Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova/Atto primo/Scena prima
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Atto primo - Scena seconda | ► |
Piero ed Eva. Piero seduto lavora. Eva fa capolino in fondo.
- Eva
- Si può entrare a riverire il mio signor marito?
- Piero
- (lavorando e scherzevole). No.
- Eva
- Tanto fa... Lo dovevi dir prima. Ora ci sono.
- Piero
- Quand'è così, siediti e lasciami terminare.
- Eva
- Ce n'hai per un pezzo?
- Piero
- Due minuti.
- Eva
- E poi? e poi? — Ah! non si risponde? A me! Ti farò tanto di broncio.
- Piero
- Quanto?
- Eva
- Tanto così... e per un pezzo. Lo vedremo. Chi ha più filo farà più tela... Hai capito?
- Piero
- (continua a scrivere).
- Eva
- Di nuovo? (Prende un giornale e vi legge). Lo Stendardo. «Le relazioni fra la Cocincina ed il Perù sono molto tese, a cagione del mancato accordo sulla importante questione delle dogane.» Ah! la Cocincina ed il Perù fanno la guerra, perché non hanno fatta la pace?
- Piero
- Ho finito. Eccomi a lei, signorina. Il suo Signor consorte e padrone sveste i panni d'uomo, e diventa un balocco, disposto e rassegnato a servirle di spasso. Inventane pure delle stranezze, esaurisci la fantasia, fammi anche diventare spiritoso... io sono nelle tue mani. Mi arrendo a discrezione. (Vedendola sempre imbronciata). Oh! oh! che ciera! Vado a pigliare un po' d'aria... Non basta?... Addio... Non basta? Mi rimetto a lavorare.
- Eva
- Oh! questo poi no... a qualunque costo. Facciamo la pace.
- Piero
- Ah! ci vieni? Facciamo la pace. Che cosa volevi da me?
- Eva
- Oh bella! S'ha da voler sempre qualche cosa per venirti a trovare? Ci venivo senza volontà.
- Piero
- Senza volontà di vedermi?
- Eva
- Uh!... Ebbene, sì, voglio una cosa.
- Piero
- Sentiamo.
- Eva
- Una cosa che tu non mi consentirai.
- Piero
- Ne sei sicura?
- Eva
- E non vorrei sentirmi un no.
- Piero
- Mi metti paura! Quasi parrebbe che ti abbia avvezzata ai rifiuti. Se la rua domanda è ragionevole...
- Eva
- Te la farò un'altra volta. — Dove vai stasera?
- Piero
- Dove vado al solito. Rimango.
- Eva
- A tenermi compagnia?
- Piero
- Quasi fosse una novità!
- Eva
- Gli è che... vedi... della compagnia a modo tuo non mi... cioè, la compagnia come tu la intendi, non mi va proprio proprio, e ne usurpa il nome. Bella maniera di passare il tempo, la tua! Dopo pranzo si piglia il caffè, e poi il signore si seppellisce sotto i suoi giornali, o s'ingolfa in istudi uggiosi come una nuova conoscenza, e lì per dell'ore non si muta parola; e solo di quando in quando, mentre taglia i fogli, mi porge meccanicamente la mano... locché mi impedisce di pigliar sonno. È compagnia, codesta? Ma delle cose che ti dicono i tuoi libri ed i tuoi giornali, te ne so dire io pure, e di più belle e di più spiritose e divertenti. Chi ha inventata la stampa? — Non aveva moglie, quel pedante... o se l'aveva... povera lei! — Credi tu che ci sia gusto a passar la serata sul ricamo, accanto al fuoco, cogli occhi piccini piccini e colle palpebre che picchiano come un martello, mentre tu stai lì, vero mortaio, a spaginare un volumaccio tanto grosso che lo sogno perfin di notte? Giochiamo all'oca, che ci guadagno. Sai tu a che cosa somiglio io alle nove di sera? A quelle civette educate alle uccelliere, legate ad un palo — e costrette alla luce del sole, e che ad ogni momento lasciano cascar giù la testa, come volessero dire di sì... colla più convinta energia. Ecco il ritratto di tua moglie, che ha vent'anni, che non è sciocca, che è bella — che ebbe la disgrazia di sposare un brav'uomo che vuol diventare un grand'uomo.
