Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana/Desiderare - Bramare - Agognare - Anelare
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DESIDERARE - BRAMARE - AGOGNARE - ANELARE.
Desiderare è muoversi coll’appetito verso una cosa che ci piaccia coll’idea di possederla; viene dal lat. desiderare.
Bramare è aver voglia ingorda e ardente di una cosa, e questo significato metaforico scende dal naturale di brama, o bramito, che è quel cupo fremito, che le fiere mandano fuora per fame; ed ha radice remota nel greco1* βρέμω, fremere.
Agognare è struggersi, consumarsi di desiderio d’una cosa. Viene dalla voce lat.-grec. agonia2, cura mordace, ansietà, sollecitudine3. Aggiungi che i greci del basso impero, dai quali ci venne la voce, pronunziavano agogna, come pure i greci moderni4.
Anelare è travagliarsi grandemente per conseguire la cosa desiderata; e la metafora è tratta dalli aneliti dell’uomo stanco per fatica, e vien dal lat. anhelare.
I seguenti esempj tratti dai puri fonti della favella confermeranno le definizioni, e stabiliranno l’esatta differenza di questi vocaboli:
Desiderare.
»Desidero con tutto ’l cuore di riposar l’animo stanco.» Dante conv.
»Poco prezzando quel che ogn’uom desia.» Petr.
»Parendole, che secondo ’l suo disidero Domeneddio le avesse tempo mandato opportuno.» Bocc.
Bramare.
»E una lupa, che di tutte brame
»Sembrava carca per la sua magrezza.» Dante.
»Sì si starebbe un agno intra duo brame
»Di fieri lupi.» Dante.
»O maledetta e bramosa lupa, piena del vizio dell’avarizia.» G. Vill.
»Sempre immagino, che ora quinci ora quindi vengano li rapaci lupi a divorar. il mio corpo col bramoso dente.» Ovid. pist.
Quindi con bella proprietà disse Dante: » Ed ora, lasso! un gocciol d’acqua bramo» nel qual luogo dipinge il tormento dell’eterna sete col quale è punito nella decima bolgia dell’inferno l’idropico maestro Adamo falsificator di monete. Poni desidero in luogo di bramo, e togli affatto l’idea del tormento.
Agognare.
» La pecunia non sazia l’avaro, ma fallo agognare.» Albertano.
» Vitellio toccò un’accusa di maestà danneggiata, e d’impero agognato.» In quest'ultimo esempio il Davanzati colla voce agognato esprime con maggior forza ed evidenza il pensiero di Tacito:
Crimina majestatis, et cupidinem imperii.
Anelare.
» Qual dopo lunga e faticosa caccia
Tornansi mesti ed anelanti i cani.»Tasso.
»....... Come madre che soccorre
» Subito al figlio pallido ed anelo.» Dante.
» Fare atti frequenti d’amor di Dio e particolarmente d’aspirazioni, d’aneliti al sommo bene.» Segneri.
Dopo queste antorità parmi inutile il dichiarare più ampiamente la diversità dei vocaboli; ognun vede che si può desiderare con maggiore o minor appetito, che non si brama senza ingordigia, nè si agogna senza grave passione d’animo, e finalmente che anelando ad una cosa si congiunge l’atto alla desiderativa.
Parmi questo il luogo opportuno di parlare d’una differenza accidentale che s’incontra spesso ne’ nostri vocaboli della stessa natura, come desiderio, desire e desio; principe e prence; anima ed alma, e simili. Questa differenza di forma indica due periodi di tempo diversi nei progressi della nostra lingua, l’una di pura reminiscenza del latino, il quale rimase nelle intatte sue forme di desiderio, principe, anima e tanti altri ablativi dei nomi latini; l’altro d’imitazione della lingua, o per dir meglio, della poesia provenzale. La natura dei provenzali gli costrinse a fare da desiderium, desir; da princeps, prinze; da anima, alme, e queste parole adoperate dai loro poeti, che prima dei nostri tenevano il campo, s'introdussero nella poesia italiana per comodo non solo, ma per condirla di bella varietà, epperò esse accrebbero di tanto il nostro frasario poetico. La radice adunque ed il significato essendo gli stessi, non v’ha tra que’ vocaboli altra distinzione che quella dell’impiego. Ponendo mente a questa osservazione si risolveranno molte difficoltà della lingua, difficoltà che dettarono al Castelvetro le acri postille contro al Bembo: e sì che tutti e due avevan ragione, questi traendo le voci dalla loro prossima origine, cioè dal provenzale, quegli dalla remota.
DIMORA - SOGGIORNO.
L’idea della durata è la concomitante dei due vocaboli, ma in soggiorno è stretta entro certi limiti, in dimora è indefinita: soggiorno ebbe origine dal soffermarsi per un giorno in alcun luogo, e quel lepidissimo ingegno del Berni nel creare un nuovo vocabolo da contrappore a soggiornare lo trasse da notte:
» Non so dir se sonnotta, o se soggiorna.»
Dimorare è aver stanza ferma in un luogo, e soggiornare è averla per a tempo. La terra è soggiorno al cristiano, la sua dimora è il cielo; l’infelice proscritto in terra straniera fa soggiorno più o meno doloroso in questo o quel luogo, ma sospira pur sempre la sua
- Testi in cui è citato Dante Alighieri
- Testi in cui è citato Torquato Tasso
- Testi in cui è citato il testo Convivio
- Testi in cui è citato Francesco Petrarca
- Testi in cui è citato Giovanni Boccaccio
- Testi in cui è citato Giovanni Villani
- Testi in cui è citato Albertano da Brescia
- Testi in cui è citato Publio Cornelio Tacito
- Testi in cui è citato Paolo Segneri
- Testi in cui è citato Lodovico Castelvetro
- Testi in cui è citato Pietro Bembo
- Testi in cui è citato Francesco Berni
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