro nostalgie. Ma non passa mai nessuno. A che vale accenderlo? Non vi sono più battesimi, e nessuno accorgendosi più di morire, si fa a meno dei funerali e dei preti. E intanto le erbe salgono e mi stringono ai fianchi. Mi sono liberato il braccio destro, per fortuna. Il nodo che stringe il braccio sinistro non cede però. L’altra notte col destro ho manovrato il proiettore in modo da guidare in cielo un dirigibile smarrito. L’equipaggio mi ha lanciato una corda che io ghermii a volo, ma ad un tratto mi urlarono di mollare, e dovetti mollare. Evidentemente avevano sentito salire l’odore pestilenziale della città trapassata e sono fuggiti. Incomincia a piovere. Accenderò il proiettore più tardi.
1° Portalettere
appare all’angolo del palazzo, vi si ferma un attimo, poi corre a rifugiarsi sotto le sporgenze del rozzo piedistallo di Furr:
E’ proibito correre e le mie gambe non sanno più correre, ma io non voglio lasciarmi inzuppare da questa maledetta pioggia futurista. Unico segno di vita nella città
37 trapassata! Pioggia breve però; non lava e non sveglia. S’alza subito il vento e spazza le nuvole ed eccoci di nuovo col sereno... Ora scende la cenere... Viene dal vulcano Fufutur. Ogni sera cosí... (Sta un minuto ad ascoltare attentamente un rumore indistinto che esce dalla basilica.) Mi sembrava di udire l’anima del vecchio organo, ma è morto, veramente morto. (Si siede. Rimane un istante assorto, poi scatta, volta la testa, mentre appare il 2° Portalettere all’angolo del palazzo.) Anche voi qui?
2° Portalettere
Si, vengo a dividere il vostro lavoro. Nei quartieri orientali della città non ci sono più lettere da sei mesi. Portate ancora l’uniforme.
1° Portalettere
Vecchia uniforme colore della città trapassata.
2° Portalettere
Qui siamo nel giardino del parroco. Com’è ridotto! Era una primavera in miniatura. Camerus, peschi, mandorli. Qui c’era la statuetta di terracotta, li la collinetta col boschetto d’acacie. Quante volte vi ho ascoltato l’usignolo che vinceva il cinguettio dei passeri merlettando di ironie volubili la luce dolce dei pomeriggi. Sotto l’usignolo vi era sempre un gatto nero e una gatta pezzata di rosso e di nero, in agguato, con calcolo e pazienza. Il maschio nero ogni tanto fiutava la femmina, poi ripigliava la sua caccia prudentissima. Talvolta una lucertola senza coda appariva sul muretto di cinta. Un’altra lucertola con la coda la raggiungeva e senza invidia continuavano la via insieme. A pochi metri più in là sul muretto vi era sempre un loggione distratto di passeri goliardi, beffati da altri passeri sul filo del telegrafo ora spezzato. La sorella del parroco, quella zitellona nera, passava la giornata china come una croce spezzata in due a coltivare e torturare le rose. Ma le rose non amavano le sue mani nere e morivano tutte. Al di là del muretto il polverone degli autocarri! In fondo si stava peggio allora, poiché la nostra vita provinciale era una spezzatura di grande città. Tra la morte e la vita. Ora siamo invece in piena morte, e pace. Questo pezzo di muro qui apparteneva al ristorante del professore. Te lo ricordi? Baffi e barbetta bianchi, tic nervoso creati dallo stillicidio della roccia umida. Entrava dicendo: «E’ domenica. Chi vincerà? Bologna o Genova?» E vecchio cameriere, in marsina, macchie di unto, rispondeva: «Bologna! Bologna! Muscoli d’acciaio!» Mentre la moglie del padrone grassa, avara, piena di ciondoli, riempiva con le sue mammelle il tiretto aperto della cassa.
1° Portalettere
Ora la Basilica comincia a far paura. Senti?
