Rivista di Cavalleria - Volume I/I/Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) I

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (I parte)

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (I parte)
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SULLE


EVOLUZIONI DELLA CAVALLERIA




CONCETTI E PROPOSTE




PREMESSA.


L’esposizione di concetti aventi attinenza coi nostri regolamenti, è questione assai delicata, potendo, da taluno, esservi data l’interpretazione di aperta o sottintesa critica ai medesimi.

Nulla però di più erroneo se tale significato si volesse applicare al presente studio, inquantochè, nessuno al par di me riconosce l’enorme progresso, realizzato nei nostri dispositivi tattici, da pochi anni a questa parte; e nessuno è altrettanto convinto, quanto lo sono io, che talune modificazioni, pur riconosciute necessarie, non possono essere attuate che in seguito ad una preventiva preparazione. Ma, appunto per ciò, tutti converranno meco che la discussione sarà sempre utile, quando valga a preparare l’ambiente a nuovi progressi ed a fornire sicura guida nelle successive trasformazioni.1

D’altronde, non v’ha chi non veda che i nostri regolamenti sono e saranno sempre perfettibili, in ragione anche [p. 6 modifica]dei progressi tecnici delle altre armi, i quali imporranno continuamente alla cavalleria la ricerca di nuove forme, atte a paralizzare i perfezionamenti delle bocche da fuoco, pena altrimenti d’essere soverchiata da esse; talchè può dirsi che: mentre l’un regolamento appare, l’attimo matura.

Promuovere adunque una calma e ragionata discussione, è lo scopo che io mi propongo collo svolgere queste mie idee, nella speranza che esse possano contribuire ad imprimere alla nostra cavalleria quella speciale caratteristica, di cui avrò campo di parlare, e che parmi le sia tanto necessaria.

Può darsi per altro che io sia in errore; in ogni modo, qualunque sia il giudizio che si voglia dare su questo mio lavoro, chieggo solo che sia esaminato nel suo spirito, nei concetti cioè che lo informano; potendo le mie parole, mio malgrado, non esprimere esattamente il mio pensiero, o dargli, per effetto di argomentazione, un’apparenza di assolutismo, che non è nelle mie intenzioni.


I.

Caratteristica essenziale per la nostra cavalleria.

Fra i diversi fattori, aventi influenza sulle evoluzioni della cavalleria, il principale è, senza dubbio, il terreno. Astrarsi da esso, nella compilazione di un regolamento di manovra per tale arma, parmi quindi sarebbe lo stesso che redigere il progetto di un fabbricato, senza preventivamente avere scandagliato il suolo su cui dovrà sorgere, o per lo meno, senza tener conto della natura di esso.

Difatti, secondochè il terreno sarà scoperto ed uniforme, oppure frastagliato e rotto, le evoluzioni della cavalleria non potranno a meno di assumere carattere diverso; inquantochè, nell’un caso potranno e dovranno avere aspetto regolare e compatto, mentre nell’altro appariranno, forzatamente, con forma meno regolare e meno rigida.

Ora, astrazione fatta dalle brughiere di Somma e dalle pianure di Pordenone, nessun teatro nostro di manovra si [p. 7 modifica]rassomiglia, neppure lontanamente, alle steppe della Russia, agli estesi campi di luppolo della Germania, od alle vaste pianure della Francia settentrionale e dell’Austria.

Modellare adunque le nostre evoluzioni su quelle delle altre potenze d’Europa, opino sarebbe dare alla nostra cavalleria un indirizzo non appropriato; giacchè non sarà su terreni che molto si avvicinano a sterminate piazze d’armi che, presso di noi, essa dovrà generalmente svolgere la propria azione, bensì su terreni coperti da svariata coltura, nonchè intersecati da fossi e da ostacoli d’ogni genere.

Dati quindi tali probabili teatri delle nostre future lotte, si comprende com’io sia fermamente convinto, occorra alla nostra cavalleria una speciale caratteristica di manovra, un’impronta cioè sua propria: di celerità e di elasticità (per scomporsi e ricomporsi celeremente), di iniziativa individuale e di spirito d’imitazione, onde ottenere un tutto che, a tempo e luogo, sappia abbandonare la compattezza e conservare l’ordine nell’apparente disordine, per superare con naturalezza e disinvoltura terreni intricati, seguendo il proprio capo senza comandi, senza perdita di tempo e sopratutto senza formare enormi allungamenti di colonne, o peggio ancora, disfacimento della massa nel periodo di avvicinamento e di preparazione per l’attacco.

