Codice di procedura penale/Libro II/Titolo IV

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Libro II
Titolo IV - Traduzione degli atti

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Art. 143 Nomina dell’interprete

1. L’imputato (60, 61) che non conosce la lingua italiana (109) ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di potere comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. La conoscenza della lingua italiana è presunta fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano (1693).

2. Oltre che nel caso previsto dal comma 1 e dall’art. 119, l’autorità procedente nomina un interprete (52 att.) quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intelligibile (242) ovvero quando la persona che vuole o deve fare una dichiarazione (141) non conosce la lingua italiana. La dichiarazione può anche essere fatta per iscritto e in tale caso è inserita nel verbale (134) con la traduzione eseguita dall’interprete.

3. L’interprete è nominato anche quando il giudice, il pubblico ministero o l’ufficiale di polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare.

4. La prestazione dell’ufficio di interprete è obbligatoria (133; 336 c.p.).

Art. 144 Incapacità e incompatibilità dell’interprete

1. Non può prestare ufficio di interprete, a pena di nullità:

a) il minorenne, l’interdetto (414 c.c., 32 c.p.), l’inabilitato (415 c.c.) e chi è affetto da infermità di mente;
b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici (28, 29, 31 c.p.) ovvero è interdetto o sospeso dall’esercizio di una professione o di un’arte (30, 31 c.p.);
c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali (215 c.p.) o a misure di prevenzione;
d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà di astenersi dal testimoniare (199) o chi è chiamato a prestare ufficio di testimone o di perito ovvero è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso (12). Nondimeno, nel caso previsto dall’art. 119, la qualità di interprete può essere assunta da un prossimo congiunto della persona sorda, muta o sordomuta.

Art. 145 Ricusazione e astensione dell’interprete

1. L’interprete può essere ricusato per i motivi indicati nell’art. 144, dalle parti private e, in rapporto agli atti compiuti o disposti dal giudice, anche dal pubblico ministero.

2. Quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non proposto, ovvero se vi sono gravi ragioni di convenienza per astenersi, l’interprete ha obbligo di dichiararlo.

3. La dichiarazione di ricusazione o di astensione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico (146) e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che l’interprete abbia espletato il proprio incarico.

4. Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza.

Art. 146 Conferimento dell’incarico

1. L’autorità procedente accerta l’identità dell’interprete e gli chiede se versi in una delle situazioni previste dagli artt. 144 e 145.

2. Lo ammonisce poi sull’obbligo di adempiere bene e fedelmente l’incarico affidatogli, senz’altro scopo che quello di far conoscere la verità, e di mantenere il segreto (329; 326 c.p.) su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza. Quindi lo invita a prestare l’ufficio

Art. 147 Termine per le traduzioni scritte. Sostituzione dell’interprete

1. Per la traduzione di scritture che richiedono un lavoro di lunga durata, l’autorità procedente fissa all’interprete un termine che può essere prorogato per giusta causa una sola volta. L’interprete può essere sostituito se non presenta entro il termine la traduzione scritta.

2. L’interprete sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice (53 att.) al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da L. 100.000 a L. 1 milione.