Varenna e Monte di Varenna/Appendice/Prosa e versi in lode di Varenna

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Prosa e versi in lode di Varenna

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PROSA E VERSI IN LODE DI VARENNA

Bettin da Trezzo, mediocre poeta Lombardo dal XV° secolo, è l’autore di un poemetto dal titolo Letilogia, dedicato al cardinale Ascanio Sforza1. In esso descrive la peste che fece grande strage in Milano, Pavia, Lodi e Como. Ed è appunto nel capitolo consacrato alla parte di Como che si legge un’interessante rassegna di tutti i paesi del lago.

Ecco cosa dice di Varenna, della quale ricorda, specialmente le verginiFonte/commento: 527 penitenti del suo monastero:

Mandello de l’olivo copioso;
Olzo; Alierno; et la gentil Varena
Dove per aquistar vita serena
Le Moniale han corpo silicioso.

Paolo Giovio nel suo «Lario» (traduzione di Vincenzo Becci senese) ha questa suggestiva, breve descrizione di Varenna:

«Da Bellano a coloro che vanno a Varenna, quasi in mezzo del viaggio, è il promontorio Murcà, al quale finisse il Cultonio territorio, de quel luogo li sassi spiegandosi, se mostra Varena, dalla qual terra nessuna altra ha più belli vignali nè così beata de horti, de cedri et de aranci; nello elevato lito le selve odorate verdeggiano perpetuamente, è tanto esposto al sole quel sito che li varenesi et bellanesi, quasi levata la durezza dell’inverno hanno congiunto l’autunno con la primavera».

Nel manoscritto di Paride Torriani che è del 1571 e del quale occorre sovente far menzione, leggiamo ancora: «Passato il detto ponte di pietra che sopra la Pioverna in un sol arco di pietra si rivolge per selve et boschi sotto Parlasco villa detta di sopra ed indi lontan dalla suddetta terra, si ritrova una valle detta del Portone da una gran porta anticamente ivi edificata, questa sino al presente giorno si vede et chiude la via sopra un’alta ed oscura valle, non potendosi per gli alti precipizi da niun’altra parte passare. Di sopra il detto Portone vi sono ancora le vestigia di un’alta Rocca la quale era edificata alla guardia di questo passo».

E parlando di Periodo dice: «Si discende alla bella terra di Perledo non molto lungi da Bologna, luogo assai fertile de perfetti vini, olei de [p. 380 modifica]olive, et altre comodità, quale terra è capo di tutto il monte di Varena. Partorisce il sudeto territorio soavi e delicati frutti fra i quali vi sona articiocchi, tartufi, spargi assai molto saporiti e buoni.»

E più avanti: «Ripassata di nuovo la valle di Oliveto si ritrova al basso, appresso al lago una bella pianura di fruttifere viti, naranzi, allori et olive con molte altre sorte di frutti et quivi sono li confini di Valsassina con quelli di Varena et quivi si vede ancora una bella fortezza, e sotto questa, passato il fiume di Oliveto comincia il lago di questa valle che tiene il suolo e rivaggio nella sudetta pianura di Olivedo».

Ha anche scritto su Varenna Sigismondo Boldoni, ma di esso abbiamo già parlato nel XVII° secolo2.

Luigi Rusca nella sua Descritione del contado di Como e Vescovado (Piacenza 1629) così parla di Varenna:

«Et è vicino a Varenna terra aquistata à Venetiani insieme con la Valsasina, Belano e altre terre confinanti del lago di Como, dal Carmagnola, capitano della detta Repubblica, il quale poi fu decapitato fra le due colonne in piazza S. Marco il 22 aprile del 1433.... È posta Varena fra sassi e greppi che percossi da raggi del sole riverberano un gran calore nel tempo dell’estate si come è poi causa che al verno vi sia primavera, mantenendosi sempre fiori e boschi di cedri, mortella, olive e allori sì che Varena si può dire senza verno. Et perchè sono da venti molte volte percossi ancora, come quelli che sono in faccia a tutti i tre rami del lago, si può dire che Varena sia simile alla patria di Ulisse Itaca, della quale Virgilio disse nel III° dell’Eneide:

«Effugimus scopulos Ithacae».