Nè, a mio credere, sarà a temersi che una tale cavalleria, quando si possa far muovere od impiegare altrimenti, non sappia poi conservare la sua compattezza o non rispondere al concetto dell’azione in massa; giacchè le suddette qualità la metteranno più che mai, com’io ebbi a sperimentarlo in pratica, nelle mani del comandante; sia perchè principio di massima dev’essere di riformarsi celeremente e di mantenere la compattezza sempre quando è possibile; sia perchè sarà abituata a secondare il capo anche quando è costretta ad agire di propria iniziativa o per spirito d’imitazione.

Naturalmente, tutto ciò non potrà ottenersi fuorchè collo sviluppare nei capi in sott’ordine e negli individui, la virtù di seguire costantemente il proprio comandante e di eseguire [p. 8 modifica]per imitazione ciò che egli eseguisce, cercando di comprendere lo scopo a cui egli mira; virtù che solo si potrà svolgere e coltivare nei modi che dirò in seguito.

La speciale caratteristica suddetta dovrà poi essere maggiormente sviluppata nei nostri cavalleggeri, destinati a costituire essenzialmente la cavalleria divisionale e quindi chiamati a seguire le divisioni di fanteria nelle varie fasi del combattimento, a collegarle fra loro, a coprirne i fianchi, in terreni obbligati, i quali saranno spesso l’antitesi di quelli scoperti pianeggianti ed uniformi che suole preferire la cavalleria; non chè ad eseguire, su di essi, larghi e rapidi aggiramenti.

Anzi, saranno appunto i detti terreni che favoriranno il giuoco della cavalleria divisionale, per agire di sorpresa o per sfuggire alla micidiale potenza delle armi a fuoco moderne, potendo su di essi avanzare al coperto e piombare da vicino, sul fianco o sul tergo del nemico, quando meno egli se lo attenderà.

Inoltre, sarà soltanto con l’iniziativa, lo spirito d’imitazione, la celerità e l’elasticità, cioè colla sua speciale caratteristica, che la nostra cavalleria potrà acquistare sulle altre quella supremazia che varrà a compensarla della sproporzione numerica ed a darle un vantaggio incalcolabile; inquantochè, potrà avvalersi della natura del terreno per paralizzare le mosse dell’avversario e colpirlo dove, come e quando a lei piacerà; cercando, colla sua abilità manovriera, di trarre la cavalleria avversaria a portare la lotta, o ad accettarla, nelle condizioni ad essa sfavorevoli.


II.

Principî e norme di massima.

Riandando colla mente all’esame del passato, sarà facile a tutti il ricordare come, nei regolamenti di una volta, predominasse una grande precisione di dettagli, di movimenti regolari, di combinazioni geometriche, adatte forse alla tattica di altri tempi ed alla superficie piana di un terreno convenzionale di manovra, che appagavano l’occhio, ma che l’esperienza [p. 9 modifica]dimostrò non essere attuabili in aperta campagna e di fronte al nemico; quando cioè, per le mutate circostanze, non si ha il tempo, nè di eseguire evoluzioni artificiose, nè di trasmettere comandi complicati.

In oggi invece, il nostro codice di manovra, è d’uopo riconoscerlo, è molto sobrio di movimenti e basterebbe a convincercene l’avvertenza posta in testa al Tomo I, che dice:

«Il regolamento specifica soltanto gli ordini fondamentali e le formazioni più semplici e più frequenti. Delle altre che potessero occorrere in circostanze eccezionali non fa cenno, lasciando ai capi di applicarle quando le circostanze ne richiedano o ne consigliano l’applicazione2

Pur nondimeno, a me pare, che nell’esecuzione di tali ordini e di tali formazioni fondamentali vi siano ancora: troppe prescrizioni di dettaglio che limitano il pensiero e l’azione dei comandanti in sott’ordine, nonchè disposizioni tassative e rigide non sempre applicabili sul terreno reale di manovra e dinanzi al nemico.

Ora, il regolamento che, volta a volta, caso per caso, tutto traccia a guisa di falsariga (movimenti cioè da effettuarsi, percorso da seguirsi, andatura da usarsi, ecc.) non dubito sia ottimo per le evoluzioni di piazza d’armi, in vista della regolarità dei movimenti che vuolsi ottenere, ma non credo risponda alle esigenze vere dei nostri terreni.

Anzi, ritengo che si debba appunto attribuire a questo se, dalle altre armi, ed un poco anche presso la cavalleria stessa, si è convinti che la nostra arma non possa manovrare e combattere all’infuori delle tante volte calpestate brughiere di Somma e pianure di Pordenone o d’altri terreni simili.