2° Portalettere
Oh! Io me ne intendo. Questo rumore viene dalla lima dei vetrai Gamalieni che riprendono il loro lavoro di restauro del rosone solare. Vieni, te li farò vedere. (Guida il compagno verso una breccia del muro della basilica.) Hanno mani di diamante verde. Lavorano sotto il pilastro di nordovest. L’ultima volta che visitai la basilica con Kira, l’elettricista — che terrore!... — stava attaccando due fili di ferro. Si fermò. Cadde fulminato.
1° Portalettere
Dalla corrente?
2° Portalettere
No! Rimase fulminato dal passato!... Tre giorni dopo il campanile dell’Angiolo crollò sull’altare maggiore polverizzandolo. La navata centrale resiste ancora. E’ piena di tutto quel bestiame di granito terrorizzante. Tigri, leoni, elefantini, elafantoni, gattacci guidati da gobbi e da diavoli. I leoni torcono le mascelle sotto il peso delle colonne di Dio che scavano il loro dorso. Il pulpito ha per balaustra una siepe di santi di marmo. Dall’alto le finestre svasate colano una luce avvilita.
1° Portalettere
Che silenzio!
2° Portalettere
Una volta le donne traversavano la basilica per ripararsi dalla pioggia. Come passeri deponevano una preghiera sull’inginocchiatoio, e via. Gli uomini invece si spezzavano su una panca, sui rottami. Ora non vi sono che 5 beghine, nere, immobili, fuse col legno della panca nera. Le vedi?
1° Portalettere
Si, sembrano morte.
2° Portalettere
Più che morte! Fossili. Le candele accese sono luci perdute in fondo ad una foresta in bufera. Ora i secoli bui danno l’assalto alla Basilica. Essa non è più protetta da Cristo in croce che pende sospeso come una goccia d’infinito sull’aridità assetata del tempo. Accanto all’altare di destra c’è un funebre esercito di seggiole. Discutono, ferme. Si abbracciano, si strozzano, si accavallano. Scricchiolano frasi di questo genere: «Non si siede più nessuno! Sono finite le sedute! A che vale salire su di te per vedere se viene uno stanco? Tutti sono condannati a camminare per sempre e ci disprezzano!» Le seggiole non sentono né vedono il pulpito, pieno di gesti tortuosi e di lunghe parole che navigano verso i ceri come verso fari. Kira, l’elettricista, pochi minuti prima di cadere fulminato mi disse: «Il rosone di vetri bianchi è il fresco radiatore dell’automobile di Dio!» Non compresi queste parole, ma credo che sia stato ucciso per averle pronunciate. Nel mese marinaio al crepuscolo la Basilica diventava, il bagno delle mussulmane accaldate. Dopo la pioggia il sole tramontante tagliava a fette il torrone rossastro della cupola. Un triangolo di sole rimaneva attaccato al campanile, sole ritardatario che le pazze rondini zittivano senza fine.
1° Portalettere
Abbiamo meno lavoro, oggi.
2° Portalettere
Quanto basta per divertirci.
1° Portalettere
Cosa intendi dire?
2° Portalettere
Intendo dire che io mi diverto a palpare le lettere che porto nella borsa. Alcune si aprono subito, altre sono già aperte. Le lettere, per quanto insincere, rivelano sempre l’anima degli uomini, e specialmente i loro amori.
1° Portalettere
Non hai mai amato?
2° Portalettere
1° Portalettere
Si dice che sopprimeranno anche la posta, per favorire le comunicazioni invisibili delle anime.
2° Portalettere
Ci fermeremo allora e ci lasceremo crescere le erbe sulle gambe. Ieri Mollazzon ha proibito la vendita del fieno, e questa notte l’ultimo cavallo è morto con un lungo nitrito. Il suo padrone agonizza dal dolore. Ho letto poco fa la lettera in cui racconta ad un amico la morte della sua bestia adorata.
1° Portalettere
Ascolta. Riprende il brusio nella Basilica.
