Cosa può dire oggi la fotografia?/Linda Fregni Nagler

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Linda Fregni Nagler

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Gianni Ferrero Merlino Marcello Galvani
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la fotografia rispecchia una porzione di mondo, nel senso che ne è il riflesso, ma non necessariamente racconta la verità. Credo che la generazione di artisti a cui appartengo sia cresciuta ben consapevole dell'ambiguità di questo mezzo, sia in campo artistico che nel suo utilizzo massificato. Da molto tempo oramai le funzioni della fotografia non si limitano alla mera documentazione. Credo che oggi venga utilizzata dagli artisti con estrema libertà.


proprio perché è un mezzo strettamente connesso con la realtà, ma è anche ambiguo, controverso e manipolabile, eppure estremamente sintetico, la fotografia è un medium espressivo particolarmente adatto a rappresentare le contraddizioni e la complessità del nostro tempo.


il mio lavoro nasce in primo luogo da un grande amore per la fotografia d’archivio, in particolare di ritratto, che da anni colleziono. La riflessione che scaturisce dalla lettura di centinaia di immagini che sembrano nate dall’esigenza collettiva di ‘guardarsi’ costituisce la materia prima del mio lavoro. Non sono le fotografie d’autore a suscitare il mio interesse, ma quelle anonime, per il loro debito verso la pittura e per l’inconscia iconografia popolare che emerge da questa straordinaria materia prima. L’utilizzo di materiale d’archivio è piuttosto comune nelle pratiche artistiche contemporanee, e induce a riflettere su alcuni temi che ritengo interessanti (soprattutto considerandoli connessi con la fotografia nello specifico): l’autore e l’appropriazione, la sovrapposizione tra le figure di artista, collezionista e curatore, l’introduzione nei musei di categorie di oggetti un tempo esclusi da ciò che viene comunemente considerato arte.


sono stata sempre molto interessata alla riflessione sul linguaggio in campo fotografico. In questo momento, gli stimoli per me più interessanti provengono dalla fotografia delle origini perché, osservata col distacco della storia, alcuni grandi temi fotografici emergono da essa con particolare intensità (la posa, il tempo, l’oblio, la composizione, lo svelamento, la cancellazione...). Dalla lettura di queste immagini affiorano naturalmente anche aspetti socio-antropologici molto interessanti, come ad esempio la censura, la rappresentazione della figura umana, la categorizzazione sociale, o il diritto d’autore. Nel tentativo di dare un’interpretazione contemporanea di queste immagini, io lavoro su appropriazione, montaggio, accostamento, trasformazione di scala, manipolazione, operazioni che agiscono più che altro a livello percettivo sullo spettatore.


negli ultimi dieci anni abbiamo vissuto il passaggio epocale dalla civiltà fotografica a quella dell’immagine. Quello che ci circonda non è più foto-grafia, ossia tempo e luce che imprimono una traccia e una latitudine su un negativo, è qualcosa di completamente diverso e senz’altro altrettanto raffinato. Le immagini digitali ― e non parlo naturalmente di quelle destinate al mondo professionale o artistico ma della loro sterminata produzione massificata ― sembrano nascere da una necessità di archiviazione perpetua del presente, testimoni immateriali dell’esistenza in vita dei loro soggetti. La fotografia sembra essersi trasformata in qualcosa che per natura è effimero, ripetitivo e, paradossalmente, estremamente codificato, come un rituale liturgico. Spesso i file vengono cancellati o dimenticati nel momento stesso in cui vengono trasferiti su un computer. Tutte queste immagini, che quasi mai hanno un supporto materiale, sono periture. Questo modo di documentare l’esistenza è sintomatico di un tempo che ha bisogno di mantenere il contatto con una realtà sempre più inafferrabile e complessa.