Ciceruacchio e Don Pirlone/Documenti/XL

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Documento N. XL.1

N. 3007 Segr. Gen.

Illustrissimo signore signor padrone colendissimo.

La giustificazione pubblicata per le stampe dei componenti l’Aggiunta che trattava delle odierne cose, stampa che acclusi nella mia di ieri N. 2918, non incontrò la soddisfazione del pubblico, per cui una moltitudine di popolo radunatasi in un caffè posto nella Giovecca, che è la principale strada di Ferrara, si fece a gridare «abbasso, abbasso il Comitato e l’Aggiunta» e, di mano in mano che andava ripetendo, s’intermezzavano gli evviva a Pio IX ed anche al mio nome. Potevano succedere degli sconcerti, perchè nella massa, che andava aumentandosi, vi erano molti civici, parte in favore [p. 489 modifica]e parte contro, a modo che due graduati mossero mani alle armi. Non fui tardo a provvedere e vennero impedite fortunatamente le conseguenze che potevano derivare. Feci sentire il mio desiderio di quietare le tumultuarie declamazioni e subentrò il silenzio, ma quattro civici, uno dei quali monturato, che erano i più caldi contro l’Aggiunta, volevano meco parlare, ed un brigadiere dei carabinieri disse loro andiamo; e difatti mi furono condotti, ma una parte del popolo li seguiva e si fermò quietamente nella corte del castello. Feci parlare questi quattro individui e risposi loro con amorevolezza che il mezzo legale per ottenere provvedimenti dal Governo era quello di chiederli con regolare istanza, e dopo di aver soggiunto che i componenti il corpo contro il quale declamavano si erano già volontariamente dimessi, mi consolai seco loro per la devozione che avevano a Pio IX e li esortai a darne al pubblico la prova col quietarsi e far sì che il resto del popolo si dileguasse, certi in tal maniera di fare cosa graditissima ed accetta allo stesso nostro più padre che sovrano, il magnanimo e grande Pio IX.

Partirono da me contenti e partirono del pari gli altri, radunatisi nella corte, in perfettissima quiete. Io temea però che potesse rinnovarsi la scena in teatro e ne avevo qualche sentore, cosicché pensai bene di trovarmivi fin dal principio, e provai la consolazione del miglior silenzio su questo argomento.

Nella giustificazione portata dalla suddetta stampa si dice che razione della detta Aggiunta era di mia intelligenza, e cosi è, come già ne detti un cenno nella mia del 30 marzo scorso, N. 2866; sempre però nel senso di quanto poteva riguardare il Governo. Questa loro aziono era già in esercizio prima che mi venisse notificata, e per il riflesso che è voluto dalla necessità, quando le cose non si possono impedire, di dimostrare annuenze per moderarle e condurle nella via del miglior ordine, attenendomi a questo principio non feci opposizione. Spero che V. S. ill.ma vedrà che il mio fine non era che quello di avere, nell’effervescenza dei desideri, lo scopo di non alterare l’ordine pubblico e la tranquillità, l’uno e l’altra tanto preziosi in questi momenti.

Nella scorsa notte per apposito corriere ho ricevuto dal Governo provvisorio della Repubblica Veneta il dispaccio, che comunico in copia tanto a V. S. ill.ma quanto al Ministero dell’estero e che parla appunto delle milizie volontarie, offerte e contrattate dalla suddetta Aggiunta con alcuni cittadini delle Provincie venete. Su questa materia io non presi e non potevo prendere nessuna parte, mancandomi le istruzioni del Governo ed è tutta opera dell’Aggiunta in discorso. Come vedrà, anche lo stesso Governo della Repubblica spiega la massima che i Governi non debbono concorrere ad assentire a tali trattative ed accordi, e di accogliere questi soccorsi alla spicciolata, e come legioni dotte straniero. L’oggetto precipuo poi del dispaccio stesso è quello di sottoporre lo fatte considerazioni a Sua Santità, verso la quale professa sommissione e venerazione. Non ho dato alcun riscontro e non lo darò, se prima non mi giungono lo istruzioni che invoco.

Debbo per altro osservare che nessun ordino si è da me dato per far passare la linea del Po ad alcun Corpo volontario, e che per quanto conosco d’ufficio nessuno si è posto a quella direzione. Non ignoro però che alcuni Romagnoli alla spicciolata sonosi colà diretti, e forse potrebb’essere che qualcuno degli appartenenti ai quattro battaglioni, posti sulla frontiera fosse per imitarne spontaneamente l’esempio. Di quanto fosse per accadere [p. 490 modifica]ne sarà V. S. ill.ma informata, e frattanto con distintissima stima e considerazione passo a protestarmi,

Di V. S. Ill.ma

Ferrara, 3 aprile 1848.
Devotissimo servitore
L. Cardinale Ciacchi.

Signor Ministro dell’interno, Roma.

Nota del ministro Recchi:

Si risponda che ha ricevuto la lettera e che non si dilunga giacchè è a conoscenza dello scrivente ministro che gli è stato risposto da S. E. il Ministro dell’estero.


Note

  1. Dalle Buste della miscellanea politica ecc. Busta 23, Copertina 118.