Vif- Glin
appare all’angolo del palazzo travestita da vecchia mendicante fingendosi curva e stanca sotto dei cenci grigi che male nascondono una veste scarlatta e una rossa lampadina elettrica:
Non sono i vetrai che lavorano, né le anime dei morti. Sono topi vivi. I toponi che seguivano le armate in guerra ed ora, in mancanza di cadaveri, affamatissimi mangiano le vecchie mura vetrose e biscottate della Basilica.
1° Portalettere
E tu cosa mangi? Chi ti fa la carità?
Vif- Glin
1° Portalettere
Ed hai una stella nascosta sotto i cenci?
Vif- Glin
scartando pudica il gesto investigatore del 1° Portalettere:
E’ il mio fuocherello portatile. Non toccatemi. Via, brutaloni!
2° Portalettere
Hai una veste rossa, e di bella stoffa ricca.
Vif- Glin
Sono una povera dama decaduta. (Esagerando la finta vecchiezza della voce) E tutta in brandelli. (Lungo silenzio) Non posseggo che questo cofano.
1°Portalettere
Contiene delle lettere?
Vif- Glin
No. Sono ninnoli e poveri ricordi!
1° Portalettere
D’amore?
Vif- Glin
Lo chiamavano cosí. Sono piccoli doni d’amici cari.
1° Portalettere
Amici morti?
Vif- Glin
1° Portalettere
Da chi?
Vif- Glin
Dalla lentezza o dall’esiguità. Ho anche degli amuleti. I competenti li dicono preziosi. Io non me n’intendo. Avrei fatto bene a buttarli nella laguna, non separarmene. Fu una debolezza. Avevo anche molti telegrammi d’amore. Me ne sono servita per accendere un misero fuoco in quella gelata soffitta di Mosca... Trenta gradi sotto zero e un poeta menscevico invertito da convertire all’amore normale in un’ora, prima della sua esecuzione capitale. Finì per amarmi, e morì. Ecco un suo ricordo. Questo cofano contiene venti amori veloci. Ognuno durò sei mesi. Ma l’intensità faceva si che ogni giorno valesse cento anni. Queste cosette mi sono care, ma sono disposta a cedervele a prezzo buono. Tanto non potrei portarle in aeroplano. Preferisco imporre all’aviatore il mio radiotelefono.
1° Portalettere
Possiedi un radiotelefono?
Vif- Glin
L’ultimo. Un capolavoro. L’ho nascosto.
1° Portalettere
Vendimelo.
Vif- Glin
Mai! Ad ogni modo acquistate prima il cofanetto, poi parleremo del resto. Guardate bene. Questo è un ricordo del celebre Vasto. Questo mi fu donato da Furr! Potete rivenderli a caro prezzo.
1° Portalettere
Vif- Glin
Ad uno storico.
1° Portalettere
Non esistono più storici poiché la storia è morta.
Vif- Glin
Rivendeteli a dei nostalgici.
1° Portalettere
Ogni nostalgico ormai sa fabbricarsi ricordi falsi. Per chi ci prendi?
Vif- Glin
Per antiquari.
1° Portalettere
Macché! Noi siamo portalettere.
Vif- Glin
Il portalettere come il mercante di antichità è un intermediario. L’intermediario d’amore lodato da Socrate! Non amo le lettere d’amore, tristi surrogati!
1° Portalettere
afferra Vif-Glin per i cenci con furia e angoscia:
Vendimi il radiotelefono. Se me lo vendi ti comprerò il cofano... a caro prezzo.
Vif- Glin
No! No! No! No!
Sì libera corre verso l’angolo del palazzo e scompare.
2° Portalettere
Perché desideri tanto il radiotelefono. Non hai né voce né parole da telefonare. Cosa ne vuoi fare?
1° Portalettere
Niente. Un’idea. Ssst! Viene qualcuno.
Si nascondono in una delle guglie buie della Basilica.
Il padre
spunta fuori dal rozzo piedistallo di Furr, seguito da suo figlio:
Cosa fai?
Il figlio
avvicinandosi al muro del palazzo e toccandolo:
Sfioro il muro della mia adorata.
Il padre
Ai miei tempi si saliva, si baciava, si prendeva la propria donna. Ora invece...
