Secondimi bel vento

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Intestazione 28 luglio 2023 75% Da definire

Fia che altri forse Certo è che al nascer mio, non come ignoto
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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LXXVI

Quando si sorprese Agrimane, fortezza in Caramania, conquistaronsi due galere di Fenale, furono liberati duecentotrentasette Cristiani, e fatti schiavi duecentoquarantatre Turchi.

IX

Secondimi bel vento,
     Or che a’ lidi lontani
     Tra’ golfi Caramani
     L’ardita prora io giro.
     5È ver l’alto lamento
     Su l’estrane contrade?
     E le Toscane spade
     Alto colà feriro?
     Memorabile ardir! non sbigottiro
     10Dell’Ottomano Impero,
     Ove correr dovean tanto sentiero?
Ma per ogni tragitto
     Tra’ più fieri disdegni
     Potran sì nobil legni
     15Schernire ogni periglio,
     Posciachè, Cosmo invitto,
     Lor disleghi le sarte,
     E nei campi di Marte
     Sen van col tuo consiglio;
     20Tu da buon segno non rivolgi il ciglio,
     Nè tenti impresa, dove
     Contra indegni ladron non sian tue prove.
Per qual Egéo profondo
     Dunque non fian securi,
     25Se tu con lor procuri
     Sol del gran Dio l’onore?
     Dio pose in stato il mondo,
     Ei la terra corregge;
     Ed egli anco dà legge
     30Del mare al fier furore:
     Noto è per sè; pure allegriamo il core
     Con alta rimembranza,
     Certo argomento d’immortal possanza.
Chi potrà non stupire,
     35Sul pelago Eritreo

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     Allor che ’l vulgo Ebreo
     Mirabil varco aperse?
     Seppe, strano ad udire!
     Seppe il fondo asciugarsi,
     40E pur quasi arginarsi
     Per Israel sofferse;
     Ma l’empie torme a lui seguir converse
     Nell’onda appena entraro,
     Che tutte disperando il piè fermaro.
45Ove troppo orgoglioso
     Ebbe l’Egitto in grembo,
     Fiero ed orrido nembo
     Quell’oceán trascorse;
     Rimbombante spumoso
     50Tra’ gorghi intenebrati
     Di Menfi i duci armati,
     E Faraone assorse.
     Qual tuono allor d’alte querele sorse?
     Altri grida, altri geme;
     55Al fin tutti sommerge il mar che freme
Sull’Arabiche arene
     Lieto Israel sel mira,
     E l’opra eccelsa ammira,
     Ed a cantarne prende.
     60Così tra’ rischi e pene
     E tra’ villani oltraggi
     Fa lieto aspri vïaggi
     Chi Dio scôrge e difende.
     Saettator d’inferno arco non tende,
     65Che a piagar sia possente,
     Se la forza del Ciel non gliel consente.
Quinci in lieta ventura
     Vêr li campi marini
     Fur del gran Cosmo i pini
     70Alle Cilicie foci;
     E d’Agriman le mura
     Posero in ampio ardore,
     Ed alte poppe e prore
     Soggiogaro a lor voci;
     75All’apparir delle parpuree Croci
     Gittaro a terra i brandi
     Le colà più stimate anime grandi.
Certo per l’Orïente
     Durerà fresco il pianto;
     80Nè di sì nobil vanto
     Trïonferà l’obblio:
     L’esterrefatta gente,
     Che in Agriman fa nido,
     Alza funereo grido
     85Sul duolo acerbo e rio;
     Ed a’ suoi parla: Omai s’altri ha desio
     Salvarsi il patrio tetto,
     Di vile sonno non ingombri il petto.
Con navi sì spalmate
     90Eolo che avverso spiri,
     O Nettun che s’adiri,
     In van per noi contrasta;
     E d’ampie torri armate
     È vana ogni difesa
     95Là dove fa contesa
     Spada Toscana ed asta.
     Ob quale a noi di pianto, oh qual sovrasta
     Nembo d’aspre querele
     Sposti al furor dell’invincibil vele!
100Fallace uman conforto,
     Fallace; ahi lassi, quando
     Cadde il gran Ferdinando1,
     Liete fur nostre ciglia;
     Ed ecco oggi è risorto,
     105Di cui vera virtute
     Sul fior di gioventate
     A più temer consiglia.
     Arno a’ secoli nostri arma famiglia,
     Per cui dall’Asia un volo
     110Prende letizia, e l’abbandona in duolo.

Note

  1. Ferdinando I, padre di Cosmo II, morì nel 1608.