L’abate Francesco Venini, amico di Volta, dedicava a Don Antonio Canarisi una descrizione in versi del suo soggiorno in Varenna, nell’inverno del 1789. Di questi suoi bei versi ne riportiamo quì alcuni:

Se tu brami saper, diletto Antonio
Ove di questa rea stagione ai rigidi
Giorni fo mia dimora; io con stil garrulo
Non ricuso del loco a te descrivere
E forma e sito. Dove il nostro Lario
Tripartito in catin più vasto allargasi
Di durissimo scoglio sull’immobile
Base fondarsi, e di giardini pensili
Con teatral si vede aspetto sorgere

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Stanza ch’io sempre amai, mio dolce e patrio
Nido, ove forse a me nascente Apolline
Con serena degnò fronte sorridere.
Dell’aprica Varenna il borgo picciolo;
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Qui vario e ameno a lei s’apre e vastissimo
Di chiare acque prospetto, di pampinei
Colli, di curvi lidi, e ville candide
E d’alti monti, che il bel lago cerchiano
Scendono di questo insino al Margo in vari
Pian degradando i miei giardini, e vestono
Di limon verdi le pareti altissime,
Che l’albero e il gentil frutto dai rabidi
Morsi del vento aquilonar difendono».


Sul monastero di Varenna ha scritto il parroco di San Giovanni alla Castagna (vicino a Lecco) Don Antonio Invernizzi.

Il libro ha per titolo: «Del monastero di Varenna, di quelli fuori delle mura di Lecco e del soppresso di Castello».

Ha pure scritto sul monastero di Varenna Antonio Balbiani. La sua pubblicazione ha per titolo: «Il Monastero di Varenna».

Stendhal nella sua «Chartreuse de Parme» a pag. 24 così parla del centro lago:

«..... et le hardi promontoire qui sépare les deux branches du lac, celle de Come, si voluptuenseFonte/commento: 527 et celle qui court vers Lecco, plein de sévérité; aspect sublime et gracieux, que le site le plus renommé du monde, la baie de Naples, égale, mais ne surpasse point.....

Su Varenna ha scritto anche il poeta Berchet3:

Torna meco, ritorna alle fragranze
Di che superbo è il lido a cui l’eterno
Aloe fiorito e cento alberi eletti
In don la profumata india concesse.
Nè le rigide brezze annunciatrici
Del verno mai qui sentirem; nè fia.
Che impetuoso ne’ suoi soffi algenti
Qui mai Borea ne avvolga e ne prosterni.

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Ben la canuta bruma a te d’intorno
Fa di pruine e ghiacci una corona,
Ma primavera i tuoi prati, o Varenna,
Sparge di fiori sempiterni e ride.


Cesare Cantù nella sua Lombardia pittoresca (Milano - Ubiscini 1838) parla di Varenna in questi termini:


«..... ebbene eccovi i campi a cui la ricca coltura fe’ dare il nome di Cultonio, eccovi questa punta sporgente, come per dare asilo alle navi che il vento tempesta, e che dal nome del sovrastante villaggio chiamano Riva di Gitana. L’ulivo colle bianche lucenti sue fogliuzze l’accenna lontano e il barcaiolo allorchè nella notte discerne il biancheggiare di quella cappella, sospende un tratto il battere della voga e saluta con devota preghiera la stella dei naviganti. Uscito poi sul lido non la dimentica, e quivi ritorna con frequenza devoto conducendovi la donna ed i figlioletti che colti i pamporcini e le margheritine onde tutto è smaltato il verde di questa china, offrono puro omaggio alla Madre del bell’amore».


Paolo Fumeo nell’ode «Il Bardo del Lario» parla di Varenna, ma i suoi versi vennero già da noi citati a pagina 19.