Parmi adunque che, ad evitare tale falsa credenza, si debba cercare, per quanto è possibile, di non creare disposizioni tassative e rigide nell’esecuzione delle varie formazioni, che non [p. 10 modifica]siano cioè applicabili in terreno vario, sia per la ragione anzidetta, sia per non limitare le facoltà dei comandanti in sott’ordine, sia infine per lasciar loro una certa elasticità di manovra che li obblighi a dar sfogo alle loro qualità ed a convincerli che non basta sapere a memoria dei comandi e dei modi di evoluzione per possedere lo spirito dei regolamenti; come giustamente si esprime il testo francese.

Quindi, poche prescrizioni assolute, ed in loro vece: principii nettamente posti, norme di massima che indirizzino il sentimento dell’iniziativa e dell’imitazione, pel caso (da non perdersi mai di vista) di dover agire dinanzi al nemico; il tutto accoppiato ad una certa libertà di manovra, subordinata cioè alle condizioni del terreno ed allo scopo da raggiungere; perchè è vano illudersi, in quelle circostanze, il comandante non può intervenire in tutto, comandare tutto e ciascuno deve sapersi regolare da sè in modo da fare presto e bene.

Io potrò errare, ma, a mio modo di vedere, un regolamento che non sia improntato a tali concetti, non mi sembra sia fatto per sviluppare, nei comandanti in sottordine, il colpo d’occhio manovriero; inquantochè dessi attenderanno sempre l’imbeccata del comando, per agire secondo prescrizioni tassative e di nulla si preoccuperanno durante le fasi dell’azione, puntando magari nel vuoto, sol perchè non capirono o non ricevettero il comando pel cambiamento di direzione.

Un nuovo regolamento, concepito come sopra è detto, potrebbe inoltre ridursi di molto, rispetto a quello attuale; perchè, quando fosse sviluppata la scuola di plotone, base di tutte le evoluzioni, il resto potrebbe limitarsi all’accenno delle forme che possono prendere tanto lo squadrone quanto il reggimento e le unità maggiori; inquantochè, pel passaggio da una formazione ad un’altra, se non fosse comandato altrimenti, non resterebbe ai vari comandanti che portarsi, per la via più breve, nel modo più razionale ed a conveniente andatura, come sarà specificato in seguito, al posto che loro spetta.

In allora, accennate le formazioni fondamentali o di manovra, nonchè l’andatura da usarsi in presenza del nemico, il [p. 11 modifica]capo potrebbe, sul terreno della piazza d’armi, a guisa di ginnastica funzionale, dare al proprio riparto, a mezzo di movimenti elementari ed alle andature comandate, tutte le forme che vuole, senza per altro innalzare queste all’onore di veri ordini, nè quelle andature a velocità consentite nelle manovre di fronte al nemico.

Comprendo per altro che si debba andare cauti ad attuare un tale regolamento, per le difficoltà che si potrebbero incontrare, nella mancata preparazione di coloro che sono abituati ad applicare ancora alla lettera i regolamenti di concetto; non già per difetto d’intelligenza, bensì per apatia, per sottrarsi al lavorìo faticoso del pensiero, nonchè alla responsabilità che incombe in coloro che sono costretti a metterli in azione in base allo spirito che li informa.

Ma, a tale riguardo io non posso che riportare le parole del Generale Morand, citate nel rapporto del comitato francese, incaricato (nel 1882) di rivedere il regolamento per la cavalleria; parole accettate, come un vero programma, da tutti i membri e poste perciò a guisa di epigrafe in testa al nuovo regolamento. Eccole:

«Il faut réduire l’ordonnance à quelques pages, rejeter tout ce qui est inutile, et, au lieu de fausser l’esprit des officiers et de charger leur mémoire par une mauvaise étude, faire en sorte qu’ils n’appliquent leur attention que sur ce qu’il faut faire sur le champ de bataille.

«Une réforme semblable trouvera une grande contradition, je le sais; il y a tant d’officiers qui n’ont d’autre merite que celui de savoir l’ordonnance et qui se verraient avec chagrin contraints d’oublier ou de négliger la science qu’ils ont acquise avec peine.

«C’est de l’étude de la guerre, c’est de la reconnaissance du terrain, que l’officier s’occupera quand on l’aura délivré de manoeuvres oiseuses, théatrales, etc......; surtout il ne s’imaginera pas savoir quelque chose parceque sa mémoire sera chargée de formules de commandements et qu’il saura reconnaître l’inexactitude d’un guide ou réprimender l’inattention d’un chef de peloton».

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Fortunatamente, presso di noi almeno, non vi sono più, in oggi, ufficiali che non abbiano altri meriti fuorchè quelli indicati dal generale Morand; ciò non ostante, non è men vero essere necessario ancora convincere taluni che, la conoscenza e l’applicazione pura e semplice delle forme regolamentari, non costituisce che l’esecuzione di una manovra macchinale ideale e non atti di vero combattimento; e che è soltanto dalle circostanze del momento e dalla propria intelligenza che il comandante deve saper trarre la scelta delle formazioni e sapersi servire dei mezzi più acconci.

