Confessioni d'un scettico/XXII

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25 Maggio 18....


L’essere uno ed eterno: ecco il Dio che ci sostiene, ecco l’infinito vivente in cui ciascheduno si nutre e si feconda. Non è un Dio che trascende le cose ma vi si compenetra vi ricircola per entro e migra in esse e per esse. È un Dio nel moto, anzi lo risveglia negli esseri, ne moltiplica le relazioni, ne dischiude le virtù latenti. Tu conosci il libro recente dell’Hartmann sull’Inconscio, ne ragionammo insieme più volte. So che quell’inconscio che giace nel fondo alle cose, le nutre e le illumina di [p. 120 modifica]sè, ti pare una sfinge; eppure l’inconscio c’è: tu lo porti nei centri nervosi, lo porti nel cervello, lo porti nel pensiero. Ciò che v’ha di grande e di nuovo dentro noi stessi appartiene all’inconscio; più ciascheduno partecipa alla vita del tutto e più cresce nella vita propria.

L’infinita virtù dell’essere che si dirama per ogni fenomeno, riflettendosi diverso in ciascuno, produce nel nostro cervello idee nuove le quali impresse nei centri nervosi, accumulate dall’esperienza, trasmesse di cervello in cervello per legge d’eredità, costituiscono un mondo inconscio nel quale s’accoglie la vita dell’essere rivelata nell’attività degli organi e rimastavi impressa come effetto inestinguibile. Ciascheduno di noi quindi porta segnate dentro di sè le attività viventi dell’essere, se ne impregna trasformandole con un lavoro cotidiano ed intenso; una circolazione profonda di idee si propaga si moltiplica nell’organismo che le riceve, le ferma, le riaccende nella vita di tutti. [p. 121 modifica]

Del pensiero che sorge nel cervello la minor parte è quella che ti apparisce alla sommità della coscienza, il resto ti vien dall’inconscio cioè dall’indistinto dell’essere che vi si rivela comunicandogli quel contenuto universale che lo feconda nel tempo, quella, direi quasi, continuità dinamica che lo congiunge coll’infinito. Tu vedi per qual modo nel cervello del genio, in cui le attività dell’essere sono più efficaci e più intense, si riflettano i pensieri eterni di Dio, come li chiama lo Spinoza che n’era ebbro; ei porta virtualmente segnato l’universo che v’eccheggia per entro ed è uno con lui.

Quando tu dici che la virtù del genio è creatrice sai tu quello che dici? ch’ei riproduce in un gruppo di pensieri ciò che la natura produce in un gruppo di moti; in quei pensieri c’è la natura nelle sue parti più alte e più vere. La natura ripensandosi nel cervello del genio si ripensa come idea di sè stessa, cioè universale ed eterna; la [p. 122 modifica]natura si continua in gruppi più vasti nell’esperienza storica, la quale non è altro che l’evoluzione ideale della natura stessa. Ma l’effetto di tutte l’esperienze organiche della fauna umana si compendia nell’ inconscio che resta impresso nei centri nervosi e comunica al genio che n’è meglio disposto la virtù di riprodurle.

È qui l’arcano Dio che lo spira e comunica a’ suoi pensieri quelle, direi quasi, vibrazioni latenti le quali non echeggiano se non consociate con altre vibrazioni più recenti e più vaste. Da ciò avviene che riproducendo il passato se ne riproducono anche le parti inconscie le quali si rivelano appunto nel senso moderno che le dischiude in sè stesso. Risuscitando le parti inconscie d’un genio tu non fai che continuarlo ad ogni stagione del tempo in una integrazione perenne di sè stesso.

Non so qual sapore avrà per te la mia lettera; sorriderai forse di questo inconscio come d’un mito della ragione contempo [p. 123 modifica]contemporanea. E se pur fosse, qualche volta in un mito si trova l’embrione profetico d’una grande scoperta. Addio.




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