Stralciamo qualche brano da una guida in lingua francese pubblicata a Milano nel 1830:


«De Bellano on passe à Varenna: on voit en passant des terrains très fertiles et bien cultivés sur les côtes, ils portent le nom de Cultonio. On voit aussi du côté du lac les grandes carrières de marbre, qui continuent jusqu’au dessus du village de Varena. Les couches de ces marbres sont inclinées; dans quelques endroits elles sont même presque perpendiculaires, c’est à cause de cela que l’exploitation en est quelquefois très difficile, et que les onvriers sont forcés de s’accrocher aux rochers, ou de se tenir suspendus à des échelles qu’ on descend à l’aide des cords du hant de la montagne. Les marbres noirs sont très souvent vénésFonte/commento: 527 de blanc, Plus haut on tronve de la lumachelle et de ce marbre à zones concentriques, qu’on nomme occhiadino par la ressemblace que ses cercles out avec les yeux. Les onvriers en marbre sont assez nombreusx dans ce village, on y voit non seulement les marbres differens qui sortent de ces carrières mais aussi plusieurs blocs et échantillons très beanx que l’on tire des lits des rivières et des torrens, on leur donne le nom de trovanti. Le village est assez considérable et très ancien. Le climat est très doux; le citronniers, les orangers, les oliviers y végétent [p. 383 modifica]vigourensement, l’agave americana à la quelle le vulgaire donne le nom de aloe y croit spontanée entre les rochers. Vandelli annonce d’y avoir trouvée la melia azeolerach plante de la Syrie.

J. Walter Wert ha scritto i seguenti versi su Varenna:

From orchards of silver the wryneck
               is calling
Is calling his mate, who is now overdue;
From the high campanile mid cypresses
                         soaring
The bells of Varenna ring out through
                          the blue.

Oh bells of Varenna continue your ringing;
The leaves are not stirring, the breeze
                 has gone douwn;
you alone are of the silver sweet bells
                       of Varenna
The silvery olives have darkened
                     to brown

The bells have ceased ringing and silence has fallen
Upon the grey roofs of the little old town
But far o’er the water the boatmen are singing
To their labouring oars they ply up and down.

The voice of the oarsman in far away echoes,
Has fainted and died in the shadow blue
But still from the olives the wryneck calling
Is calling his mate who is now overdue.

Richard Bagot nel suo libro: The lakes of Northern Italy, racconta fra l’altro che le campane di Varenna hanno un gradevole suono musicale perchè all’atto della fusione vi si mescolò dell’argento. Questa diceria è ripetuta anche da altri scrittori inglesi.

Tennyson mentre dalla terrazza dell’Albergo Reale di Varenna contempla la torre di Vezio illuminata dalla luna, improvvisa i seguenti versi:

Like ballad burthen music kept.
. . . . As on the Lariano crept
To that fair port, below the castle
Of Queen Theodolind, where we slept;
Or hardly slept, but watsched awake
A cypress in the moonlight shake,
The moonlight touching o’ er a terrace
One tall agave above the lake».

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Longfellow nei Poems of places ha un poemetto intitolato «Cadenabbia» dal quale stralciamo i seguenti versi:

And dimly seen, a tangled mass
Of Walls and woods of light and shade
Stands beckoning up the Stelvio pass
Varenna, with its white cascade
I ask myself is this a dream?
Will it all vanish into air?
Is there a land of such supreme
And perfect beauty anywhere!
Sweet vision! Do not fade away;
Linger until my heart shall take
Into itself the Summer day
And all the beauty of the lake4.

Anche recentemente Iohn L. Stoddard, un altro inglese, parla delle bellezze di Varenna5.

Jean Carlyle Graham in un suo album dedicato all’Italia redenta ha pubblicato la seguente poesia su Varenna6:

Who that looks on these tawny hills
     Cradling calm day new-born,
Who that sips mead from Como’s stills
     This fragrant, sun-bathed morn,
Will, bating reverende, record
     Fair Como’s wrathful, ways,
And wont only ungrateful, hoard
     The tale of her «bade days’?»
To day her ripples play bo-peep,
     And dimple at the rocks
Lack in melodious mimicry
     A sounding billow mocks

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Ah, traitress! thou wouldst fain deny
     Thy raye of yester-eve,
Thou borrowest azure from the sky
     In painted smiles to weane.
And we are wiled we know of old
     Thy humours set thee well:
Thou fitful? nay, thy heart is gold,
     Sure do thy tender moments tell.