Ciò non vuol dire però che i dispositivi regolamentari siano senza scopo; al contrario, essi costituiscono i mezzi suddetti; epperciò debbonsi limitare all’accenno delle formazioni fondamentali ed ai movimenti elementari, nella guisa istessa che, nella scherma, s’insegnano i colpi e le parate e non tutte le combinazioni dei vari attacchi.

Pertanto, al di là di queste formazioni e movimenti, il comandante non deve trovare, torno a ripeterlo, che norme e principî di massima, anzichè prescrizioni categoriche; e sarà soltanto in tal modo che si potranno in allora seguire i progressi delle altre armi, senza sconvolgere tutto ad ogni momento.


III.

Ragioni delle disposizioni.

Ogni qualvolta viene pubblicato un nuovo regolamento tattico, recante varianti a quello già esistente, è raro il trovare chi ne giustifichi o ne comprenda la necessità; mentre i più gridano contro la continua innovazione, affermando che, in tal modo, nessuno sa più quello che deve fare.

Ciò deriva, in parte, dalla già detta abitudine, ancora viva qua e là, d’imparare a memoria i regolamenti di concetto e di applicarli alla lettera. La causa maggiore però di tale resistenza, devesi ricercare essenzialmente nel fatto che, la maggioranza non si dà la pena di studiare il nuovo regolamento, di confrontarlo col vecchio per afferrarne la differenza e [p. 13 modifica]portanza delle innovazioni, nonchè le ragioni del loro essere; per cui non può rimanere convinta della loro necessità in base al precetto che: ogni arresto nel perfezionamento dei nostri dispositivi tattici, in mezzo all’incessante e vorticoso progresso che ci attornia, rappresenta un vero e proprio regresso.

Di quanto sopra ebbi occasione più volte di persuadermene ed in ispecie a riguardo del nuovo regolamento di servizio in guerra che, nell’anno 1892, aboliva il duplice sistema di avanscoperta e gli squadroni di rincalzo; che diminuiva il numero di quelli esploranti; che faceva sparire il fitto velo delle pattuglie, nonchè i collegamenti ad ogni piè sospinto, le colonne fiancheggianti di cavalleria e le grosse avanguardie; che modificava la missione di queste; ed infine che sanzionava uno speciale sistema di avamposti per la nostra arma.

Tali disposizioni che, mi sia concesso accennare, vennero patrocinate da me, sin dal 1888, nel mio studio: Osservazioni e proposte sul servizio della cavalleria in guerra3, come si vede, portavano una completa trasformazione nei nostri dispositivi strategici e tattici; s’informavano cioè alla speciale caratteristica dell’arma, che non vuole lo sparpagliamento delle forze e permettevano quindi la restituzione dei nostri gloriosi stendardi, mentre da molti si domandava testè, quali erano i mutati criteri, accennati nel R. Decreto, che ne motivavano la riconsegna.

Questo dimostri sempre più quanto sia dannoso, anche per gli intelligenti, lo studio letterale dei regolamenti di manovra, inquantochè impedisce di afferrarne lo spirito e con esso le mutate modalità, rispondenti alle nuove esigenze della tattica e dell’arma; e prova pure quanto sia utile che, in apposito epilogo siano riassunte le basi, le innovazioni introdotte in ogni nuovo regolamento, nonchè le ragioni che le consigliarono.

Questo fece appunto la Francia nel pubblicare il suo nuovo regolamento sugli esercizi della cavalleria, col farvi precedere [p. 14 modifica]cioè il rapporto presentato al Ministero della Guerra dal comitato incaricato della revisione di quello già esistente; e questo io caldeggio vivamente, inquantochè, è d’uopo sempre parlare all’intelligenza degli individui, se vuolsi svegliare in essi l’assopita disanima delle cose, ed abituare ad agire non per materiale applicazione, sibbene per raziocinio, frutto della comprensività delle disposizioni.

Così facendo, le varianti testè introdotte, ad esempio, nel nostro nuovo regolamento di esercizi, sarebbero apparse come naturale conseguenza dei criteri che le presiedettero e non come un’apparente manìa di riduzione.


IV.

Descrizioni e figure.

Nella guisa istessa che la sola descrizione del terreno, fatta a mezzo di parole, non riesce a dare a colpo d’occhio la sua configurazione, così la sola descrizione dei movimenti non vale, negli esercizi e nelle evoluzioni, a rappresentarci d’un subito ed esattamente gli atti successivi e finali, nonchè il passaggio da una formazione ad un’altra.

