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Asolani/Libro secondo/XXXII

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Libro secondo - Capitolo XXXII

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Libro secondo - Capitolo XXXII
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E certo pieni e dolci frutti son questi, tra quelli che ci rende Amore, i quali sono veramente diversissimi e senza fine. Perciò che sì come non sono tutte una le maniere de gli amanti ma molte, così non sono tutte una le guise de’ nostri guadagni ma infinite. Sono alcuni che altro che l’onestà pura e semplice l’uno dell’altro non amano, e di questa sola tanto appagamento ne viene alle menti loro, qualunque volta essi nell’altezza mirano de’ loro disii, che estimare senza fallo non si può se non si pruova. Alcuni dall’amorose fiamme più riscaldati, ogni disvolere levando de’ loro amori, niuna cosa si niegano giamai, ma quello che vuole l’uno, vuole l’altro subitamente con quello medesimo affetto che esso facea, e in questa guisa due anime governando con un solo filo, ad ogni possibile diletto fortunosamente si fanno via. Alcuni poi, tra l’una e tra l’altra posti di queste contentezze, ora il pregio della schifeltà onorando, ora i frutti della dimestichezza procacciando, e con l’agro dell’una il dolce dell’altra mescolando, un sapore sì dilettevole ne condiscono, che d’altro cibo alle loro anime né prende maraviglia, né sorge disio. Oltre a ciò a quella timidetta verginella incomparabile festa porgono i saluti e le passate del suo nuovo e accettevole amadore. Quest’altro beano le lettere della sua cara donna, vergate con quella mano che egli ancor tocca non ha, non più le note di lei leggendovi che la voce e il volto e il cuore. Quell’altro mettono in un mare di dolcezza dieci tremanti parole dettegli dalla sua. A molti la loro lungamente amata donna e affettuosamente da gli anni più teneri vagheggiata, nel bel colmo delle lor fiamme donerà il cielo a moglie, somma e onestissima ventura de gli humani disii. E alquante saranno altre coppie di cari amanti, le quali, avendo le più calde ore della loro età in risguardo e in salvatichezza trapassate, l’uno scrivendo e l’altra leggendo e amendue fama e grido solamente di cercar dilettandosi de’ loro amori, poscia che la neve delle tempie sopravenuta ogni sospetto ha tolto via, sedendo e ragionando e gli antichi fuochi con sicuro diletto ricordando, tranquilli e riposati menano dolcissimo tutto il rimanente della lor vita, ogni ora del così condotto tempo più contenti. Ma che v’andiamo noi pure tuttavia di molti amanti i diletti ragionando e le venture, quando delle sole di ciascuna coppia lunga historia tessere se ne può agevolmente? Perciò che quale diletto è da dire che sia il vedere quella fronte nella quale corrono tutti i pensieri del cuore, nudi e semplici, secondo che essi nascono e risorgono in lui? Quale, mirando ne’ coralli e nelle perle, di cui sono men preziose tutte le gemme de gli orientali tesori, sentirne uscir quelle voci che sono dall’ascoltante anima ricevute sì volentieri? Quale poi, tacendo e mirando, far più dolce un silenzio che mille parlari, tuttavolta con lo spirito de gli occhi ragionando cose, che altri che Amore né può intendere, né sa dettare? Quale, per mano tenendosi, tutto il petto sentirsi allagare della dolcezza, non altramente che se un fiume di calda manna ci andasse il cuore e le midolle torniando? Tacciansi le altre cotante dolcezze e così vive; delle quali dire si può che, poi che tale è la nostra vita, quale la natura ce la fece essere, poscia che noi venuti ci siamo, dolcissima cosa è per certo accordarci col suo volere e quella far legge della vita, che gli antichi fecero delle cene: o pàrtiti, o bei. Oltre a.cciò quanta contentezza credete voi che sia la nostra, quanta sodisfazione, quanta pace, d’ogni nostro fatto, d’ogni nostro accidente, d’ogni ventura, d’ogni sciagura, d’ogni oltraggio, d’ogni piacere ragionarsi tra due con quella medesima sicurezza con che appena suole altri seco medesimo ragionare? di nulla nascondere la nostra compagna anima, e sapere altresì di nulla essere da lei nascosi? ogni diletto, ogni speranza raccomunare, ogni disio? niuna fatica schifare per lo suo riposo, più di quello che ciascun fa per se stesso, niuna gravezza, niun peso? bene, male, ogni cosa portar dolcemente, acconci con lieto viso, sì come di vivere l’uno per l’altro, così di morire? Il che fa che a ciascuno e le seconde cose via più giovano e le sinistre offendono meno, in quanto le seconde l’uno col piacer dell’altro allettando in molti doppi crescono, e quell’altre, subitamente partite e da ciascuno la metà toltane fratellevolmente, già da prima perdono della loro intera forza; oltre che poi e confortando e consigliando e aiutando, esse si deleguano, come neve sotto primi soli, o almeno da nuovi diletti aombrate, sì ne gli oblii delle passate cose le tuffiamo, che appena dir si può che elle ci sieno state.