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134 | dal vero. |
postosi in letto, si addormentava sul momento, aveva pietà delle lunghe ed agitate insonnie della fanciulla. Un giorno, vedendola melanconica, le chiese se si sentisse più male:
— Al solito, — rispose lei, con voce breve: — finirò per morirne e nessuno mi avrà amata!
A queste parole il buon Andrea provò un grande rimescolìo: ma l’anima sua n’era andata da Gemma, per farle atto di servitù. Così quel grande cuore divenne un giocherello nelle manine di Gemma, che si compiaceva a farne tutto quello che voleva. Il fiero e robusto garzone, dalla tempra indomabile, si piegò a tutte le delicatezze, a tutte le finezze, a tutti i capricci della sua fanciulla, curvò la sua fibra, diventò per lei una dama, anzi una madre. Fu visto impallidire e arrossire ad ogni cenno di Gemma; chiederle ogni momento della sua salute e dopo vergognarsene e domandarle scusa pel fastidio; guardarla negli occhi per indovinarne i desiderii e rivoluzionare il mondo per soddisfarli; correr dietro al medico ed interrogarlo ansioso e confessargli che tutta la sua vita, tutta la sua felicità era riposta in quella giovinetta inferma! Egli avrebbe dovuto vivere sempre all’aria aperta, in mezzo alla luce: eppure nelle lunghe nevralgie di Gemma, passava le giornate intiere in una camera chiusa, semi-scura, non osando muoversi dalla sua sedia per timore di disturbarla, non osando parlare, respirando un’aria carica del sottile odore dell’etere, soffocando anche i sospiri. Qualche volta, dopo averla lasciata bene ed essersene tornato a casa, gli sorgeva il dubbio che ella fosse ammalata; allora usciva di nuovo ed