Eppertanto, come la topografia si serve essenzialmente della rappresentazione grafica e ricorre alle memorie descrittive solo per quel tanto che non può dare il disegno, così troverei conveniente che, nei nostri regolamenti, si facesse uso delle figure su vasta scala e si limitassero le descrizioni a ciò che è puramente e semplicemente necessario ed inevitabile.

Con tale sistema oltre ad indicare celeremente, e meglio, quanto si vuole ottenere, si eviterebbero le incertezze, i dubbi che spesso lasciano anche le più minute descrizioni. Ciò è facilitato, oggidì, dalla fotografia istantanea che permette di fissare anche gli atti del movimento, motivo per cui si può trovare in essa un grande ausiliario per la riproduzione ad es. del maneggio delle armi, del volteggio, delle andature del cavallo, ecc. per dare all’istruttore un’idea esatta di quello che deve spiegare ed ottenere.

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Un regolamento così illustrato stancherebbe anche meno il lettore e sopratutto eviterebbe lo studio letterale del medesimo, lo sforzo di memoria, mentre coltiverebbe in sua vece l’intelligenza; inquantochè gli istruttori sarebbero costretti a spiegare poi con parole proprie, ciò che dev’essere eseguito.

Inoltre, costringendo questi al confronto continuato e mentale fra la figura e l’individuo, essi si eserciterebbero e si formerebbero il colpo d’occhio.

È quest’ultima una delle qualità che ha bisogno di essere in modo particolare coltivata, dappoichè tutti saranno persuasi con me che, in oggi, i nostri graduati, e mi si lasci dire anche i nostri ufficiali giovani, nulla vedono, perchè non sono abituati all’esame del dettaglio, a fissare cioè l’occhio ai più minuti particolari; ond’è che come pei marinari tutti i cavalli si rassomigliano, e viceversa pei cavalieri tutti i bastimenti sono eguali, non essendo esercitati ad osservare i dettagli degli uni e degli altri, così avviene per le particolarità del nostro mestiere.

Ora poi che siamo costretti, per le necessità dei tempi, ad improvvisare i nostri graduati, una tale qualità è più che mai necessaria di coltivare in tutti i modi, inquantochè essi non hanno campo di formarsela, come i vecchi graduati d’una volta, con il lungo servizio.

Si aggiunga poi che, nulla aiuta maggiormente la memoria che l’associazione dell’idea pensata colla cosa rappresentata, essendo questo appunto uno dei tanti artifici mnemonici a cui ricorre, come si sa, la pedagogia nella sua missione.

Del resto è cosa tanto evidente che non vale la pena di spendervi parole attorno, perchè tutti ne saranno convinti sol che pensino ad es.: che è più facile ricordare le fattezze d’un cavallo o le particolarità di un terreno, quando siano state vedute coi propri occhi, anzichè se ci vennero descritte da altri.

Con tale sistema si costringerà adunque l’individuo all’esame delle figure, si sveglierà in lui lo spirito d’analisi, e l’imagine resterà assai più tenacemente impressa nella memoria che non le parole colla semplice ed anche replicata lettura del testo.

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V.

Prescrizioni tassative e di forma.

Già dissi, parlando dei principi e delle norme di massima, a cui dovrebbe essere informato il nostro regolamento di manovra che, attualmente, parevami esistessero ancora troppe prescrizioni tassative, ed aggiungerò ora che sembrami ve ne siano anche talune di forma, le quali potrebbero forse essere eliminate con vantaggio delle evoluzioni, ed essenzialmente per dare ad esse elasticità e celerità, nonchè per sviluppare l’iniziativa e l’abilità tattica dei vari comandanti.

À giustificare il mio asserto, onde non abbia l’aspetto di una affermazione gratuita e vaga, mi sia concesso (esclusa ogni idea di saccenteria) di accennare talune di queste prescrizioni.

Incomincerò anzitutto col far rimarcare com’io non trovi giustificata la disposizione che fa formare la colonna per uno, facendo rompere prima una squadra eppoi l’altra, anzichè seguire il principio di massima di compiere l’incolonnamento simmetricamente dal centro. La colonna per uno, lo dice lo stesso regolamento, (n. 54) dev’essere usata sol quando s’incontrino passaggi tanto ristretti da non permettere l’impiego della colonna di via; ed in allora il far avanzare la colonna degli individui di destra, mentre quella di sinistra si ferma, risulta così poco naturale che all’atto pratico, è raro che gli individui vi si attengano, incolonnandosi invece successivamente ed alternativamente dalla destra e dalla sinistra.