Il figlio
Credi, è meglio, è più dolce. Ora toccherò la maniglia.
Il padre
Cosa fai ora?
Il figlio
Sono dieci giorni che non mi tolgo questo guanto. Ecco nuda la mia mano, vibrante come una foglia di sensitiva. Ne ho raffinata l’epidermide con unguenti speciali. I cinque polpastrelli contengono tutto il mio amore concentrato. Le unghie sono cinque desideri pazzi cristallizzati. Con questa mano posso veramente toccare e possedere questa maniglia della sua porta! Lei, lei, quando verrà e toccherà questa maniglia, vi troverà dentro tutto il furore rovente del mio cuore. Speriamo che non tardi troppo e che l’aria della notte non rapisca il mio, amore fissato cosí.
Il padre
sempre più agitato e tremante mentre segue le operazioni misteriose di suo figlio:
Cosa fai ora?
Il figlio
davanti alla cassetta delle lettere:
Introduco la mia lettera, quella scritta in venti notti. Vi ho spremuto dentro tutta la mia gioventù. Quando lei uscirà, fremerà di piacere nel sentire il mio ardore nella maniglia. Sarà quello il nostro primo bacio. Poi introdurrà la sua lettera nella cassetta, e la sua lettera calda come il suo corpo cadrà sulla mia e le due lettere si sposeranno voluttuosamente (Singhiozzo) Ah! Se la potessi vedere! Ah! Se venisse!
Il padre
angosciosamente:
Cosa faresti?
Il figlio
mostrando al padre un piccolo specchio antico:
Senza che se n’accorga, comprendi? Si, senza che se ne accorga, io avvicinerei questo specchio al suo viso divino. Poi fuggirei portando i suoi occhi maravigliosi imprigionati nello specchio! E questo lo chiuderei nel cofano di bronzo per sempre! Che gioia! Certo il mio cuore non potrebbe reggere ad una così grande emozione.
Il figlio si volta, ripassa davanti al portone, sfiora la maniglia della piccola porta e scantona dietro il palazzo.
Il padre
seguendolo:
Figlio mio, figlio mio!
1° Portalettere
Ecco, ora ripiomba sulla città trapassata il Dio crudele delle solitudini.
2° Portalettere
Quando lei uscirà da casa avrà certamente nelle mani una lettera. Dopo apriremo la cassetta e le leggeremo tutte e due... Fra poco, quando si alzerà la luna.
1° Portalettere
Lei esce sola?
2° Portalettere
Sempre con la madre. Non alza mai la faccia velata. Intanto possiamo divertirci un poco con il suo cuore tenero, forse troppo tenero.
1° Portalettere
Perché troppo tenero?
2° Portalettere
1° Portalettere
Ma tu scherzi! Lei infedele, in questa città? E con chi?
2° Portalettere
Si, si, la famosa lei è infedele, e te lo dimostrerò. (Frugando nella sua borsa) Non questa. Questa è la lettera di un’altra infedele. Un caso meno interessante. Te lo narrerò dopo. Ecco, la lettera di lei, la lettera che contiene il tradimento... Vedi? Lei abita lassù. Quella finestra illuminata più tardi si spegnerà. Allora il profilo della torretta coprirà la luna. A poco a poco la luna poi si inquadrerà nell’ultima ogiva rotta. (Mostrando la lettera al primo portalettere) Vedi? E’ aperta. Non ho mai bisogno di forzare le buste delle lettere di lei. Non ha la forza di chiuderle, tanto è illanguidita d’amore, tanto aspetta con angoscia il suo amante.
1° Portalettere
Il giovane che abbiamo visto poco fa?
2° Portalettere
1° Portalettere
Dunque lei scrive ad un morto?
2° Portalettere
Si, in questa città molte donne scrivono ai morti. Nel quartiere azzurro, su venti case diciotto sono abitate... da morti... Questo brusio sono i loro amori bisbigliati che rinforzano appena il tessuto del silenzio.
1° Portalettere
Ma lei fu dunque un tempo l’amante di questo morto?
