Avventure fra le pelli-rosse/21. Il villaggio indiano

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
21. Il villaggio indiano

../20. La liberazione di Ralph ../22. La figlia di Cuor Duro IncludiIntestazione 17 dicembre 2017 75% Da definire

20. La liberazione di Ralph 22. La figlia di Cuor Duro

21.

Il villaggio indiano


Se molta fu la sorpresa di Randolfo e dei suoi amici nel ritrovare Ralph, fu molta anche quella del ladro di cavalli nel vedersi liberato da quelle brave persone che supponeva tanto lontane da quei luoghi.

La sua gioia fu tanto rumorosa, da costringere Randolfo ad imporgli silenzio, per tema che quelle grida attirassero l’attenzione di qualche banda di pelli-rosse. Fu però fiato sprecato.

L’Alligatore saltava al collo dell’uno e dell’altro dei suoi salvatori, ridendo e gridando come un pazzo, poi faceva delle piroette e dei salti, da credere che avesse perduto il cervello. Ci volle tutta l’autorità di Morton per costringerlo a calmarsi.

— Finiscila colle tue sciocchezze! — gli gridò il quacchero, seccato. — Ora che ti abbiamo liberato, vorresti attirarci addosso degli altri indiani col tuo gridare. Non dimenticare che siamo sul territorio di caccia dei nostri nemici.

— Voi avete ragione, Morton — rispose Ralph, calmandosi. — Cosa volete? Ho provato tanto piacere nel rivedervi che ho creduto d’impazzire. Lasciate che vi ringrazi.

— Basta, finiscila, Alligatore!... Raccontaci invece come ti trovavi qui, nelle mani degl’indiani, mentre noi ti credevamo al sicuro nel forte.

— E voi avete creduto che io, l’Alligatore del Lago salato, mi fossi rinchiuso nel forte, mentre miss Mary si trovava prigioniera delle pelli-rosse?...

— Dunque tu seguivi gl’indiani dell’Avvoltoio Nero? — chiese Randolfo.

— Sì, signor Harringhen.

— Da molti giorni?

— Da tre.

— E non hai potuto vedere mia sorella?

— Mi è stato impossibile. Gl’indiani marciavano con una rapidità straordinaria, mentre io dovevo avanzare con infinite precauzioni, esplorando anche attentamente il terreno.

— Dunque sono tre giorni che hai lasciato il forte.

— Sì, signor Randolfo.

— Avevi portato colà Harry, il figlio del comandante?

— Ora vi racconterò ogni cosa — disse Ralph, accomodandosi per terra. — Voi vi ricordate dell’assalto degli indiani dell’Avvoltoio Nero e di Abel Doc?

— Pur troppo che lo ricordo.

— Quando vi vidi prigioniero, afferrai Harry che giaceva al suolo insanguinato e che stava per venire scalpato dai selvaggi dell’Avvoltoio. Il vostro cavallo ci portò subito ben lontani, sottraendoci abilmente all’inseguimento delle pelli-rosse. Portato il ferito in un luogo sicuro, lo affidai alle cure di alcuni coloni del forte che avevo incontrato sulle rive del fiume, poi mi misi subito in marcia, non avendo che un solo pensiero: quello di liberare vostra sorella.

— E Harry, come stava, quando lo hai lasciato? — chiese Morton.

— Cominciava a migliorare, anzi non ho più timore sulla sua guarigione. Fra un paio di settimane egli sarà completamente ristabilito, ve lo assicuro.

— Continua — disse Randolfo.

— Quando giunsi sul luogo del combattimento, gl’indiani erano scomparsi. Diedi sepoltura ai nostri poveri camerati che erano rimasti ancora sul margine dei bosco, poi mi misi a seguire le orme dei nostri nemici. Ero deciso di seguirli fino al villaggio dell’Avvoltoio Nero, per tentare di rapire vostra sorella.

— Da solo? — esclamarono Morton e Randolfo con stupore.

— E perché no? Con un po’ d’audacia si poteva riuscire.

— Un’impresa molto dubbia — disse Morton.

— L’Alligatore del Lago salato non ha paura degli indiani.

— E si lascia prendere da loro — disse il quacchero ridendo. — Continua, Ralph. Come hanno fatto ad accalappiarti?

— Ora ve lo dico. Ero giunto a circa sei o sette miglia da questa forra, quando ebbi la cattiva idea di mettermi in caccia. Ero affamato come un lupo e non avevo assolutamente nulla da mettere sotto i denti, avendo consumato tutte le mie provviste.

«Essendo il terreno montagnoso, lasciai il cavallo legato ad un albero e salii un’altura. Mi pareva di aver scorto dei cervi, e mi era fitto in capo di abbatterne qualcuno per fare una scorpacciata di quella carne eccellente.

«Giunto lassù girai e rigirai a lungo senza trovare né il cervo che mi ero promesso, né un volatile che avesse potuto in qualche modo surrogarlo.