D’altra parte il succitato sfilamento crea inconvenienti non lievi; inquantochè i cavalli di sinistra, avendo naturale tendenza a seguire quelli che loro sfilano di fianco, s’intraversano e scalciano; senza contare che, oltrepassato l’ostacolo, non si può formare la colonna per due sino a tantochè non sono sfilate tutte e due le colonne, con l’aggravante che quella di sinistra deve poi portarsi all’altezza di quella di destra, perdendo un tempo immenso. Così pure, non si può formare la colonna per quattro senza prima costituire quella per due.

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Tale disposizione non è adunque pratica e ritengo la si debba alla formalità di non volere frammischiare, alternativamente, gli individui delle squadre; mentre all’opposto io propugno che ciò debba avvenire per radicare nella mente degli individui il principio di scomporsi e ricomporsi dal centro e sul centro e non prima dalla e sulla destra e poscia dalla e sulla sinistra. D’altronde, le squadre non costituiscono delle vere unità (tantochè non hanno speciali comandanti), ma delle semplici suddivisioni del plotone senza importanza, mentre non è del pari senza importanza il rompere ed il riformarsi in un modo piuttostochè nell’altro.

Altro sacrificio alla forma parmi sia pure la disposizione che, nello spiegamento del plotone, dalla colonna di via (n. 55), senza aumento di andatura, fa avanzare la guida e lo spezzato di testa di 20 passi prima che l’uno e l’altro diminuiscano la andatura. Difatti, gli individui degli spezzati che seguono possono subito obliquare in fuori (come realmente fanno), e per portarsi al posto hanno, dinanzi a loro, lo spazio sufficiente, dovuto alla profondità a cui si trovano incolonnati. Pertanto, l’avanzata dei 20 passi (rappresentante la fronte del plotone normale di 16 file), è di troppo, e sarebbero più che bastanti quattro o cinque passi.4

Ad un eccessivo omaggio alla regolarità, ritengo debbasi pure attribuire il modo col quale si effettua la formazione dello squadrone in colonna di plotoni dalla colonna di via (n. 81), facendo cioè spiegare, all’andatura comandata, il plotone di testa, mentre gli altri plotoni prendono tale andatura a mano a mano che giungono alla distanza prescritta e si spiegano poscia al comando del loro capo.

Ma, a parte la non chiara dizione, il movimento eseguito in tal modo, non credo risponda alle esigenze di uno sbocco sul terreno di manovra, scopo che noi non dobbiamo perdere di vista. Necessita invece, in tal caso, che i singoli plotoni si [p. 18 modifica]spieghino successivamente, appena sono sboccati, ond’essere in condizione, se urge, di concorrere a fronteggiare un attacco, caricando a scaglioni; oppure di serrare sul riparto di testa, appena spiegati ed all’andatura di spiegamento, per concentrare rapidamente lo squadrone nelle mani del comandante e per lasciare libero sbocco ai plotoni successivi.

Non minore attaccamento alla forma, opino sia infine la disposizione prescrivente al riparto centrale, nel passaggio del reggimento dalla massa alla linea di colonne, di proseguire nella sua direzione mentre gli altri si spostano in fuori. Se invece, colla formazione attuale su 6 squadroni, i due centrali si scostassero entrambi, l’uno dall’altro, oltrechè il movimento si effettuerebbe più rapidamente, non avverrebbe il grave inconveniente di far trovare il comandante in situazione eccentrica e di costringerlo a spostarsi onde portarsi al centro della linea col rischio di trascinarsi seco, in questo suo spostamento, e come dovrebbe avvenire, il riparto centrale, che deve sempre seguire il comandante.

Lo stesso dicasi pel passaggio inverso, cioè dalla linea di colonne alla massa.

Ora, per principio fisso, il comandante deve tracciare la direzione d’attacco e salvochè non voglia egli cambiare questa, non deve mai spostarsi e debbono invece essere i riparti che devono regolarsi su di lui, spostandosi per prendere l’intervallo dal centro, segnato dal suo asse.

Perchè poi specificare tassativamente, in questo movimento che lo squadrone centrale deve avanzare di 80 passi all’andatura comandata, prima di diminuirla di un grado? Non sarebbe forse meglio indicare più genericamente che lo squadrone, qualunque sia la sua forza, deve avanzare di uno spazio eguale alla propria profondità? In tal modo, oltrechè si risparmierebbe tempo e percorso, quando i plotoni fossero soltanto di 12 file e gli squadroni di 3 plotoni, si otterrebbe di far ragionare i comandanti in sott’ordine, onde abituarli a manovrare celeremente e con criterio. [p. 19 modifica]

Io però, debbo confessarlo francamente, non sono partigiano della scossa creata da questo avanzare del riparto centrale, e ritengo sia dovuta anch’essa alla formalità di volere ottenere che gli squadroni giungano sulla linea, già completamente raddrizzati.

