Adiecta (1905)/III/XXXVI
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | III - XXXV | III - XXXVII | ► |
PER UN GIORNALE
CHE S' INTITOLAVA
DA
TITO LIVIO CIANCHETTINI
MATTOIDE PERIPATETICO
MORTO MISERO
E LIBERO
I.
Vecchio, lacero, scalzo e rassegnato
all’ingiurie del vento e della piova,
dell’umana follìa misera prova,
4l’antico tribolar t’ha consumato.
Nella nebbia dei sogni hai brancolato
come fa l’ebbro, che il cammin non trova,
inseguendo un’idea malcerta e nuova
8tortura e strazio al tuo pensier malato.
Ludibrio de’ pasciuti, ogni amarezza
soffristi lungo la dolente via,
11senza un’ora di pace o di dolcezza.
Lieve la poca terra ora ti sia
dove riposi!.... Dell’altrui saggezza
14era forse miglior la tua pazzìa.
II.
E tu pure una madre, o poveretto,
avesti un dì che ti cullò cantando,
che ti amò, che sperò, beata quando
4sorrider ti vedea sovra il suo petto.
Povera madre! e t’abbracciava stretto,
del torbido avvenir forse tremando;
poi, moribonda, il viso tuo cercando,
8dal profondo del cor t’ha benedetto.
Ben fortunata se nel suo materno
sogno non divinò l’orror del vero
11e della vita tua tutto l’inferno,
nè ti vide morir nel vitupero,
nè ti seppe scagliato, ultimo scherno,
14nella fogna di tutti al cimitero!
III.
O Padre, ed anche a noi punse la mente
la pazzia della stampa e del giornale,
che se fortuna il nostro mal consente,
4anche noi moriremo all’ospedale.
Per ciò l’imagin tua grama e dolente
sempre negli occhi abbiam, viva e vitale,
povero stolto, povero innocente,
8che il ben cercavi e non facesti il male.
Ah, negli oscuri dì vegliaci accanto
come padre fedel, tu che soffrivi
11serenamente la miseria e il pianto,
e il tuo lungo martirio in noi ravvivi,
più luminoso e manifesto, il santo
14sogno di libertà per cui morivi!