- Piero
- Preziosa! Dammi un bacio.
- Eva
- No.
- Piero
- Oh!
- Eva
- Farai a modo mio?
- Piero
- Non accetto condizioni.
- Eva
- Senti: il bacio te lo do lo stesso, perché non voglio punir me della tua ostinazione.
- Piero
- Grazie del madrigale. Ed ora fammi un programma di condotta ed io lo seguirò, come un suddito obbediente.
- Eva
- O come un galante cavaliere. In primis, come vedi, parlo latino, bisogna farsi radere quella barba.
- Piero
- Oh!
- Eva
- Se non vuoi che te la rada io stessa, come ne ebbi già più volte tentazione. Per domare Sansone, ricorrerò allo spediente di Dalila. No, da senno, io voglio veder te — e non una maschera così nera; e le mie rosee labbra durano troppa fatica, irsuto come sei, a trovare un posticino liscio e morbido dove posarsi carezzevolmente. Dunque; prima riforma: giù la barba. Non voglio che i baffi — e quelli devono bastare. Seconda riforma.
- Piero
- Come corri!
- Eva
- Silenzio. Seconda riforma. Il signor Piero, mio marito, rnanderà al miglior sarto per...
- Piero
- Oh questa poi!
- Eva
- Aspetta. Che te ne fa, a te, di essere vestito ad un modo anzi che ad un altro? Tu sei uomo serio, n'è vero? Ebbene, rimanlo. Ma che per essere uomo serio convenga avere i calzoni troppo larghi e lunghi e l'abito che vi caschi di dosso, non lo so proprio capire. Che vale aver per marito un bell' uomo...
- Piero
- Grazie.
- Eva
- Sì... Veniamo alla terza...
- Piero
- Non ho votata la seconda.
- Eva
- Governo assoluto. Ordino. Terza riforma: orario. Levata alle otto e mezza... Ti va?
- Piero
- Che farne di tante ore di sonno?
- Eva
- Ti metterai a letto più tardi. Otto e mezza a nove ore, toilette. Come vedi, sono discreta. Nove a undici, studio. Sono seria. Undici, colazione, e primo abbraccio alla moglie, la quale comparirà raggiante di freschezza e di appetito, — sono modesta, e di appetito. Dopo la colazione, petit tour de promenade con la consorte a braccetto... o no: ciò dipenderà dalla mia abbigliatura. Finita la passeggiata, visite — e poi studio fino all'ora del pranzo. Oh! dall'ora del pranzo in poi tu sei mio — vale a dire tu rinunzi alla tua indipendenza ed alla tua volontà e diventi il mio umile schiavo. Ti pare? Bada però che questi non sono che i preliminari della riforma... ma siccome non voglio abbatterti di fronte, così...
- Piero
- Così mi rimangono due o tre ore di studio at più.
- Eva
- Io non voglio un sapiente per marito. E poi la storia istessa c'insegna...
- Piero
- Sentiamo che cosa c'insegna la storia.
- Eva
- ...Domani a sera c'è un ballo in casa Servi.
- Piero
- Bene.
- Eva
- M'hanno portato l'abito adesso adesso. Vienlo a vedere. Tu mi accompagnerai?
- Piero
- Sì...
- Eva
- Ti dà fastidio?
- Piero
- Ohibò. Mi ha mai dato fastidio il condurti a feste?
- Eva
- No: lo so, che sei buono e affettuoso ed indulgente, e, malgrado le tue fissazioni, hai del buon senso, talora.
- Piero
- Grazie.
- Eva
- Però, se vi ha cosa che mi dia pena è il vederti ad una festa da ballo.
- Piero
- Perché?
- Eva
- Perché ci fai una ciera così sciocca!...
- Piero
- No... mi diverto a veder ballare.