Tramonto sul lago visto da Varenna

Edmondo Brusoni nella sua Guida di Lecco del 1903 dice di Varenna:

«Non si potrebbe ideare situazione più deliziosa di Varenna. I vigneti stendono i loro festoni come archi trionfali in onore dell’abbondanza, mentre i cipressi ergono al cielo le loro brune canocchie.

Varenna è un punto che nulla ha da invidiare al Bosforo. Vi si vedono delicati intrecci di pergole costellati da gelsomini, ombrosi boschetti, terrazze di marmo riflettentesi nelle acque del lago, spalliere d’agrumi e piante esotiche, il suo clima è mite come quello della Tremezzina».

Il 7 febbraio 1875 nell’occasione dell’entrata solenne in Perledo del sacerdote Don Giuseppe Gorio, un anonimo scolaro del suddetto sacerdote, pubblicava il seguente sonetto:

Te beato, o Perledo, a cui largia
Natura un cielo limpido e sereno!
Te beato, o Perledo, a cui nel seno
E fiori e frutti facile nutria.

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Dal Lambro e dal Ticin spesso venia.
Ai blandi inviti del tuo suolo ameno
Teodolinda, l’animo ripieno
Di dolcezza soave ilare e pia.

     Ma più beato che raccogli a festa
     Oggi in gara concorde il tuo Pastore,
     E alfin deponi la sembianza mesta.

Ah sei, Perledo, terra del Signore,
Tu mirando in quell’uomo a Dio t’appresta.
Ecco per te divenni anch’io migliore.


In memoria della benedizione della campana nuova di Vezio il 4 settembre 1904 vennero pubblicati i seguenti versi in dialetto:

in memoria de la benedizion
de la campana noeuva de vesc.


     Oh! che bella festa, incoeu, per quij de Vesc,
     che veden battezza la soa campanna!
     mettendola su in alt sul campannin
     a fagh a tucc, tant quant, comè de mamma!

Se mai quaidun te dis: «l’è piscinina!»
dagh minga a trà: va su: digh che virtù
no se misura a spann; mattina e sera
fass sent, per invidai tucc a la preghiera,

     Fass sent, quand ne minaccia la tempesta
     scongiurarla e mandarla ben lontan,
     scampanna allegra per S. Antonio in festa
     ch’el ne guarda dal fangh e dai malann,

Ciama el Signor, quand che qujdun trebulla
Ciamel, commœvel cont i tò lament,
Quand che quaidun l’è dree à morì, i torment
Digh ch’el ghe faga senti men. Poeu infin

     Alza la vos al ciel, te se benedida
     dal noster bôn Prevost e regordet semper
     de quei che là t’han metuda e finalment
     proteggi, scampi, guida e difend.

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Il giovane poeta Umberto Visetti, recentemente ha scritto su Varenna, belle e melodiose canzoni, delle quali ci spiace, per la tirannia dello spazio, di non poter riportare che pochi versi:

Calda Varenna
Cullata eternamente
dalle dolci armonie
d’una canzone gentile
rifletti nello specchio
sereno, cupo e fondo
del lago
gli smaglianti velluti
d’un brocato superbo
il brocato gioioso che riveste
d’un tono
vivace
le ninfe graziose, sonnolenti
e pigre adagiate
voluttuosamente sotto l’ombra
molle delle mimose
delle tepide palme tropicali
delle magnolie
carnose
e degl’esili pini
eretti verso il cielo come spire
teneri d’incenso
dall’ombrelle nerigne
cirri tra i cirri
nel cielo di cobalto.
...........
Varenna
bella Varenna,
se il mio canto sincero non giunge
alle tinte felici
de’ tuoi colori smaglianti, un saluto
un reverente
saluto io porgo al tuo camposanto
tranquillo
lassù in alto tra i lauri
giardino fiorito
alla luce più bella
del sole
nella vista più bella
del lago.

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Recentemente Silvio Pagani ha pubblicato un poema drammatico intitolato Faust in Italia, che può considerarsi il suo miglior lavoro. In quest’opera uno dei quadri scenici è dedicato a Varenna. Si tratta di una visita che Faust e Mefistofele fanno al monastero di Varenna.