L’importante, a mio modo di vedere, si è invece che vi giungano rapidamente i plotoni di testa delle singole colonne, il raddrizzamento di queste avvenendo poi in modo naturale coll’avanzata stessa del reggimento (od anche evitato, senza spreco di tempo, nell’immediato spiegamento). Il movimento dovrebbe quindi eseguirsi sempre con andatura di un grado superiore a quella di marcia del riparto centrale e gli squadroni dovrebbero forzare, più o meno, il cambiamento di direzione, esclusivamente per dirigersi, per la via più breve, al punto in cui il riparto di testa dovrà trovarsi sulla linea, evitando i troppo marcati giri di vettura. Si provi e si vedrà che oltre ad ottenere una maggiore celerilà, si ha pure una maggiore naturalezza nell’esecuzione del movimento; perchè tutto quanto io andrò affermando in queste pagine, è bene si sappia, non costituisce della pura teorica astratta, sibbene risultati di esperienze che ottennero l’approvazione di alte autorità.

Numerosi sarebbero ancora gli esempi che potrei citare di prescrizioni tassative o facenti, secondo il mio debole parere, troppo omaggio alla forma ed alla regolarità, ma avremo campo di rilevarli nella trattazione degli altri argomenti; prescrizioni la di cui abolizione imprimerebbe, certamente, un altro aspetto alle nostre evoluzioni, ma che non parmi, farebbe perdere ai riparti l’armonia e l’ordine. Difatti, a quelle forme, a quelle prescrizioni se ne sostituirebbero altre, a mio credere, meno rigide e più confacentisi alla nostra caratteristica.

Per ora vorrei intanto, che tutti fossero persuasi, non doversi, per massima, sacrificare mai lo scopo alla forma e che non conviene adottare una prescrizione tassativa per tutti i casi, unicamente per soddisfare l’estetica delle nostre evoluzioni di piazza d’armi, le quali assumono carattere ben diverso sul terreno naturale e di fronte al nemico, e per la cui unica eventualità esse debbono essere plasmate. [p. 20 modifica]

Si miri dunque allo scopo, ed in base a questo si cerchino i mezzi i più acconci per conseguirlo celeremente e bene.


VI.

Spiegamenti e ripiegamenti.

«Lo spiegamento deve durare il meno che sia possibile. A raggiungere questo scopo, nei piccoli riparti (colonna di via nel plotone, colonna di plotoni nello squadrone) è sufficiente eseguire il movimento aumentando l’andatura; nei riparti maggiori invece, a causa della profondità della colonna, l’aumento di andatura dev’essere combinato con un rallentamento della testa» (n. 10).

Così si esprime il nostro regolamento, ed il principio non potrebbe essere più giusto, sempre quando, ben inteso, si riferisca al passaggio dalla colonna alla linea, unico caso contemplato dalla suddetta dizione, non essendovi cioè compreso in essa il vero e proprio spiegamento del reggimento dalla massa alla linea di colonne, od alla linea spiegata.

Prescindendo da questa omissione, non parmi però che il principio suddetto sia poi rispettato od affermato.

Vedemmo difatti, nel precedente paragrafo, parlando appunto della formazione della colonna di plotoni da quella di via che, anche quando i reparti si spiegavano con comandato aumento di andatura, essi dovevano però prima serrare sul precedente all’andatura di marcia ciò che rendeva illusorio tale aumento.

Inoltre, se è bensì vero che, in tutti gli spiegamenti, viene specificato doversi di solito comandare aumento di andatura (n. 54), non è per altro men vero essere del pari prescritto che, quando non è comandato questo aumento (n. 55) la guida e la frazione di testa debbono diminuirla di un grado.

Ora è l’inverso che dovrebbe sancirsi in modo assoluto, prescrivendo tassativamente cioè: che lo spiegamento dovesse effettuarsi sempre con aumento di andatura, ammenochè venisse comandato diversamente; sia perchè è questo il caso che si avvererà sempre dinanzi al nemico; sia perchè è [p. 21 modifica]necessario evitare, per quanto è possìbile, i comandi; sia perchè la cosa deve risultare come naturale onde impedire che nel trambusto del combattimento possa nascere incertezza; sia infine perchè è l’unico modo per ottenere che la truppa segua il comandante e manovri senza comandi.

Un tale principio è anche necessario per affermare la massima, sin dalla scuola di plotone, che siccome gli spiegamenti precedono l’attacco, così è conveniente abituare i riparti non solo a spiegarsi celeremente, ma ben anco a proseguire subito dopo con veloce andatura (N. 10).

