Anima sola/XIX

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XIX

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XVIII XX

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Il libro bianco.


Lo avete visto sulla mia scrivania il piccolo libro bianco. Siete voi che lo chiamaste così, dando una certa importanza ed anche una soavità recondita a questi poveri fogli, che non ho mai voluto lasciarvi leggere.

Molte donne scrivono il loro giornale, io no. Sarebbe così pieno di brutte pagine il libro della mia vita che mi felicito di non averlo scritto. Anche devo dire che non mi piace scrivere, sono meravigliata di farlo ora con voi cedendo ad una forza irresistibile.

Deve essere stata pure una forza irresistibile quella che mi fece segnare tanti [p. 188 modifica]pensieri in questi fogli; pensieri dettati in una forma strana che assomiglia talvolta ai versi, ma dove io trovo meglio ancora che la storia della mia vita, trovo la sintesi, il risultato stesso della vita. Sì, davvero la mia vita l’ho scritta nel piccolo libro bianco. Cercate di capirla così; che importano i fatti?

Amo ora tanto la natura. È quasi la mai unica consolazione. Ogni cosa ha una voce, ogni forma un’espressione, ogni cambiamento un significato. Il libro bianco lo sa. Io ho pianto cogli alberi e colle fonti; ci siamo dette tante cose in una lingua che prima non conoscevo.

Non ho cercata nessuna delle parole che stanno scritte qui. Esse, le parole, vennero a me già formate, come suggerite da una bocca invisibile; vennero invece di lagrime, invece di gemiti e di sospiri; vennero in questa foggia [p. 189 modifica]inusitata nè so il perchè. So io nulla di quello che dico all’infuori che è quello che sento?

Nella maggior parte degli uomini l’ammirazione per la natura è stata coltivata, come il bisogno di vestirsi, come l’abitudine di leggere o di fare della musica. Ho l’orgoglio io, di aver scoperta la natura per sola forza del mio amore. — L’ho detestata abbastanza quando me la volevano imporre alla lor guisa per avere or il diritto di amarla alla mia, con una passione muta e profonda, e gelosa anche, perchè non tollero compagni. Io sola in un bosco è per me la maggior sensazione estetica.

Non è il verde, non è il fresco, non è l’ombra, non è il susurro, non è il profumo, non il gaudio sensuale dell’erba vellutata che mi attira, ma piut[p. 190 modifica]tosto il significato di tutto ciò, quel significato oscuro, per cui il cuore degli uomini ha una parentela col filo d’erba, col fiore, col ruscello, cogli insetti, ed anche collo spazio ultrasensibile, col grande, misterioso, meraviglioso, ignoto. È questo che ho voluto dire nel libro bianco. Udite:


Il lamento della fonte.


Ero un piccolo filo, un sottile filo d’acqua
               cadente da queste roccie.
Cheto cadevo, non disturbavo alcuno,
               nessuno badava a me.
Un giorno uno straniero mi vide ed ebbe sete,
               ebbe sete di me.
Si inchinò grazioso, mi prese colla mano,
               coi labbri mi baciò.
Poi la sua via riprese, io continuai la mia,
               ma da quel giorno piango!

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Lo stormire delle foglie.


     Noi siam voci erranti,
     siam baci e sospiri,
     siam gridi, siam pianti.
     Voliam, turbiniamo
     nell’aria, nel sole
     sul monte, sul piano.
     Noi siam l’illusione,
     noi siam la speranza
     noi siam la passione.


Il segreto del sasso.


     Sono inflessibile,
     duro, severo,
     non mostro palpiti,
     voce non ho;
     ma della valle
     novello Amleto
     tengo un segreto
     che non dirò.

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     Quello ch’io vidi,
     quel che pensai,
     lo seppe il bosco,
     lo seppe il ciel,
     ma perchè caddi
     freddo sul greto,
     è il mio segreto,
     non lo dirò.


La voce della Madonna
nella capelletta del bosco.

     Pura ho la fronte
     l’occhio sereno,
     il manto azzurro,
     le stelle d’or,
     ma sette spade
     tengo nel seno,
     Madre di Dio
     e del dolor.

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Quel che pensano le vette.


Noi siamo immobili, marmoree. Nessuna passione ci turba. I venti e l’uragano passano su di noi lasciandoci intatte. Dilaga la pioggia, cala la neve e noi sorgiamo sempre pure ed erette al raggio del sole. Tutto vediamo e nulla ci tocca. (Così pensano le vette e dominano.)



Il canto del grillo.


     Son felice, felice, felice!
     non conosco l’amor.
     Son felice, felice, felice!
     non conosco il pensier.
     Son felice, felice, felice!
     dò una sfida al dolor.
     Son felice, felice, felice!
     vivo senza saper.

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Dialogo delle rose e delle spine.


     — Noi siamo la bellezza,
     — E noi la forza,
     — Noi siamo dolci,
     — E noi costanti,
     — Siamo l’amore,
     — Siamo il dolore
     — Siam la poesia
     — Siam la sapienza
     — Cingiamo la fronte dei felici
     — E noi quella degli eroi.

Gli alberi.


Quante volte seduta sotto gli alberi,
i cari alberi verdi che amo,
chiedo alle fronde tremule: capite?
capite quando parlo e quando rido
e quando taccio malinconicamente?

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Sì, esse mi comprendono, esse sole;
nella lor chioma profonda poso
lo sguardo come dentro un’infinita
serenità. Comprendono esse il dolore
dei cuori feriti a morte, comprendono!


E ascoltano. Lievi e dolci ascoltano
come coloro che tutti omai sanno
i grandiosi misteri dell’anima;
pietose, quali madri il lor pargoli,
mi accarezzano amorosamente.


O fronde, o rami, o verde, o deliziosa
pioggia d’odori, o sopratutto care
allo stanco mio cor ombre pudiche,
ecco, mi dono, m’abbandono, oblìo...
dolce è obliare nelle vostre braccia.


Sento che siete miei fratelli o vivi
alberi, o alberi quasi umani,
voi sentimento della creazione
non su basi granitiche saldi
ma nati e morituri come me!

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Come me nati tenerelli e buoni,
l’esili braccia tese verso il cielo;
battuti sempre dal vento e dall’uomo,
colle vostre giovani foglie strappate
e rinascenti sempre... come me!


Voi avete fremiti e baci, voi sentite!
Nelle lotte del cosmo, nei grigi
tramonti desolati e nelle bianche
albe d’ottobre, quando il cielo piange,
i vostri rami cadenti han lagrime.


E quando il mare terribile dorme
sul mucchio dei cadaveri ingoiati,
quando impassibili guardano i monti,
voi ululando con lunghi gemiti
rispondete ai dolori, o alberi!

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Sulla spiaggia.


Io dissi all’onda:
perchè baci sempre così lo scoglio?
non vedi ch’è insensibile, non vedi?
le tue parole,
le soavi parole che gli mormori
vanno perdute sul duro macigno;
bacia le rose!
esse ben ti sapranno rispondere,
morbide, col profumo dei petali.
Disse a me l’onda:
Mi guida un’alto destino che ignoro;
dare, dar sempre senza ricevere;
l’umano fango
toccare e ognor rifarmi pura;
prodiga, altera, semplice, incompresa
passo ed oblìo
un gran precetto lasciando ai mortali
“nulla chiedete; amate per amare.„