Brani di vita/Libro primo/Per Comacchio

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Per Comacchio

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PER COMACCHIO


Sotto la sterminata laguna che circonda Comacchio è sepolta la pelasgica città di Spina, ma il luogo preciso si ignora; tanto muta è l’oblivione dei secoli che raccomandarono alle acque il loro segreto; e se l’opera pronta dei vivi non soccorrerà la città moribonda, Comacchio, come Spina, cadrà a poco a poco lungo gli argini dei suoi canali e rimarrà la memoria, anzi il rimorso, in chi l’avrà lasciata cadere.

Ed è veramente un silenzio di morte quello che grava sulle acque immobili cui l’occhio non trova confine. Qualche rauco strido di gabbiani, qualche battello lontano, sono i soli segni della vita nella malinconia del lucido deserto. Una maledizione sembra pesare su questa quasi stigia palude, dimenticata da chi più dovrebbe ricordarla, abbandonata alla segregazione ed alla decadenza dalla secolare incuria di chi ha maggior obbligo di averne cura: lo Stato.

Certo: lo Stato! Questa laguna ha la superficie [p. 290 modifica]di una provincia. È confinata tra due fiumi, il Po ed il Reno, che potrebbero ridurre le acque morte in campi floridi e fertili. La provincia di Comacchio aspetta una parola per emergere, ricca ed utile, dalla sua desolata sterilità; ma chi dirà mai questa parola?

Intanto una città intera che viveva della industria della pesca, poichè le acque inquinate dalle scolature dei piani limitrofi uccidono il poco pesce che resta, languisce e conta i giorni che la separano dalla sua fine. O emigrare o morire, poichè non c’è zolla che possa educare una spica.

Le dune che la separano dal mare non bastano ai pochi agricoltori che lavorano le sabbie mal feconde; ed anche il pesce emigra o muore.

È strana la tenacità con cui un popolo si chiuse, si abbarbicò sulla poca terra di questo deserto. Comacchio fu arsa parecchie volte, inondata, rovinata, ma gli abitatori tornarono, rialzarono le povere case, e risaliti sui loro agili battelli, ridomandarono alla natia laguna il vitto e la vita. Ma la gran madre laguna non ha ormai più alimento pei suoi figli e la rovina è imminente.

Non è molto, il comune di Comacchio, unico, credo, in Italia, non riuscì a pagare i suoi pochi impiegati. Imaginare il resto!

E si noti che non si tratta di una popolazione d’ignoranti o d’oziosi. Comacchio ha dato parecchi uomini illustri alla patria. De’ sentimenti suoi è testimonio il celebre episodio della fuga di Garibaldi, quando il comacchiese Bonnet, a rischio della propria vita, salvò su queste sabbie l’Eroe, presso ad [p. 291 modifica]essere fucilato da un tenente austriaco qualunque e sepolto come un cane, senza un segno, sulla proda di un fosso, come Ciceruacchio e i suoi figli.

E dell’operosità sono testimonio le ingegnose e faticose industrie della pesca, quando la pesca viveva in fiore. Nelle notti buie dell’autunno, al lume fantastico delle fiaccole, le fatiche di tutta l’annata avevano il compenso di parecchie centinaia di migliaia di quintali di pesce. E c’era lavoro per tutti; i bottai, i fabbricatori d’aceto, gli speditori, le donne cucinatrici e mille altri umili cooperatori della industria maggiore, Quasi l’intera città viveva della sua industriosa fatica e non può esser tempra di oziosi quella di un popolo che lotta ancora ostinatamente e duramente contro una decadenza impostagli dalla negligenza degli uomini e dalla inesorabilità della natura.

Ma quando è venuto a scemare il lavoro abituale e proficuo, quando non altra sorgente di guadagno rimane, è giusto imputare il peccato dell’ozio ai disoccupati per forza? Che dovrebbero fare? Opificii? Ma le forze motrici mancano affatto! Agricoltura? Ma dov’è la terra? Chi può tessere dove le materie tessili non sono, chi fucinare dove non è ferro, carbone o corrente di fiume? Non c’è che acqua salsa e ferma, e l’acqua non rende più. Ed ecco come, salvo rare e fortunate famiglie, poca polenta e poco pesce sono il regime alimentare di un popolo che fu già robustissimo e che ora infiacchisce.

Le belle donne, per cui Comacchio portava il vanto in Romagna, sono diventate eccezioni e il [p. 292 modifica]fato della sepolta e perduta Spina pesa già sopra Comacchio.

Nè vale richiamare l’attenzione di chi può e di chi deve sopra questa tragica rovina che si approssima. Oh! se un fiume squarciasse gli argini e sommergesse le povere case, se un terremoto le facesse crollare o un incendio le incenerisse, oh, come la pietà della patria accorrerebbe volonterosa al soccorso, per carità delle vittime! Poichè è così! Ci commuove il disastro. Ma invece di provvedere da poi con l’elemosina meritoria ma tarda, faremmo ben meglio a provveder prima, ad esser pietosi e giusti in un tempo, a impedir le rovine e non a ripararle!

Chi sa, deve indicare i rimedi, e chi può, deve metterli in opera. Attendere è indegno e ingeneroso. Cacciate il Po, cacciate il Reno in queste inutili paludi, sanatele dalle acque isterilite, ridonate ad una immensa plaga e ad una città che si spegne la vita dei viventi. Studiate, cercate, provate, ma fate, perdio! che ormai n’è tempo. Date all’Italia, non più il lagno rassegnato di un popolo che soffre; datele una nuova provincia, la provincia di Comacchio, viva, ricca e feconda!