2° Portalettere
Macché! Questo morto non è mai esistito.
1° Portalettere
Come? Non comprendo più nulla.
2° Portalettere
Sono vent’anni che la casa alla quale lei indirizza queste lettere d’amore è vuota. (Furr accende il suo proiettore e lo punta sui due portalettere.) Ascolta il seguito. Questo raggio di luna viene a proposito: «Caro, caro, ti ho creato con la mia soave fede amorosa. Gli esseri volgari pretendono che tu non sei mai esistito. Eppure ogni sera ti sento, ogni sera ti godo, ogni sera ti bevo quando esci fuor del guscio della tua casa nera come un succoso frutto bianco. Ho plasmato il tuo corpo con le mie mani rubando la carne serica di bella magnolia della luna». Ssst! Ecco lei! Si è spostata La maniglia. La vedi brillare e muoversi lentamente? Nascondiamoci.
Si vede aprirsi la piccola porta e uscirne due donne, una anziana e
una giovane, vestite di nero. La più giovane elegante e snella si avvicina alla cassetta delle lettere e vi imbuca una lettera. Dopodiché, seguita sempre dalla donna anziana, ritorna alla piccola porta, l’apre e scompaiono tutte e due.
1° Portalettere
Dopo avere spiato col 1° Portalettere, ritti tutti e due in una piega buia della Basilica:
Sarà una lettera al vivo o al morto?
2° Portalettere
Credo al vivo. Ora vedremo. (Lungo silenzio) Io in fondo non amo tutto ciò. Sono brutte pazzie.
1° Portalettere
Perché?
2° Portalettere
Sí, sí me n’intendo io. Ho scritto anch’io molte lettere.
1° Portalettere
Tu?
2° Portalettere
Si, si, e ne scrivo ogni giorno tante... a tante donne.
1° Portalettere
Vive?
2° Portalettere
Si, vive.
1° Portalettere
2° Portalettere
No.
1° Portalettere
Ascolta.
Un rumore li fa rientrare nella piega buia della Basilica. Si muove la maniglia lucente della piccola porta. Esce la giovane donna vestita di nero che s’avanza lentamente e appena giunta sull’orlo del raggio lunare del proiettore alza il velo e offre il suo viso bianco all’amante immaginario. Poi, bruscamente come scoperta in flagrante, riabbassa il velo, si volta e corre alla maniglia. Apre e scompare.
2° Portalettere
Hai visto il tradimento? Si, si, io odio odio odio queste lettere che giungono a destinazione dei vivi e dei morti.
1° Portalettere
Un’idea!
Va sotto la cassetta, apre la sua borsa, ne estrae un pacco di lettere, le accende con un fiammifero e le introduce vampanti nella cassetta. Questa fiata un bagliore roseo che si spegne.
2° Portalettere
Non bruceranno. Nella città trapassata tutto è umido e gelato.
Un russatore
spettatore, preparato a questo scopo, comincia a russare ritmicamente dopo alcune manifestazioni di beatitudine fisica:
1° Portalettere
irritato:
Non si può continuare! La finisca di russare. Mi faccia il piacere, lei della seconda poltrona, lo svegli, lo scuota!
Il russatore
scosso dai suoi due vicini:
Per Iddio, non si può neanche dormire!
2° Portalettere
irritatissimo, alla ribalta:
C’interrompete! Ci offendete!
Il russatore
con calma:
Nessun ordinamento della polizia vieta di dormire a teatro. Del resto, se loro non avessero tanto insistito in questa propaganda sentimentale, io non mi sarei addormentato.
1° Portalettere
Lei non ha dunque un letto a casa sua?
Il russatore
Rispetto troppo mia moglie per russare nel mio letto. Queste poltrone sono comodissime.
1° Portalettere
Il russatore
Scemo!
2° Portalettere
Se lei non tace, io l’imposto in quella cassetta.
Il russatore
Venga fuori e io le incollerò sul naso il francobollo, indispensabile.
Il Russatore esce fra il parapiglia del pubblico.
Sipario