«Stavo per tornarmene, quando scopersi una vasta caverna. Sapendo che di solito sono il rifugio degli animali grossi, entrai con precauzione e trovai dei fiocchi di pelo. Era il ricovero d’una famiglia di giaguari.

«Non avendo nulla da guadagnare a dare battaglia a quelle fiere mi preparavo a fuggire quando vidi i due animali salire il pendìo e dirigersi precisamente verso di me.

«Mi considerai spacciato. Cominciavo a perdere la testa quand’ebbi un’idea luminosa. Essendo l’entrata della caverna molto stretta ed essendovi lì presso molti grossi macigni, in pochi minuti mi barricai entro il covo.

«Avevo appena otturato il buco, quando le due fiere comparvero.

«Vedendo il posto occupato, diventarono d’un subito furiose. Si slanciarono contro i macigni tentando di smuoverli e di scagliarsi contro di me.

«Io tenevo fermo con tutte le mie forze, rimettendo prontamente a posto i massi che venivano spostati e minacciando le due feroci bestie colla canna del mio fucile.

«Stanche dell’inutilità dei loro sforzi, si sdraiarono al di fuori, risolute ad aspettare la mia uscita.

«La mia reclusione in quella caverna durò parecchie ore, tanto che io credevo di dover rimanere sepolto vivo fra quelle pareti.

«Le due fiere, fiutando l’odore di una preda abbondante, non volevano in modo alcuno abbandonarla e le vedevo passare e ripassare dinanzi alla caverna mostrandomi certi denti e certi artigli da farmi venire i brividi.

«Venuta la sera udii improvvisamente alcuni colpi di fucile e vidi i due giaguari fuggire a rompicollo.

«Credendo che fossero giunti degli scorridori, aprii la breccia e mi slanciai fuori cadendo fra le braccia dei cinque o sei indiani che voi avete così opportunamente spediti all’altro mondo.»

— Povero Ralph! — disse Morton, un po’ ironico. — L’avete passata brutta.

— Cioè potevo passarla peggio, senza il vostro intervento. Se tardavate un po’ quei bricconi di rettili mi mandavano nel loro inferno senza capelli. Avevano ormai deciso di accendermi un bel fuoco sul ventre e di ballarmi intorno.

— Erano guerrieri dell’Avvoltoio Nero? — chiese Diego, che fino allora era rimasto silenzioso.

— Sì — rispose Ralph.

— Sei certo che non fossero più di sei?

— Non vi erano che quelli.

— Cosa dobbiamo fare, Morton? — chiese Randolfo volgendosi al quacchero.

— Rimetterci in cammino senza ritardo. Questa notte voglio giungere al villaggio dell’Avvoltoio Nero.

— Ci lascerete almeno fare prima colazione — disse Ralph. — Gl’indiani hanno ucciso un cervo ed il fuoco arde ancora.

— Il consiglio è accettabile — disse Diego.

Ralph si diresse verso l’accampamento e da un cespuglio trasse un mezzo cervo ancora sanguinante e già scuoiato.

Alimentò il fuoco con dei rami secchi, poi aiutato da Diego sospese la selvaggina ad un grosso ramo, lasciandola arrostire lentamente.

Mentre quei due si occupavano della colazione, il quacchero aveva incominciato a spogliare un indiano, mettendo da parte le penne, la giacca di cuoio, i calzoni adorni di capigliature ed il sacchetto contenente le pitture da guerra che quei selvaggi portano sempre con loro specialmente durante le loro spedizioni guerresche.

— Cosa vuoi farne? — chiese Randolfo.

— Mi serviranno per introdurmi nel villaggio indiano — rispose il quacchero.

— Vuoi camuffarti da pelle-rossa?

— Sì, Randolfo.

— Non ti riconosceranno?

— Mi dipingerò il volto: così la mia pelle bianca scomparirà totalmente.

«Ora dovete aiutarmi a scavare delle fosse.»

— Per cosa farne?

— Dobbiamo far scomparire questi indiani. Se venissero scoperti, la sarebbe finita per noi.

«Prendiamo la polvere e qualche fucile e tutto il resto lo getteremo nel fiume.»

Scavate le fosse, sepolti gl’indiani e fatti sparire gl’indumenti e le armi, raggiunsero Diego e Ralph i quali stavano di già levando dal fuoco il mezzo cervo.

Terminata la colazione, tutti montarono a cavallo essendo ansiosi di giungere al villaggio indiano del feroce Avvoltoio Nero.

Usciti dalla forra, rientrarono nella foresta, galoppando verso settentrione.

Il paese era molto accidentato e coperto di alberi grandissimi i quali spargevano un’ombra così fitta da non poter distinguere una persona alla distanza di cinquanta passi.

Morton, che aveva paura di cadere in qualche imboscata, quando vedeva che le piante diventavano troppo fitte faceva arrestare il piccolo drappello e mandava alla scoperta il Piccolo Pietro.

L’intelligente animale eseguiva a puntino il pericoloso incarico e quando ritornava dava lui stesso il segnale d’avanzare, mandando due sordi latrati.