In tal modo gli individui ed i riparti si abitueranno a preparare i cavalli ad essere pronti a partire, senza scosse e senza tempo di arresto, allorquando gli individui od i riparti d’ala stanno per giungere sulla linea, come appunto debbono regolarsi i vari comandanti ed esigere che lo facciano i propri dipendenti.

Eppertanto la stessa regola dovrebbe, a più forte ragione, seguirsi pel passaggio del reggimento dalla massa alla linea di colonne od alla linea spiegata, senza che lo squadrone centrale prosegua all’andatura della marcia, od a quella comandata per 80 passi (N. 139-140) per quindi diminuirla di un grado.

Comprendo che, nel modo attuale, si assicura la formazione con più apparenza, ma si ha il grave inconveniente, come ben rileva il rapporto del comitato francese, di presentare un arresto al momento in cui non vi sarebbe tempo da perdere ed allorquando sarebbe necessario conservare a tutte le truppe lo slancio; arresto che non sfuggirà all’avversario e che potrà aumentare la sua confidenza ed esaltare il suo ardore.

D’altronde, chi comanda deve avere occhio e criterio; e per agevolare lo spiegamento, egli potrà trattenere, senza fargli cangiare andatura, il riparto centrale, sino a tanto che gli altri non siano giunti sulla linea.

Anzi io vorrei di più, vorrei cioè che, per principio, gli spiegamenti che precedono l’attacco, se non è ordinato altrimenti venissero eseguiti sempre di galoppo e che, sino [p. 22 modifica]allo squadrone, i riparti fossero esercitati a spiegarsi al galoppo allungato; mentre per gli spiegamenti della colonna di via in colonna di plotoni o per l’ammassamento dovesse usarsi l’aumento di un grado di andatura col contemporaneo rallentamento della testa.

Difatti, i veri spiegamenti non si eseguiscono che allorquando si voglia attaccare; ed una volta deciso l’attacco, è duopo partire a fondo colla massima celerità, onde colpire possibilmente l’avversario in piena crisi di spiegamento, oppure nella direzione più favorevole, senza dargli tempo di parare il colpo. Dunque, lo spiegamento al trotto è un errore, inquantochè, o lo spiegamento è prematuro, oppure si corre il rischio d’esser colpiti dall’avversario come sopra è detto.

Pertanto, il galoppo è la sola andatura che si deve normalmente usare negli spiegamenti dinanzi al nemico, e non deve esservi bisogno alcuno di comandarla per farla prendere. Quando invece, per istruzione o per eccezione, vorremo servirci del trotto, allora sarà il caso d’indicarla; ma, per quanto è possibile, torno a ripeterlo, si risparmino i comandi, se vogliamo evitare confusioni, incertezze o ritardi; e sopratutto facciamo che ciascuno sappia come deve regolarsi in ogni circostanza, senza dover ricevere sempre l’imbeccata del comando.

Soltanto in questo modo si potrà ottenere di avere una cavalleria manovriera per eccellenza, inquantochè saprà imporre la propria volontà all’avversario, conservandosi sino all’ultimo momento nelle mani del proprio comandante.

Certamente tutto ciò non si può ottenere di un subito, necessitando anzitutto che i riparti siano affiatati all’uso del galoppo allungato.

Lo stesso principio dovrebbe pure presiedere ai ripiegamenti; i quali essendo imposti generalmente dal terreno, dovrebbero anch’essi durare il meno possibile, inquantochè essi rappresentano un periodo di crisi. Perciò, di massima, i ripiegamenti (come gli spiegamenti) dovrebbero sempre eseguirsi con aumento di andatura, senza comandi di sorta, salvo ad ordi[p. 23 modifica]narli diversamente, se si vorranno ottenere, in via eccezionale, in altro modo.

Da questo poi al passare all’incolonnamento coll’andatura assunta dal comandante, senza ordini e per puro spirito di imitazione, non sarà che un passo assai facile, come vedremo a suo tempo.



(Continua)

Col. D’Ottone.

Note

  1. Anzi, se mal non m’appongo, ritengo sia stata per questa considerazione che il ministero della Guerra (al quale fu trasmesso questo studio) nel parteciparmi (con foglio n. 1655 in data 10 ottobre 1896) che poteva essere pubblicato soggiungeva: che avrebbe potuto pure fornire oggetto di interessanti e proficue conferenze, per gli ufficiali dell’arma, anche per la feconda discussione cui avrebbe dato luogo.
  2. Quest’avvertenza, opinerei per altro, avrebbe posto più appropriato in testa al Tomo II, che tratta appunto degli ordini e delle formazioni, onde non vada dimenticata e confusa cogli esercizi individuali.
  3. Pubblicate poscia nel febbraio 1891.
  4. In Francia non avanzano che di 6 passi.