In verità in molti punti della sua opera s’incontrano del passi alquanto scabrosi, e perciò noi ci limitiamo a riprodurre alcuni versi commossi che Faust e Mefistofele dedicano alla bellezza del paesaggio del lago nelle vicinanze del Monastero:

Faust


                                                  affascinato dal panorama.
«Oh, meraviglia! È questo
il sogno d’un poeta innamorato,
o un paese ove può l’uom veramente
amar, gioire?

Mefistofele


L’uno e l’altro.

Faust


                                                              Lascia
che nel lunare incanto io mi dissolva
con tutti i sensi.

Mefistofele


Ma pur uno serbane
per quel che verrà poi. Scuotiti. Guarda
laggiù, tra il verde, quella casa bianca
in riva al lago. E’ il monastero; un nido
di verginelle..............
...........Ebben per queste
rupi scender possiamo e fra gli olivi
ed i cipressi andar cauti e guardinghi
nel giardin delle monache. Ti va?

Faust


Buona idea davvero e te ne lodo:
ma lascia almen che l’occhio mio si sazii
di questa vision. Che scintillio
sul queto lago e che profonda pace!

Mefistofele


La scena è bella, ma il teatro vuole
oltre la scena anche gli attori. Andiamo7.

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IL LARIO

Traduzione di Vincenzo Becci, Senese.


Così ha cantato Fiume Latte il poeta Bellanese Boldoni:

Odono a destra il suon, vedon le spume
Del fiume che dal Latte il nome prende.
Che quando dei Rifei l’orrida bruma
Col pruinoso crin gelata scende,
Fugge nell’alto speco, u’ non alluma
Nè mai dall’altra solia egli discende
Nè la canuta testa osa scoprire,
Sì teme egli del verno i colpi e l’ire.
Ma quando poi ride vezzoso il cielo
E coi zeffiri scherza il lito e l’onda,
E fugge in stille liquefatto il gelo
Mov’ei dalla caverna alta e profonda,
E mugge orrendo, e fa da bianco velo
Spumosi i sassi, e l’erto colle inonda,
E di gelato umore al monte aprico
Sparge gli omeri eccelsi e ’l mento antico8.
..............................


In lode di Fiume Latte abbiamo un sonetto di Alessandro Giovio:

«Corre entro il Lario alla sinistra riva,
Ove in due corna si diparte, un fiume
D’acqua sì freddo, e di sì bianche spume,
Che ’l nome suo dal latte si deriva,
Di tal virtù che I pesci morti avviva
E i vivi priva poi del vital lume,
Di meraviglia tal, che per costume,
S’asconde il verno, e appar nell’ora estiva.
Quivi col marin gregge a Proteo piacque
Con la sirena sua nel grembo assiso
Pascer fra l’ombre al mormorar dell’acque;
Perchè gridò Nettuno, aimè diviso
D’Ischia ten stai? Ne’ Pansilippo tacque,
Miseno, Amalfi, a noi torna il bel viso.
                                                Alessandro Giovio9.

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Ha scritto dei versi su Fiume Latte Giacomo Marchini10 del quale riportiamo qui due sole strofe, la prima e l’ultima:

C’è in riva al Lario un paesel che pare
Una fila di panni ad asciugare;
Vedi una casa bianca e l’altra bruna,
Eppur d’essere insiem tutte contente:
E paiono dal monte aspro, indigente
Scese sul lago per cercar fortuna;
E paion scese in un desio compatte
Oh! che bel paesello è Fiume Latte.
...................................
Volgi Rachele11 al sandolin la prora
Volgi e ritorna alla tua sponda ancora;
Dimmi ove tende quello stuolo di pini
Ch’è già del monte alla meta salito?
E questo fiume? non ti par nudrito
A rugiada di gigli e gelsomini?
Gettagli dentro delle rose e avrai
Del tuo volto l’imago e fida assai.»

E questi versi sono ancora del Berchet:

Pur ben lontano dalla spiaggia aprica
Gelida un’aura da intentato speco
Fiede improvvisa il viator che mira.
Scaturir d’alto e per la fessa roccia
Diruparsi una pura argentea lista.
Candido fiume cui di latteo il nome
Diede la fama e raccontò alle genti
Com’ei per lunghe sotterranee vie
Sgorghi da campi tutti aspri di gelo,
U’ non umana mai orma penetra,
Addio candido fiume, addio bei colli,
Cari a’ zeffiri sempre..............
....................................

