Vai al contenuto

Libro proibito/Volere è potere

Da Wikisource.
Versione del 19 ott 2011 alle 17:40 di OrbiliusMagister (discussione | contributi)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
../L'Uomo-Paletot

../Anacreontiche IncludiIntestazione 21 settembre 2011 75% Poesie

L'Uomo-Paletot Anacreontiche

VOLERE È POTERE1


Novella.


Un tal Stucchi Tommaso
     Del päesel di Arona
     Avea letto per caso
     4Un libro del Lessona,
     Dove, con molti esempi
     Dei vecchi e nuovi tempi,
     Chiaro si fa vedere
     8Che volere è potere.

 — «Volere!.... è presto fatto....
     Se tanto il voler giova,
     Converrebbe esser matto
     12Per non tentar la prova....
     Io non domando onori,
     Non titoli o favori,
     Di gloria io non mi picco,
     16Ma.... voglio farmi ricco.

Or più non mi imbarazza
     La scelta del mestiere,
     Apro uno studio in piazza,
     20Mi intitolo banchiere;
     Se ad iniziar la banca
     Il capital mi manca,
     Poichè basta volerlo,
     24Sò come posso averlo.

Ciò detto, il buon Tommaso
     Si recò da un notaro,
     Franco gli espose il caso,
     28Gli domandò il denaro;
     Ma quei, con faccia bieca;
     «Che mi da in ipoteca?
      — Nulla — Nulla!.... ho capito
     32Non posso!.... affar finito.»

 — Non può?.... Lei mi canzona!
     Tal scusa più non va:
     Non ha letto il Lessona?
     36Lo voglia e lo potrà»
     L’altro lo guarda in viso
     Con cinico sorriso,
     E per uscir di imbroglio,
     40Conclude: ebben, non voglio!

Ricorse l’indomani
     Agli amici, ai parenti;
     N’ebbe discorsi vani,
     44Promesse, complimenti,
     Consigli che mordevano,
     Sorrisi che parevano
     Dirgli: qui tutto avrete
     48Fuor quello che volete.

E sorse un dubbio in lui:
     «Che della vita al gioco
     Anche il volere altrui
     52Debba contare un poco?
     Dalle prove che ho fatto
     Parrebbe.... Eh! via!.... son matto!
     Che colpa ci ha il Lessona
     56S’io son nato ad Arona?

«Nei piccoli paësi
     Piccole le risorse....
     Qui gli uomini scortesi,
     60Qui stitiche le borse;
     E poi, nemo propheta
     In patria — è storia vieta;
     Per ritentar le prove
     64Convien ch’io vada altrove.

Solo, a piedi, di notte,
     Partì senza un quattrino,
     E colle scarpe rotte
     68Un giorno entrò in Torino
     Sclamando: «qui ho voluto
     Venire, ed ho potuto;
     Volendolo, mi pare,
     72Ora potrò mangiare.»

Infatti, appena scorta
     L’insegna di un trattore,
     Maso varcò la porta
     76Con passo da signore;
     Sedette, fu servito,
     E sazio l’appetito,
     Pensò: volevo un pranzo,
     80L’ottenni, e n’ho d’avanzo.

Ma quando il cameriere
     Venne a portargli il conto,
     Gli parve che al volere
     84Fosse il poter men pronto —
     Il garzonetto attese
     Alquanto, e poi gli chiese:
     Vuol altro? — Ora, mio caro,
     88Vorrei.... — Cosa? — Il denaro.

 — Denaro! — Certamente....
     Tu sai che le parole
     Oggi non valgon niente,
     92E per pagar ci vuole
     Denaro; or, come averlo
     Potrei senza volerlo?....
      — Mi paghi, faccia presto!
      96Voglio il denar per questo!

Ed ecco, mentre dura
     La strana discussione,
     Due guardie di questura
     100Si avanzan col padrone
      — Sentiamo!.... cos’è stato?....
     Tommaso in tuon pacato
     Risponde: «del diverbio
     104Fu origine un.... proverbio.»

«Tutto si può, volendo,
     Lo dice il testo, ed io
     Agli altri esempi intendo
     108Unir l’esempio mio —
     Venir volli a Torino
     E feci a piè il cammino,
     Qui volli entrar, entrai;
     112Volli pranzar, pranzai.»

 — Ed ora? — Or non avendo
     Denaro.... è naturale....
     Ch’io voglia.... — Intendo! intendo!
     116Ci segua!.... Al Criminale
     Verrà stanotte a cena;
     La casa è tutta piena
     Di gente che ha voluto
     120E mai non ha potuto.

In carcere il tapino
     Fu trattenuto un mese;
     Quindi, lasciò Torino,
     124Tornò nel suo paëse,
     Dove il volere altrui
     Fu tanto avverso a lui,
     Che, stanco di soffrire,
     128Gridò: voglio morire!

Ai gridi disperati
     Fortuna non è sorda;
     Tra ferri e cenci usati
     132Trovò un chiodo e una corda:
     Confisse a un muro il chiodo,
     Fece alla corda un nodo,
     Pose nel cappio il collo.
     136E diè l’estremo crollo.

Così dal mondo è uscito
     Il povero Tommaso;
     E forse egli è partito
     140Convinto e persuäso
     Che quand’un, per disfarsi
     Dai guai, vuole appiccarsi,
     Non sempre, ma però
     144Qualche volta lo può.

Note

  1. Assurda sentenza. Il Lessona ha pubblicato con tal titolo un volume interessante; ma non basterebbe una grossa biblioteca per raccogliere le compassionevoli istorie di quei milioni di martiri che vollero con fede, con costanza, con lacrimevoli sacrifizii; e mai non riuscirono ai loro intenti.