Calava la sera quando i nostri uomini, superata una collina boscosa, giunsero in vista del villaggio indiano.

Morton diede tosto il segnale della fermata, dicendo ai suoi compagni:

— Dobbiamo arrestarci qui, per ora. Non è prudente andare più oltre.

Scese da cavallo e seguìto dagli altri s’arrampicò su di una rupe che s’innalzava sulla cima del colle e dalla quale si poteva dominare un grande tratto di terreno.

Al di là del bosco, situato in mezzo ad una piccola depressione del suolo, sorgeva il villaggio dell’Avvoltoio Nero.

Esso si componeva di una sessantina di tende assai vaste, di forma conica, difese all’intorno da una doppia palizzata e da una specie di bastione di terra battuta.

Molti cavalli si vedevano pascolare sulle rive d’un fiumicello che scorreva a breve distanza e anche parecchie sentinelle si scorgevano presso le palizzate.

— Che sia là dentro mia sorella? — chiese Randolfo con voce commossa.

— Di questo sono sicuro — rispose Morton.

— In quale tenda?

— In qualcuna delle più grandi.

— Come faremo a saperlo?

— Lo si vedrà poi — rispose il quacchero.

— Hai qualche progetto?

— Sì, Randolfo.

— Dimmi cosa farai.

— Aspettate prima che mi camuffi da indiano.

— Un progetto l’ho anch’io — disse in quell’istante Ralph.

— Non può essere che cattivo — disse Morton. — Tu sei un uccellaccio di cattivo augurio, buono a nulla.

— Forse che mi avete condotto voi qui? — gridò Ralph, fingendosi offeso. — Se gl’indiani non mi facevano prigioniero, a quest’ora sarei già nel villaggio indiano.

— A cosa fare?

— Occupato a liberare la sorella del signor Randolfo.

— Fole, Alligatore del Lago salato!

— Mi credete incapace di entrare nel villaggio? Noi ci andremo assieme e vedremo chi avrà più paura.

— Accetto la tua compagnia, essendomi anzi necessaria.

— Ah!... E per qual motivo?

— A me occorre ancora un cavallo per Telie se quella ragazza si deciderà a lasciare suo padre.

— È affar mio — disse Ralph.

— Lo so — rispose Morton, ridendo. — L’Alligatore del Lago salato è un famoso ladro di cavalli.

— Non me la prendo a male. Resta concluso: io e voi questa notte andremo nel villaggio. Datemi però una fune, non avendone io.

— Nel sacco dell’indiano v’è un laccio che ti servirà. Ed ora facciamo la nostra toletta.

Morton staccò dal suo cavallo il costume indiano e dopo essersi spogliato del proprio, lo indossò, quindi dal sacchetto estrasse vari colori e si dipinse orribilmente il viso. Quand’ebbe terminato, si presentò ai compagni, dicendo:

— Mi pare che basti.

— Sembri una vera pelle-rossa, — rispose Randolfo: — non potevi riuscire meglio di così.

Intanto la notte era calata. Non essendovi lumi, l’oscurità era molto fitta, anche pel motivo che in alto vi era un po’ di nebbia la quale offuscava la luce degli astri.

— Possiamo metterci in marcia — disse il quacchero a Ralph.

— Conducimi con te, Morton — disse Randolfo. — Come vuoi che io possa rimanere qui inoperoso mentre voi andate ad affrontare mille pericoli per liberare mia sorella?

— È impossibile, giovane — rispose il quacchero con voce recisa. — Io e Ralph conosciamo il villaggio dell’Avvoltoio Nero, noi sappiamo come trattare gl’indiani, conosciamo le loro astuzie e anche il modo di evitarle. Voi siete troppo impetuoso e venendo con noi ci rendereste un cattivo servizio. Basta un’imprudenza per mandare a rovina il nostro progetto.

— Sarò prudentissimo, Morton, te lo prometto.

— No, è inutile che insistiate. Voi rimarrete qui con Diego e aspetterete il nostro ritorno senza nulla intraprendere. Piccolo Pietro vi terrà compagnia e vi guarderà dalle sorprese delle pelli-rosse.

— Perché non lo conduci con te? — chiese Randolfo.

— Perché può essere più utile a voi che a me.

Si volse verso il fedele animale che li guardava con inquietudine e additandogli Randolfo e Diego gli disse:

— Tu obbedirai a questi due uomini e veglierai su di loro. Mi hai compreso, Piccolo Pietro?

Il cane fece udire un lamentevole guaito poi si sdraiò ai piedi di Randolfo.

— Addio, amici — disse il quacchero porgendo la mano a Randolfo ed a Diego. — Aspettateci tranquilli.

— Quando sarete di ritorno? — chiese Randolfo commosso.

— Prima dell’alba, se non ci tocca qualche disgrazia. Ralph, in marcia.

Salutarono un’ultima volta gli amici, salirono sui cavalli e scesero la collina dirigendosi risolutamente verso il villaggio dell’Avvoltoio Nero, di già scomparso nelle ombre della notte.