- Eva
- E non potresti invece... Scommettiamo che udita appena la mia proposta, ti darai a ridere?
- Piero
- Io non scommetto.
- Eva
- Perché?
- Piero
- Perché son sicuro di ridere. Ed ora... sentiamo la tua proposta.
- Eva
- Non metti coraggio... ma non importa. Gli uomini...
- Piero
- Avanti... gli uomini... Vuoi che io continui? Gli uomini... che cosa sono gli uomini?
- Eva
- Sono gente senza cuore.
- Piero
- Come vedi, finora non rido. E perché gli uomini sono gente senza cuore?
- Eva
- Perché... si vede...
- Piero
- Oh quand'è così! Se si vede, non c'è più dubbio. (Affettuoso e carezzevole). Cara la mia bambina!
- Eva
- Stai su, che non ne voglio più sentire di te, insolente. Sì, gli uomini non hanno cuore, non hanno cuore, non hanno cuore. Voialtri non capite tutti i piccoli nostri bisogni... mezzo affezione e mezzo vanità... non li capite proprio. Prima di prender moglie, son tutti lucidi, puliti, servizievoli, eleganti; ammogliati... eccoli i peggiori orsi che si possa. Ma non sapete che un bel marito è parte della nostra toilette? Non piace forse, a voialtri, che vostra moglie sia messa con garbo, che vi faccia onore insomma? Sì, è vero? E chissà perché non ci consentite la reciprocità? Voi, uomini, dimenticate troppo facilmente che vostra moglie è una donna, e credete che perché vi ha detto un sì a voialtri, gli altri non esistano più al mondo. Cari miei! Col matrimonio voi ci conquistate di diritto — e vi fate amare in virtù del codice civile; ma pensate forse non ve ne rimangano delle conquiste ad ottencre su noi? Il nostro cuore ha mille piccoli angoli, mille sinuosità, mille ripostigli, morbidi, vellutati, intimissimi, ai quali non vi ammettiamo che poco per volta, facendovi inginocchiare prima, come sulla soglia di un santuario.
- Piero
- M'ho da inginocchiare subito?
- Eva
- Sì sì, ridi... ridi pure... Ma la è tale e quale...
- Piero
- Di' su... parli tu proprio da senno?
- Eva
- E come!
- Piero
- E ti risponderò da senno, allora. E prima di tutto dammi la mano.
- Eva
- Sempre così; nasce una disputa, e lei la soffoca in una stretta di mano.
- Piero
- Convieni che potrei essere meno galante. Quanto agli angoli, alle sinuosità, ai ripostigli del tuo cuore, lascia ch'io mi rallegri con te; non te li conoscevo e ti credevo fatta a modo mio, cioè tutta d'un pezzo. Le tue dichiarazioni relative alle conquiste per virtù del codice civile sono per lo meno inesatte... inquantoché mi ricordo di una certa signorina che si chiamava Eva, come te, e che in una bella serata d'autunno, con tanto di luna in cielo, e tanto di mistero in terra, lasciò, per un pezzo, tutte e due le sue manine nella mano di un tale che si chiamava Piero, come me, che non era punto attillato o profumato, e che le susurrava delle parole interrotte, senza che nessuno dei due si sognasse la fascia dell'uffiziale dello Stato Civile. Eppure io sono sicuro che quella signorina era allora disposta a dar tutta la sua anima... È vero che ci era disposta? Tu che la conosci... è vero?
- Eva
- Tu scappi dall'argomento.
- Piero
- È vero?
- Eva
- Tu scappi dall'argomento... ed io voglio che tu mi prometta...
- Piero
- Ebbene... sì... farò quanto vorrai... a cominciar dalla barba.
- Eva
- Se lo so io... che il mio Piero non ci riesce a dirmi di no... che mi vuole contenta sempre! Guarda... ti voglio tanto bene, sai, che... (Gli dà un bacio). Sono proprio felice! (S'ode bussare alla porta). Chi è là? Non si può mai star tranquilli... Avanti.