Su Fiume Latte ha anche scritto l’Arici12:

........... Entro ai capaci
Rivolgimenti d’intentato speco
Arida tace al verno altra sorgente:

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E al primo uscir di primavera, intenso
Romor di venti e fremiti e procelle
Assordan l’antro, come se di Mille
Edifizi lassù fosse il frastuono
E la mina, e un mar chiuso e il tremuoto;
Poi sgorga del color che il latte agguaglia
L’argenteo fiume, e via corre superbo
Del vicin Lario a crescer l’ire.


E Paolo Emilio Parlaschino:

È cosa di stupore il bel fiume Latte
Che sbocca da caverna spaventosa
Superbo, altero e porge curiosa
Mostra d’un acqua bianca come il latte.
Inarca i cigli e tien miracolosa
La caduta di quel sott’un’ombrosa
Balza ch’l fa parer candido latte
L’acqua si rompe tra macigni neri
E fa un’acqua spumosa dove batte
Che appresso e da lontan par vero latte
Da’ da filosofar a dotti veri,
Perchè s’asconde e mostra a suo talento
O bianco come latte o come argento13.

Termineremo con alcuni adagi popolari. L’uno dice:

Varenna è sopra uno scoglio
Del mio non ho del tuo non voglio
Ma sappi che viver voglio

Ma vi è una variante nell’ultimo verso che suonerebbe invece così:

Ma piena sono d’orgoglio.

Le condizioni poco floride del paese e l’aridità del suo suolo hanno evidentemente suggerito quest’altro detto:

                      Varenna secca
Chi non ne porta non ne lecca

Infine alle sue condizioni di clima s’inspira il proverbio:

Chi vuol provar le pene dell’inferno
Vada a Varenna d’estate
E a Bellano d’inverno.

Note

  1. Letilogia (del Trez) 4° picc.° (pag. 180) cart. got. Milano Zarotto 1488. Esemplare In Trivulziana. Vedi: Periodico Società Storico-comense. fasc. 54, vol. XIV. Emilio Motta: La più antica descrizione a stampa del lago di Como.
  2. Delle descrizioni di Varenna e Perledo del Bertarelli e del Bonanome ne abbiamo già parlato al sec. XVII. Ricordiamo anche la compiuta descrizione della Valsassina di Engelberto Flacchio527, Bruxelles 1709, e Bergamo (Arti grafiche) 1911.
  3. Frammenti sul Lario. Scritti verso il 1816 da Giovanni Berchet che aveva il fratello Carlo vice prefetto a Metraggio. I frammenti sul Lario devono essere stati composti davanti al lago, durante le frequenti dimore presso il fratello. I poemetti apparvero sullo Spettatore nel 1816. Cantano la Pliniana, l’isola Comacina, l’orrido di Bellano e Varenna - Almanacco Manuale della Provincia di Como 1880. Antonio Balbiani.
  4. E laggiù in lontananza boschi e dighe
    Fra l’ombre ed il baglior di fiamma viva.
    Più lontan dello Stelvio sulla via
    Sfoggia Varenna la lattea cascata
    Io mi chiedo: è un bel sogno, una chimera
    Vaghissima, a sfumare destinata.
    Traduzione di Elvira Mandelli.
    V. Felice Solari, Illustri e grandi sul lago di Como, Como 1903.
  5. John L. Stoddard. Lake Como the Upper Danube Bohemia. Boston.
  6. To Italy. Odes et episodes 1927. Stab. di arti Grafiche Lazzeri. Siena.
  7. Silvio Pagani. Faust in Italia. - Torino, Unione Tip. Edit. Torinese, 1925.
  8. Boldoni. La caduta dei Longobardi. Canto IV.
  9. Alessandro Giovio Abate, commendatario di S. Giuliano figlio del celebre Benedetto e padre del dotto Vescovo Paolo il giovane.
  10. Un poeta - Scritti di Giacomo Marchini - Milano, Agnelli 1886.
  11. La signora Rachele Romagnoli Molinelli testè defunta.
  12. Arici. L’origine delle fonti. Milano, 1833.
  13. Codice P. E. Parlaschino C. CXIII.